Calderon e Shakespeare fra sogno e realtà

Ieri sera al Teatro Modena, preceduta da una sonante festa di piazza, si è aperta la stagione del Teatro Nazionale con La vida es sueño di Calderon de la Barca. Questa sera, il Carlo Felice avvierà il proprio cartellone lirico con A Midsummer night’s dream di Britten da Shakespeare.

Una curiosa combinazione che lega due testi straordinari nati  a pochi decenni l’uno dall’altro. In entrambi il tema centrale è infatti il rapporto fra sogno e realtà, pur declinato in maniera differente e calato in atmosfere nettamente diversificate.

Calderon de la Barca proponendo la vicenda del principe Segismundo imprigionato dalla nascita in una torre dal padre, il re Basilio per via di una profezia che lo vorrebbe crudele e feroce, pone inquietanti interrogativi sul mistero della vita, fra realtà e sogno, sul libero arbitrio, sul destino,  sulla morte, unica certezza che l’uomo ha nel momento stesso in cui nasce.

Shakespeare alla crudeltà di una torre gelida, contrappone l’incanto di un bosco fatato in una atmosfera notturna e lì fra fate ed elfi, il sogno diventa liberatoria fuga dalla realtà alla quale, però Oberon alla fine riconduce tutti in un clima di serena pacatezza. Pacatezza che manca a Segismundo il quale nel deporre il padre dal trono non sa ancora se si tratti di sogno o realtà.

Lo spettacolo di ieri, presentato in lingua originale, era una produzione fra lo stesso Nazionale e la Compañia Nacional de Teatro Clàsico di Madrid.

Il regista Declan Donnelan, autore dell’adattamento del testo insieme a Nick Ormerod, ha costruito uno spettacolo ricco di contrasti: momenti di incalzante vivacità con gag comiche accompagnate da ritmi musicali trascinanti e  gli attori (tutti bravissimi) trasformati in dinamici ballerini; momenti da telenovela, con una recitazione compassata e il sottofondo di un pubblico ora plaudente ora ilare (la bella scena fra Astolfo ed Estrella); momenti, infine, di forte tensione negli episodi in cui Calderon offre riflessioni filosofiche più sottili.

In una scena totalmente spoglia con un fondale costituito da porte che si aprono e chiudono, Donnelan muove gli attori con maestria e inventa gag divertenti che finiscono per coinvolgere anche il pubblico: è il caso della temporanea “libertà” concessa a Sigismondo che a luci in sala accese, corre per la platea,  si intrattiene con qualche spettatore, traducendo in fisicità motoria la sua ansia di riconquistare il tempo perduto. Bravissimi gli attori. Alfred Noval è un Segismondo di forte presenza scenica,  abile nel giocare fra toni tragici e toni comici e nel modulare i tempi di recitazione, in un continuo mutare di espressione. Accanto a lui lodevoli anche Ernesto Arias (Basilio), Rebeca Matellan (Rosaura), Goizalde Nuñez (Clarin), Angel Ruiz (Clotaldo), Manuel Moya (Astolfo), Irene Serrano (Estrella).

Applausi calorosi, repliche fino a domenica.