Be Brave, Be Freak!

Sabato 18 e domenica 19 dicembre prossimi andrà in scena al Teatro Verdi di Genova Sestri Ponente Freak – Il Musical, uno spettacolo nato dalle musiche di The Greatest Showman ma ripensato e realizzato dalla giovane compagnia Janua Musical Project. Per sapere qualcosa in più di questo spettacolo, abbiamo intervistato Maya Forgione, insegnante di canto e vocal coach, e Teresa Vatavuk, attrice, regista e scrittrice teatrale.

Com’è nato Freak?

Maya – L’idea è nata quando due allieve mi hanno fatto ascoltare i brani del film The Greatest Showman. Sono arrivate entusiaste proponendomi di riarrangiarli per cantarli con i Cromosuoni, l’ensemble vocale di stampo pop che seguo, e quella notte non ho dormito! Quando ho sentito con le cuffiette nel letto This is me, uno dei pezzi più belli, sono stata invasa dalla potenza di quel suono e ho deciso di insegnarlo subito ai Cromosuoni. Ventiquattro ore dopo ho pensato che non potesse finire così, mi sono detta “perché non creare qualcosa di più strutturato, perché non realizzare proprio uno spettacolo?”. Continuando a rimuginarci ho individuato alcune persone che potevano essere perfette per il progetto che stava nascendo nella mia mente. Per la parte della regia ho pensato subito a Teresa Vatavuk, con cui collaboro da tempo. Ci siamo conosciute per Voltaggio Classica, in cui Teresa era stata inserita per curare tutto ciò che concerne lo stare su un palco, la presenza scenica e l’uso dello spazio scenico. Avevo individuato Giorgio Ratto, che già conoscevo come performer, per la parte organizzativa e logistica. Mancava solo la coreografa, ed ho coinvolto Ilaria Marano. L’idea è nata quindi da una pura ispirazione legata alla bellezza di quelle musiche, è stata colpa della musica, colpa della colonna sonora di The Greatest Showman! Da quell’ascolto è venuto fuori tutto il resto.

 

A proposito delle musiche, che cosa è rimasto delle originali e cosa c’è invece di inedito?

Maya – La colonna sonora del musical è composta dagli editi del musical a cui si aggiungono cinque inediti scritti da Francesco Ciccotti e arrangiati da Luca Lamari. La decisione di aggiungere delle canzoni all’inizio è stata una scelta obbligata perché le sole canzoni del film non potevano accompagnare l’intero musical ma poi è stato molto bello pensarle, una volta scritta la sceneggiatura, affinché riuscissero a esplicare al meglio la parte recitata. Era una sfida non da poco stare sul livello delle canzoni di Justin Paul e Benj Pasek ma procedendo step by step e lavorando insieme siamo riusciti a creare dei brani di cui siamo molto soddisfatti. Siamo partiti dal tema delle canzoni, per poi pensare alla ritmica, alle intenzioni, alle emozioni e, nelle mani di Francesco e Luca, queste idee iniziali si sono realizzate.

Come è nata invece l’idea della regia?

Teresa – Era da tempo che sognavo di poter lavorare ad un musical, a qualcosa che fosse il connubio di più arti, canto, recitazione e ballo, di riuscire a fare uno spettacolo così completo. Avendo al mio fianco qualcuno su cui poter veramente contare per la parte musicale, appunto Maya che mi ha aperto un mondo come insegnante di canto e non solo, questo progetto mi sembrava veramente realizzabile. La trama però secondo me andava cambiata, la storia andava riscritta. Così ci siamo messe insieme a pensare a cosa volevamo raccontare, a quale storia avremmo voluto raccontare che potesse sostenere ed essere sostenuta dalla forza di queste canzoni. È così che è nato Freak. La storia di The Greatest Showman è stata uno spunto, il nostro punto di partenza; anche nel nostro musical c’è una persona speciale che si prende la briga di coinvolgere un gruppo di personaggi eccezionali e fuori dal comune, emarginati dalla società dei “normali” a causa delle loro particolarità fisiche, ma le motivazioni sono completamente diverse: il nostro protagonista non vuole arricchirsi, è un sognatore, è un freak, non ha particolarità fisiche che lo rendono diverso ma ha l’animo freak, vuole cambiare il mondo, vuole renderlo diverso e così anche la sua compagna e la sua famiglia. Il punto centrale della nostra storia però non è lui, il “greatest showman”, ma sono proprio i freak, la protagonista vera della nostra storia è la diversità, il diritto di essere diversi. La prima grande sensazione che mi aveva dato il film, infatti, era stato il fatto che “gli strani” non parlavano mai, solo la donna barbuta ogni tanto diceva qualcosa.. e basta. Erano il motore che faceva andare avanti l’intera storia ma non avevano mai voce in capitolo e questo era qualcosa che io non potevo sopportare e quindi siamo arrivati noi! In scena infatti siamo tantissimi, siamo 29 performers e ognuno porta sul palco la sua diversità e la sua storia.

