“Arrivato all’età di quasi 43 anni ed a qualche segno di maturità nell’arte e vedendo che altri incominciava ad occuparsi della mia persona con più simpatia che esattezza storica, mi sembra utile e non vana cosa di dare io stesso qualche ragguaglio sulla mia vita, ragguaglio che avrà – se non altro valore – quello d’essere autentico. Fui battezzato coi nomi di Ferruccio, Dante, Michelangelo, Benvenuto e mio padre seguì (senza conoscerla) la teoria del vecchio Shandy il quale attribuiva al nome un’influenza sulle capacità di chi lo porta. Carico responsabile di cui mi alleggerii, eliminando0 i nomi dei tre grandi artisti toscani e conservando solo quello di Ferruccio….”
E’ un frammento autobiografico redatto da Ferruccio Busoni intorno al 1909.
Nato a Empoli nel 1866, morto a Berlino nel 1924, Busoni è stato un grande protagonista del mondo musicale fra Ottocento e Novecento. Fu certamente più tedesco che italiano come formazione e come attività. Studiò infatti a Trieste e poi svolse il suo lavoro di autore, pianista e didatta prevalentemente all’estero. Nel 1889 ebbe la cattedra di pianoforte a Helsinki, nel 1890, dopo aver vinto il “Premio Rubinstein” ottenne la cattedra di pianoforte al Conservatorio di Mosca. Diresse anche il Liceo musicale di Bologna (1913-1915). Intelligenza viva e aperta, Busoni fu animato da una inesauribile ansia di ricerca e di novità che lo portò a vagheggiare nuove soluzioni musicali senza tuttavia mai disconoscere il passato. Immaginò dunque nei suoi scritti una nuova classicità, intesa come approfondimento della storia, punto di partenza verso il futuro, teorizzò i microintervalli, curò trascrizioni e rielaborazioni di Bach. Bach e Mozart costituirono i suoi riferimenti duraturi, ai quali poi affiancò i romantici tedeschi e in particolare Liszt.
Il suo nome torna oggi di attualità grazie alla recente pubblicazione in italiano della storica biografia critica redatta nel 1933 da Edward Dent e ora proposta dalle Edizioni Polistampa a cura di Marco Vincenzi con la traduzione di Tomaso Valseri e Mara Luzzatto.
Musicologo inglese, Dent (1876 – 1957) studiò all’Università di Cambridge, dove in seguito insegnò storia della musica. Fu presidente della Società internazionale per la musica contemporanea dalla fondazione (1922) al 1938 e della Società internazionale di musicologia dal 1931 al 1949. Prese parte alla direzione della Sadler’s Wells Opera e del Covent Garden. Pubblicò importanti monografie su Alessandro Scarlatti, Händel, Mozart e Busoni, oltre a numerosi articoli e alla traduzione in inglese di molte opere liriche.
“La biografia busoniana di Dent – spiega Marco Vincenzi, genovese, diplomato con lode in pianoforte e composizione, docente al Conservatorio di Genova, direttore del Centro Studi Musicali Ferruccio Busoni di Empoli e direttore artistico del Concorso Pianistico Internazionale “A. Speranza” di Taranto – è considerata una sorta di Bibbia dagli studiosi del musicista empolese. Scritta nove anni dopo la morte del compositore da un illustre musicologo, che era anche un amico di lunga data, si avvale di lettere e documenti di prima mano forniti da Gerda Busoni e dall’entourage più stretto. Alcuni episodi ritornano in monografie successive, ma la fonte resta sempre Dent: passato il 150° anniversario busoniano, ci è sembrato opportuno approntarne una traduzione italiana, corredata del necessario apparato critico per renderla più vicina al lettore odierno.
Il volume di circa 300 pagine racconta la complessa personalità artista e umana di Busoni attraverso sedici capitoli fitti di documenti e di testimonianze. E poi in tre Appendici successive prende in esame l’ultima malattia del compositore, il suo articolato repertorio pianistico e il programma dei dodici concerti da lui diretti a Berlino nel periodo fra il 1902 e il 1909.
La produzione di Busoni comprende musica teatrale, sinfonica, cameristica e pianistica.
In campo pianistico Busoni, uno dei più grandi pianisti della storia, prese le mosse da Liszt, per il senso orchestrale e l’approfondimento espressivo e virtuosistico della tastiera. Scrisse Toccate, Sonate, Fantasie, Preludi, Studi ecc. Importante e oggi motivo di dibattito e qualche critica fra i filologi, la rilettura, in termini pianistici, di Bach.
In campo teatrale, Busoni si mosse con estrema originalità L’opera, secondo lui, doveva accogliere tutte le forme musicali e tutti i mezzi espressivi, dalla marcia alla canzone alla danza, dal canto all’orchestra, dal profano allo spirituale. In più, doveva “far pensare”, creare problemi allo spettatore il quale, a sua volta, non doveva più assistere all’evento passivamente, in maniera distaccata come se gli avvenimenti non potessero toccarlo. Pubblico impegnato, dunque: non a caso un allievo di Busoni fu Kurt Weill, grande collaboratore di Bertolt Brecht e del suo teatro “sociale”.
Una pubblicazione, dunque, importante che va a colmare una lacuna nel mondo editoriale italiano, spesso un po’ pigro nell’ampliare i propri orizzonti guardando ad artisti meno “gettonati”, ma a loro modo protagonisti di un’epoca.