Concerto di Natale, una chiamata alle arti

Sabato 19 dicembre Federico Sirianni e Max Manfredi proveranno a riempire virtualmente la Sala Aldo Trionfo del Teatro della Tosse per il “Christmas Concert” un live che sarà trasmesso in diretta streaming a pagamento.

L’obiettivo è il sold out, 500 posti: un modo per lanciare un segnale forte e sottolineare l’importanza della cultura, uno dei settori più in crisi a causa dell’emergenza Covid-19.

Il “biglietto” per assistere all’evento prevede un’offerta minima di 10 euro da versare, correlata di nome cognome e indirizzo mail, all’indirizzo PayPal.me/federicosirianni. Se entro il 15 dicembre non saranno prenotati tutti i posti disponibili tutte le offerte saranno restituite.

Una vera e propria chiamata alle armi di cui Federico Sirianni si fa promotore e portavoce.

«Io la chiamo “chiamata alle arti”. Insieme al Teatro della Tosse abbiamo deciso di intraprendere una missione difficile e coraggiosa: in questo Natale senza spettacoli dal vivo vorremmo riempire un grande teatro, ovviamente non in presenza, ma da lontano.»

Neanche agli esordi ti sarà capitato di suonare in un teatro vuoto

«Teatro no, ma una volta mi è capitato di trovarmi con un locale vuoto. Sarà stato 7/8 anni fa, sempre in una pre-vigilia di Natale, in un Club a Torino. Era il 22 dicembre e non si è presentato nessuno. Neanche un amico, ero esterrefatto. Con i musicisti ci abbiamo riso su, ma è stato straniante. Alla fine siamo andati a farci una bevuta tutti insieme.»

Stavolta però dovrai suonare…

«Non avere la platea è sicuramente più faticoso. I concerti live vivono dell’ interazione con chi ti sta ad ascoltare. Dal pubblico ricevi l’energia ed è più facile scandire il tempo dello spettacolo: il respiro, l’applauso, la sospensione, il sorriso. La platea ti dà un feedback immediato che in uno streaming non puoi avere. Alla fine in un concerto in streaming i tempi devono per forza essere quelli televisivi non teatrali, non c’è lo spazio per gli applausi, il silenzio tra un brano e l’altro, l’attesa. Indubbiamente è più difficile, ma in questo momento pare sia l’unica modalità possibile e quindi ci adeguiamo, sperando che sia solo una parentesi e non diventi una formula sostitutiva.»

La scaletta della serata è pronta?

«Intanto per fare lo spettacolo abbiamo bisogno del sold out, altrimenti non si farà. Speriamo che le persone che si sono lamentate della mancanza della musica, accolgano il nostro invito a scendere in prima linea. Abbiamo già riempito a metà sala e sono molto fiducioso. La scaletta prevede oltre a Max e me tanti ospiti legati alla musica d’autore come Giua, Armando Corsi, Aldo De Scalzi, Alice Nappi al violino e Giovanni Martini, chitarrista di Gaber. Ma daremo anche spazio a dei giovani emergenti e talentuosi come Chiara Lobina Irene Buselli e Simone Meneghelli.»

Che cosa vedi di diverso nei giovani di oggi rispetto a quando hai iniziato tu?

«Di sicuro hanno lo stesso entusiasmo e la voglia di fare che avevamo noi,  forse anche di più, ma soprattutto rispetto alla mia generazione adesso i ragazzi sono più quadrati, più operativi e organizzati. Noi avevamo la testa nelle nuvole ed eravamo più ingenui. Ora i giovani lavorano secondo una modalità di linguaggio più contemporanea. Alcune cose mi piacciono, ma per me è difficile dare un giudizio artistico. Vedremo con il tempo, prima di tutto bisogna fare molta esperienza live, poi bisogna sempre vedere che cosa rimane con il passare degli anni.»

Ecco… Negli anni hai scritto tantissimi brani. Quale vorresti che rimanesse nel tempo?

«Di sicuro un paio di canzoni del nuovo disco che uscirà nel 2021 e che secondo me è il mio album migliore. Si intitola “Maqroll” (Il gabbiere, ndr.) ispirato al romanzo di Alvaro Mutis. Il gabbiere è il marinaio in cima al pennone. É un disco di avventura, di viaggio, che mi piacerebbe rimanesse. Poi  mi verrebbe da citare “Tempo” che è una canzone d’ amore e “Il santo” che dà il titolo al mio ultimo disco e che  in questo periodo assume un peso particolare perché parla della complicità tra le persone.»

Come è stato questo secondo lockdown?

«Una  vera mazzata sulle gambe, più psicologica che economica. È come se ci fosse qualcuno che ti ributta ancora più giù mentre cerchi di risalire. Devo dire che anche io mi sono un po’ spento. Però questi  momenti di rotture devono spingere a produrre qualcosa di diverso aprirsi ad una nuova visione di questo mestiere.»

C’è una scelta del tuo passato di cui ti penti e una di cui vai molto fiero?

«Il gioco delle scelte nella vita evito sempre di farlo, proprio per un discorso terapeutico. Ogni scelta è giusta nel momento in cui la fai. Quindi non c’è qualcosa che non ripeterei. La scelta di cui sarò sempre felice, invece, che all’inizio mi rendeva molto dubbioso e inquieto, è di avere aderito alla volontà della mia ex moglie di avere una figlia.»