Francesco Vieri pronto per la Biennale in Olanda

La sua ultima opera “Le geometrie dei sentimenti” sta per volare in Olanda per la biennale, ma prima farà tappa a Genova allo Spazio 46 – di Virginia Monteverde – a Palazzo Ducale. Francesco Vieri è abituato a vedere le sue creazioni partire per mete importanti come New York, Praga, Budapest, Roma, Firenze. Durante l’intervista ha nominato più volte Oliviero Toscani perché in comune hanno un grandissimo talento e la voglia di provocare.

Da dove nasce l’idea del suo ultimo lavoro?

«A me piace suscitare reazioni o riflessioni. Questo lavoro – Le geometrie dei sentimenti – tratta un tema controverso, me ne rendo conto. In una sola immagine affronto le storie di tutte quelle coppie che per egoismo, fanno figli.»

C’è anche chi li fa per amore o per altruismo, però.

«Verissimo, ma non credo siano molti. Io sono convinto che ci sia una sorta di competizione nella maggior parte delle coppie, procreare è diventato un dovere imposto dalla società.»

E’ evidente che è un tema che le sta molto a cuore.

«Da giovane rimasi impressionato dal film Trainspotting e in particolare dalla scena in cui muore un bambino neonato perché i genitori sono strafatti di droghe. L’idea che un genitore metta al mondo un figlio e poi lo lasci alla deriva, o addirittura morire, mi strazia.»

Quale tecnica ha usato?

«Tecnica mista. Ho utilizzato una cinquantina di righelli da scuola per bambini, li ho fusi con una pistola termica dando loro la forma di spermatozoi. Volevo rappresentare una sorta di calcolo razionale. Il supporto di stampa è un pannello in plastica con tutti questi spermatozoi che corrono verso il loro obiettivo. Tecnicamente è, volutamente, fatto male, deve dare l’idea di un lavoro infantile. Mi piacerebbe diventasse una mostra itinerante, con la caratteristica che venga esposta nell’arco di solo 2 giorni per un nuovo concetto di esposizione artistica, la stessa modalità che viene utilizzata per una performance o simile, con lo scopo di innescare curiosità e permetta di ottimizzare tempi, costi e spazi.

Come è nata la sua passione per la fotografia?

«Tutto è iniziato con l’arrivo in TV della serie di cartoni animati Atlas Ufo Robot; rimasi colpito in modo indelebile dalla sigla, la quale aveva un montaggio innovativo. Ecco credo proprio che quella sera di primavera del 1978 si sia definitivamente accesa la mia fantasia.»

Infatti il suo primo lavoro è legato al mondo dei cartoni?

«Sì, nel 2008 realizzai la mia prima mostra dal nome Ufo Roblog. Ho lavorato su questo tema altre tre volte, sempre con tecniche diverse nello still life che è il mio genere di fotografia. La mia generazione era affascinata da questi personaggi… Oggi siamo la classe dirigente che aspetta ancora di… trasformarsi in un razzo missile (ride, ndr.)»

Che progetti ha nel cassetto?

«Durante la pandemia ho allestito uno studio mio. Ironia della sorte nel 2017 avevo realizzato un lavoro che tratta l’isolamento sociale, sfruttando il cubo di Rubik. Ho ricreato delle stanze con dei veri cubi di Rubik e ho inserito dentro delle miniature di persone e animali. Allude alla “Libertà virtuale”. Ci sono la zona rossa, la zona arancione, la zona gialla. Tutti sono convinti di essere liberi, ma… E poi ho un progetto fotografico di beneficienza dove vorrei coinvolgere tutti gli appassionati di Harley Davidson, dal titolo “Ride to Live”».

C’è qualche settore in cui le piacerebbe lavorare?

«Mi piacerebbe lavorare come pubblicitario. Incontrare qualcuno che creda in me come è successo a Oliviero Toscani che ha potuto esprimere la sua creatività liberamente. Oppure penso alla pubblicità che Elliot Erwitt ideò per una nota marca di automobili. L’auto era circondata da cavalli. il titolo era “101 cavalli”. Geniale.»

Opera, Francesco Vieri