Tosse – Gestualità e visioni nelll’arte di Carolyn Carson

Si farà o non si farà? Il dubbio amletico, assolutamente legittimo, si riferisce al Festival del Balletto di Nervi. Annunciata pomposamente già lo scorso anno, come è noto, la manifestazione (l’atteso rilancio del Festival originario, solo di danza) segna forzatamente il passo. L’incarico di direttore artistico al ballerino genovese Jacopo Bellussi da parte del Carlo Felice è stato infatti oggetto di un ricorso e proprio nei giorni scorsi il Consiglio di Stato ha accolto l’appello cautelare proposto dalla giornalista ed esperta di danza Simona Griggio avverso l’ordinanza del Tribunale Amministrativo della Liguria che in primo grado aveva rigettato la domanda di sospensione della nomina stessa. Il Tar dovrà dunque pronunciarsi a questo punto nel merito del ricorso e i tempi organizzativi forzatamente si riducono tanto da far temere che anche quest’anno il “vero” Festival salterà…
In attesa di conoscere quel che succederà a luglio, a divertire gli appassionati di danza, ci pensa il Teatro della Tosse che da anni inserisce nel proprio cartellone spettacoli coreutici andando a privilegiare soprattutto esperienze contemporanee. E’ il senso del Festival “Resistere e creare” ormai entrato tradizionalmente nella programmazione del teatro della Tosse. E ieri un numerosissimo pubblico ha letteralmente affollato la platea per applaudire il ritorno dell’arte di Carolyn Carlson che ha messo in scena “Islands”, tre assoli di forte tensione emotiva: “The Seventh man”, “A deal with instinct” (in prima nazionale) e “Room 7”.

Danzatrice di straordinaria originalità, la Carlson regala sempre coreografie visionarie, sospese, cariche di significati, segnate da una incredibile ricerca gestuale, costantemente costruita sul suono e sul ritmo. Uno degli aspetti che colpisce subito nel lavoro della grande coreografa statunitense è proprio la simbiosi totale, tra gesto e suono: la partitura musicale si visualizza in ogni minuto movimento corporeo. Ricordo quando nel 1982 proprio la Tosse ospitò la Carlson nell’allora storica sede dell’Alcione. In “Underwood” si individuarono le stesse straordinarie “esigenze” espressive ed esecutive: gesti nervosi, reiterati fino all’eccesso, improvvisi arresti (quasi a voler fissare singoli fotogrammi), rallenti, morbidi movimenti delle braccia o delle gambe, tremiti che invadono l’intero corpo. Un bagaglio espressivo infinito che la Carlson governava (allora anche da danzatrice straordinariamente comunicativa) con una maestria ineguagliabile. Allora la musica era di Renè Aubry, musicista a lei profondamente legato che compare anche in “Room 7” insieme a Aleksi Aubry-Carlson firmatario quest’ultimo anche della colonna energica, vitale e aggressiva di “A deal with instinct”,mentre il primo lavoro è costruito su un impianto sonoro, ritmicamente incalzante di Guillaume Perret.

“The seventh man” era interpretato da Riccardo Meneghini, dedicatario del lavoro stesso da parte della Carlson: un lungo, complesso, assolo nel quale l’uomo muore e rinasce ogni volta “indossando” una nuova identità. “A deal with instinct” risale al 2023, è il più recente dei tre lavori ed è costruito sul danzatore giapponese Yutaka Nakata con riferimenti alle arti marziali e al buddismo: una coreografia virile e spirituale insieme che richiede (come del resto, le altre) una concentrazione e una resistenza fisica non indifferenti. Infine “Room 7” affidato alla irreprensibile tecnica di Tero Saarinen, ballerino e coreografo che vanta una trentennale collaborazione con la Carlson.