 

Come si è formato il cast e da chi è formato?

Maya – Il cast è formato da alcuni performers di esperienza che si sono già esibiti in diversi musical, un corpo di ballo formato da cinque ballerini e diversi cantanti. La nostra compagnia, la Janua Musical Project, è nata per Freak, è frutto delle audizioni che abbiamo fatto all’inizio di questo percorso, nel dicembre del 2018. In questi anni con tutti abbiamo fatto un lavoro di preparazione approfondito per riuscire a trasformare tutti i cantanti in attori, grazie a Teresa, e in ballerini, grazie alla coreografa. Abbiamo fatto dei lavori molto belli per entrare nei vari personaggi. Era essenziale, con una storia di spessore come quella che andavamo a raccontare, che ogni personaggio avesse un background veramente forte, anche i personaggi che non hanno voce come le cinque ballerine del corpo di ballo. Protagonista di Freak è un gruppo veramente unito, una famiglia che si è scelta, quindi tutti gli attori, salendo sul palco, dovevano avere ben chiaro, non solo quale era il vissuto del proprio personaggio ma anche quello dei personaggi che si sarebbero trovati davanti. Nel tempo quindi ci siamo conosciuti sia tra di noi sia nelle emozioni e nelle storie dei nostri personaggi.

Grazie anche a questo si è venuto a creare un gruppo molto forte. Anche perché cantando e recitando insieme si va a stimolare una parte della fantasia e della comunicazione che ti mette veramente in contatto gli uni con gli altri.

Cosa succederà dunque su quel palco?

Maya – Per raccontare questa storia in modo funzionale e vincente, l’unico modo era prendere ispirazione da una corrente letteraria: lo steampunk. Bisognava tenere l’ambientazione non contemporanea, così abbiamo optato per una acronia, una ri-ambientazione della storia. Ho immaginato che la nostra Genova a fine ‘800 fosse diversa da com’era veramente nella storia, ho immaginato un accordo tra il Regno Sabaudo e la regina Vittoria per il quale il Regno Sabaudo era aiutato a unificare l’Italia dagli inglesi ma in cambio l’Inghilterra reclama due porti sul Mediterraneo: Genova che diventa Janua e Napoli. La nostra storia è proprio ambientata a Janua. I colori che si vedranno sul palco sono quelli del bronzo, del ferro, della rivoluzione industriale. Parte di questa storia si svolge poi anche in un teatro quindi ci saranno anche colori come il bordeaux, il terra di Siena e tutto quello che ricorda anche il giallo delle prime luci elettrici. L’atmosfera è piuttosto calda ma anche ferrigna, in sintonia con le emozioni che il musical vuole trasmettere. C’è il rosso del sangue, del cuore. Il simbolo di freak è proprio un cuore, un cuore meccanico.

Nel musical si parla infatti anche di sfruttamento, di classi meno abbienti, è un po’ Dickensiana come dimensione.. sebbene infatti l’Italia non abbia mai avuto una vera e propria rivoluzione industriale, con questa acronia me la sono immaginata e, in questa dimensione, le classi più povere venivano sfruttate per questa rivoluzione, per questa gara all’arricchimento. La corsa scientifica era considerevole e quindi anche gli esperimenti sulle persone. Dall’unione di tutto questo abbiamo come risultato persone con arti meccanici e quindi un cuore meccanico.

La scenografia che il pubblico si troverà davanti è una struttura di 8 metri di lunghezza per 3 metri di altezza che permette di sfruttare tutto lo spazio che abbiamo a disposizione e rendere lo spettacolo ancora più di impatto. Un’altra cosa che abbiamo curato particolarmente per questo scopo è stato il trucco. Trattandosi di freak dovevamo essere freak. Ognuno di noi ha una particolarità fisica diversa, strana, unica. C’è chi è rimasto bruciato, chi per le sperimentazioni ha assunto sembianze bestiali, chi è rimasto sfregiato, chi è in parte meccanico, bionico, in parte umano e, per rendere tutto questo, collaborerà con noi una crew di make-up artists pazzesche che con un lavoro incredibile in quattro ore riesce a realizzare i trucchi e le protesi di tutti i personaggi.

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