La storia del Flauto magico è basata su una raccolta di fiabe di un poeta chiamato Wieland. Queste storie erano popolari al tempo di Mozart e Wieland era uno degli autori preferiti del padre di Mozart. Emanuel Schikaneder, un imprenditore teatrale e amico di Mozart, creò un libretto da esse, ma intrecciò anche altre storie e le proprie idee nella trama del Flauto magico. L’interpretazione dell’opera è stata a lungo oggetto di discussione. Del resto ci sono pochi commenti di Schikaneder e Mozart su questo libretto con le sue molte trame allusive. Resta il fatto che questa che fu l’opera più rappresentata di tutto il repertorio nel XX secolo e la cui popolarità è tutt’ora ininterrotta, fu anche molto amata e frequenta artisticamente da Emanuele Luzzati a cui il Teatro della Tosse, in occasione del calendario di iniziative realizzate per ricordare il centenario dalla nascita del grande artista genovese ha voluto rendere omaggio.
E così dal 20 luglio all’8 agosto è in scena, nella splendida cornice del Parco Villa Duchessa di Galliera, UN FLAUTO MAGICO, un dovuto tributo al teatro, alle scenografie, ai personaggi, all’immaginario e, soprattutto ,alla ricchissima leggerezza dell’arte e del talento di Luzzati.
Ma se chi va ad assistere allo spettacolo pensa di vedere in prosa l’opera mozartiana si sbaglia. Quello creato da Emanuele Conte, che ha curato la regia e il testo (quest’ultimo insieme ad Alessandro Bergallo, Luigi Ferrando, Amedeo Romeo) è uno spettacolo collage, in cui si intrecciano tante cose( forse un po’ troppe), che mischiamo il bianco e nero al colore, la comicità al fantastico, il buio alla luce. Un continuo groviglio in cui si confondono, si perdono e si ritrovano le identita’ e i ruoli, in una convivenza difficile. Il viaggio voluto da Conte invita gli spettatori, perfettamente allineati alle normative covid, a non prendersi mai troppo sul serio, come faceva Emanuele Luzzati , sempre leggero ed ironico. Attraverso le splendide scenografie che ben si affiatano al verde della Villa di Voltri che da anni ospita gli spettacoli estivi della Tosse, gli spettatori a gruppi si addentrano nelle varie stazioni dove incontrano i vari personaggi dell’opera mozartiana e non solo.
Infatti oltre a Papageno, Pamina, Tamino, La regina della Notte, il Serpente e Sarastro troviamo inaspettatamente Padre Ubu, la sua compagna Madre Ubu e anche la Gazza Ladra . Forse non tutti sanno però che Padre Ubu è personaggio di una serie di libri scritti da Alfred Jarry, che nasce dalla caricatura di un professore di fisica del liceo di Rennes che Jarry ha frequentato, ed è poi diventato simbolo dei bassi istinti umani. Un esempio molto esauriente dell’apparato del potere e delle dittature totalitarie. Evidenti nella trama i riferimenti al Macbeth di Shakespeare, questi ultimi resi ancora più espliciti dal gioco di parole contenuto nell’epigrafe in cui si cita Shakes-pear, alludendo alla forma a pera del personaggio. Nel lavoro di Conte vediamo questo Padre Ubu ( Marco Taddei) che con la sua invadenza fisica e verbale si contrappone alla timidezza e l’ingenuità di Tamino (Marco Rivolta), così come Madre Ubu (Mariella Speranza) tenta Pamina (Ianua Coeli Linhart) già pronta a uscire dalla cornice/ prigione del proprio ritratto per girare il mondo ben lontana dal desiderio di sposare Tamino. E non è molto chiaro il nesso di collegare personaggi del teatro dell’assurdo a quelli settecenteschi di un’opera che si identificò con il messaggio dei massoni, influenzato dall’Illuminismo, in cui l’uomo deve passare attraverso un processo di purificazione in cui la luce sconfigge l’oscurità.
In ogni caso la trama del Flauto Magico viene velocemente raccontata da Alessandro Bergallo (La Morte) e Pietro Fabbri (Il serpente Uroboro) in un dialogo di pura ilarità giocando sul fatto che nell’opera a lieto fine muore solo il serpente.
La coppia più riuscita nella varie stazioni è quella della Regina della notte (Susanna Gozzetti) e Pulcinella (Biagio Musella) ambedue in un letto matrimoniale a confidarsi le loro infelicità dovute a ruoli in cui non si riconoscono e ai franosi rapporti coi loro partner. Cosa c’entra questo con il Flauto? Nulla, ma gli attori sono molto bravi.
In questo spettacolo vincono idubbiamente scene e costumi (sempre di Luzzati), reinterpretati da Daniéle Sulewic, il tutto ben illuminato dalle luci di Matteo Selis.
Si ringrazia per le foto il Teatro della Tosse, credits sulle immagini.