Fabrizio Coniglio, dagli schermi a questi giorni

Al grande pubblico è noto per la sua partecipazione alla fiction L’allieva nei panni dell’agente Visone e non sono poche le incursioni di Fabrizio Coniglio nel mondo del cinema e della televisione da Don Matteo a Il cigno nero a film come Amore sacro di Zarelli a Quando la notte della Comencini. Ma a noi piace citarlo per il teatro, che resta il suo grande amore e i suoi spettacoli teatrali di cui cura testo, regia ed è anche interprete.  Nel 2009 si è fatto notare con Il viaggio di Nicola Calipari, e poi ha trovato in Bebo Storti e Stefano Masciarelli due straordinari compagni di viaggio che lo hanno affiancato in pièce come Banche, un ladro in casa o Stavamo meglio quando stavamo peggio?. Quello di Coniglio è un teatro raffinato, impegnato, intelligente, anche ironico, frutto della sua grande sensibilità che viene fuori anche in questi giorni difficili.

Come sta vivendo questa quarantena?
«Questa quarantena la sto vivendo nel mio monolocale a Roma, in solitudine. I miei genitori vivono a Torino. Ho preferito non andare a trovarli perché sono anziani e vivono in due case separate. Temo che sarebbe rischioso. Ci sentiamo tutti i giorni, anche più volte nella giornata. Per il resto leggo, scrivo adattamenti teatrali, che avevo lasciato in sospeso, e poi sto raccogliendo un diario dei ragazzi delle scuole medie superiori, su come vivono questa situazione: paure, speranze, angosce, riflessioni. E’ bellissimo leggere le loro vite, mi emozionano, mi connetto col mio lato più adolescenziale e autentico».

Ha avuto l’idea di raccogliere gli stati d’animo di tante persone con la sua iniziativa sui social, che quadro ne è venuto fuori?
«Il quadro psicologico di chi mi scrive dalla quarantena è assai diverso tra i racconti dei ragazzi , rispetto a quelli degli adulti. I ragazzi patiscono la distanza della persona amata, però nei loro scritti leggo anche tanta speranza e una sorta di faticosa opportunità di riflessione e cambiamento. Negli adulti leggo più angoscia e soprattutto più rabbia. Negli anziani invece ho trovato una pacifica accettazione della condizione della quarantena».

Il futuro già da tempo non sembrava roseo per il teatro, ma adesso sembra ancora più compromesso?
«Il teatro vive una stanchezza creativa da molti anni, nel cosiddetto teatro di giro. Il grande apparato teatrale commerciale verrà penalizzato da tutta questa situazione, perché necessita inevitabilmente di tanto pubblico. Secondo me, invece ,è una grande occasione per il cosiddetto teatro più piccolo, la spinta creativa dovrà essere rafforzata soprattutto in questo momento, perché non avendo necessità di fare incassi esorbitanti, questa forma di teatro più povera potrebbe godere di maggiori opportunità e visibilità».

Si è fatto portavoce di una iniziativa originale un Drive in teatrale… In che cosa consiste di preciso?
«Ho pensato di proporre ad alcuni sindaci un drive in teatrale. Venticinque auto distanziate tra loro in due file e un palco alto in cui si rappresentano performances teatrali in forma di monologo e musicali a un solo elemento. Saremo amplificati e stiamo studiando anche un’amplificazione interna alle auto con casse bluetooth. I biglietti si possono acquistare a prezzi popolari solo via internet e dallo stesso nucleo familiare. Così, se dovesse esserci ancora l’esigenza di un controllo demografico, esibendo il biglietto si avrà la libertà di circolare per raggiungere il drive-in. Gli spettacoli avranno una durata di 50 minuti massimo e ci saranno più turni, così da permettere ad altre auto di accedere alle esibizioni. Nello stesso tempo gli spettatori, trovandosi in una condizione protetta, all’interno della propria autovettura, potranno assistere allo spettacolo in una condizione psicologica favorevole. È vero, il parabrezza sarà un po’ invadente, ma se la storia è potente, sono
convinto che arriverà ugualmente a emozionare gli spettatori».

Pensa che il governo stia valutando attentamente la situazione dei lavoratori dello spettacolo?
«Sono profondamente deluso dalle dichiarazioni del ministro Franceschini sul teatro in streaming.
Equivale a una resa, a una mancanza di idee. Non è il momento della paura. Chi ha responsabilità di un intero settore artistico come un ministro deve pensare a come tutelare lo spettacolo dal vivo nonostante il virus. E si può fare. Il teatro merita una attenzione ben diversa da quella riservata finora. Io non penso che ci si debba solo occupare di sostenere tutto il settore con aiuti economici,
ma bisogna fare uno sforzo creativo per reinventare lo spettacolo dal vivo in questa condizione ostile. È difficile ma non impossibile».

Quali erano i suoi progetti prima della pandemia?
«Stavo girando la terza serie dell’ allieva e la seconda serie TV della compagnia del cigno. Sono state giustamente sospese, ma credo che con le dovute precauzioni sanitarie, potremmo ricominciare a girare in estate. Per quanto riguarda il teatro dovevo fare una regia di un testo che ho molto amato di “gli insospettabili”. E mi ritroverei a dirigere Massimo Dapporto con cui abbiamo già collaborato nel Borghese piccolo piccolo, di cui ho curato regia e adattamento e che colgo l’occasione di annunciare che sarà trasmesso su Rai 5 il prossimo 20 giugno alle ore 21,15».

E adesso? Sono cambiati?
«Vedremo cosa accadrà. Vivo alla giornata».

Che cosa significa il teatro per lei e che cosa le piacerebbe vedere in scena?
«Il teatro per me è qualcosa che deve arrivare violentemente in platea, sia che si tratti di una commedia, sia che si tratti di un dramma. E tutto questo può avvenire solo se la storia rappresentata è forte e parla realmente alla società che ci circonda. Se il teatro, anche dopo questa terribile esperienza, non farà tesoro dell’importanza del racconto, prima ancora degli attori e della regia,perderà un’opportunità di rinnovamento ».

Secondo lei dopo la pandemia cambierà qualcosa nel modo di fare e di vivere il teatro?
«Non posso prevedere cosa sarà del gusto teatrale , dopo tutto questo. Sarei presuntuoso a esprimerlo. Posso solo dire che , vista la situazione angosciante che stiamo vivendo, in ognuno di noi ci sarà un maggiore percezione del senso tragico,come nell’ antica Grecia. Ma è solo un’azzardata previsione».

Coniglio, l'attore a teatro