Una delle qualità centrali della personalità di Grigory Sokolov è la “curiosità” intellettuale. Da anni ci ha abituato a non “accontentarsi” del tradizione (e pur immenso) repertorio pianistico. Gli piace sconfinare, andando ad esplorare autori che appartengono al periodo “prepianistico”. L’anno scorso toccò a Purcell, ieri protagonista della prima parte del concerto GOG ospitato al Carlo Felice, è stato William Byrd compositore inglese vissuto fra Cinquecento e Seicento.
Qualche decennio fa, va detto, le escursioni di Sokolov sarebbero state oggetto di fulmini e saette da parte dei puristi e dei filologi. Oggi per fortuna quegli atteggiamenti un po’ estremi si sono attenuati e ben venga dunque Byrd riletto sulla tastiera del pianoforte.
Sokolov del resto non bluffa: nelle sue esecuzioni non “imita” il cembalo, ma sfrutta appieno le risorse della tastiera moderna, dosando con estrema intelligenza il suono e assumendo un atteggiamento rigorosamente lucido e plastico. Ecco dunque Byrd rivitalizzato nei suoi abbondanti abbellimenti, nei trilli sospesi, nell’intreccio contrappuntistico, ma anche nelle distensioni liriche di godibile cantabilità.
Il pubblico ha gradito naturalmente, ma tutti aspettavano il Sokolov romantico della seconda parte della serata incentrata su Chopin e Schumann. Del polacco si sono ascoltate sette Mazurche (op. 30 e op. 50)restituite con nobiltà espressiva in una straordinaria ricchezza di dinamiche. E poi i “Waldszenen” op. 82 di Schumann. Nove deliziosi quadretti nei quali il compositore fissa i suoi sentimenti di fronte alla natura in un’ottica non descrittiva, ma “espressiva”: moti dell’anima che ispirano ora una scrittura fresca e vivace (“Paesaggio giocoso”), ora inquietante e scura (“Luogo maledetto”), ora altisonante (“Canzone di caccia”). Sokolov ha padroneggiato l’opera schumanniana con indiscutibile classe, ancora una volta facendosi ammirare per la duttilità e la molteplicità della sua tavolozza di colori.
Gli applausi sono stati, come sempre, calorosissimi. Il pubblico che ormai conosce da anni Sokolov sa che la fine del programma ufficiale non coincide mai con la conclusione della serata. Sokolov ama farsi un po’ pregare e poi però ricompensa la platea come forse nessun altro. La sua regola è ferrea: sei bis. E così è stato anche ieri con pagine di Purcell, Chopin, Skrjabin e Bach.