Italia Olanda, gemellaggio in nome dell’arte

Abbiamo raggiunto in Olanda, Virginia Monteverde, artista digitale, direttrice artistica di Art CommissionEvents e curatrice e promotrice di eventi culturali in Italia e all’estero. E infatti in questi giorni si sta spostando tra Amsterdam e l’Aja per seguire due mostre nate a Genova in collaborazione con Palazzo Ducale e approdate appunto nei Paesi Bassi.

Da quale delle due mostre vogliamo iniziare?

«Se andiamo in ordine cronologico inizierei da “Il respiro dell’arte” anche se è riduttivo definirla una mostra perché è un vero e proprio progetto, nato durante il lockdown, a cui hanno aderito artisti di diversi Paesi, chiamati a interpretare e realizzare secondo la propria visione e tecnica, quello che è e resterà il simbolo della lotta al virus: la mascherina. Era nato tutto su Facebook, gli artisti postavano i loro lavori ed è nata questa mostra davvero sorprendente. Abbiamo fatto la prima tappa a Genova e adesso siamo venuti ad Amsterdam, ma presto speriamo di toccare altre città europee.»

Mentre la biennale “Le latitudini dell’arte” è un progetto che giunge alla sua quarta edizione.

«Sì! La Biennale è nata nel 2013 con l’obiettivo di promuovere e favorire l’interscambio artistico-culturale tra l’Italia e gli altri Paesi europei. Questa IV edizione, che ha come tema “Acqua e Luce”, vede la partecipazione di 60 artisti che vivono e operano in Italia e in Olanda. Cerco sempre di mantenere il giusto equilibrio, quindi ho scelto una trentina di artisti olandesi e altrettanti italiani, facendo attenzione a rispettare anche il rapporto uomo-donna.»

Che cosa deve avere un’artista per colpirla?

«Non sono alla ricerca di lavori che mi debbano per forza stupire. In generale mi innamoro dei progetti, delle idee che ci sono dietro. Alle volte bisogna saper vedere oltre e riuscire a intuire quello che ancora non è visibile a tutti.»

Lei oltre che curatrice di mostre è anche un’artista! Come si sposano i due impegni?

«La mia prima mostra come curatrice risale a quattordici anni fa, ho debuttato con un progetto importante come “Segrete, tracce di Memoria” alleanza di artisti in memoria della Shoah, nelle antiche carceri della Torre Grimaldina di Palazzo Ducale a Genova, da allora non ho più smesso. Alla fine mettere insieme una mostra è un po’ come creare un’opera d’arte e il risultato è nella mostra stessa.»

Lei è una delle poche curatrici che riesce a trovare spazi anche all’estero.

«Perché quando mi dedico a una mostra cerco sempre di fare rete. E soprattutto perché c’è pieno di genovesi in giro per il mondo a cui appoggiarsi. (ride, ndr.) Scherzi a parte l‘arte deve nutrirsi di nuove idee, di incontri, deve respirare, appunto, altrimenti non c’è possibilità di crescita. Anche personale.»

Ha dei progetti in cantiere per il prossimo autunno?

«Ne ho uno, ma è davvero potente. Vorrei dare vita, a Genova, al primo museo di Arte del terzo millennio. Ho già il nome e la location. Si chiamerà MAIIIM è sarà concepito come un nuovo spazio relazionale, punto di riferimento per artisti e operatori. Ci sarà spazio per esposizioni, seminari e workshop, corsi, convegni, scambi artistici e nello spazio si darà vita a degli atelier d’artista e la sede diventerà anche residenza d’artista.»

Un progetto ambizioso…

«Non proprio! Direi più che altro necessario, per rilanciare la nostra città anche attraverso le nuove frontiere dell’arte come i video in 3d, la realtà virtuale, quella aumentata, le installazione multimediali. Credo che potrebbe essere una grande occasione per Genova. È quasi tutto pronto…

Non resta che incrociare le dita.»