8 marzo: Francesca Isola in scena con 10 ragazze

Nel suo showreel si presenta così: sono nata a Genova nel 1970 e le mie prime parole sono state: si va in scena! Per anni ha studiato recitazione all’Actors Studio e tornata in Italia ha fondato Impronte, la prima scuola genovese di Improvvisazione Teatrale. È formatrice e si occupa di Teatro d’Impresa. Ed è anche autrice ed interprete dei suoi spettacoli che indagano sul mondo femminile con intelligenza e ironia. Lei è Francesca Isola. Lunedì 8 marzo, per la festa della donna, torna in scena, anche se virtualmente, con il suo “affollatissimo” monologo 10 ragazze (sul palco con lei anche il musicista Angelo Simonini) che si potrà vedere gratuitamente in streaming alle 21 sulle pagine Facebook di tutti i centri commerciali Coop e Ipercoop.

Quanta emozione c’è a tornare sul palco?

«Indescrivibile. In questo lungo periodo di lookdown ho continuato a lavorare, ma girare video da casa non è la stessa cosa. Quando abbiamo fatto le prove c’erano i tecnici e pochissimo pubblico, ma è stato come ritrovare il respiro e l’energia. Ho deciso, però, di ridurre la durata dello spettacolo perché il teatro in video non regge tempi troppo lunghi, quindi durerà circa 40 minuti».

La locandina dello spettacolo

 

Nel tuo monologo interpreti dieci ragazze diverse, dieci prototipi femminili, quali sono i tuoi preferiti?

«Ovviamente le amo tutte, ma in questo ultimo periodo mi identifico nella ragazza Da favola, quella più casalinga, romantica, che sa apprezzare le piccole cose della vita. È anche l’unica che ha il coraggio di chiedere aiuto, di ammettere di essere in difficoltà. Me lo avessi chiesto prima della pandemia ti avrei detto la Divina, quella che si mette sempre in mostra».

Che cosa è cambiato?

«Ho ritrovato una dimensione più intima. Adesso non è facile proiettarsi nel futuro, vista l’incertezza dal periodo, per cui vivo nel presente e inizio anche a pensare a un piano B. Seguo i mutamenti che stiamo affrontando e cerco di capire come strutturare e modificare certi aspetti della mia professione».

L’attrice in scena

Quando hai capito che il teatro era la tua strada?

«Andai a vedere con mio papà Salvo Randone che interpretava l’Enrico IV di Pirandello. Avevo 14 anni e uscita dal teatro ho pensato: questa è la mia casa. E pensare che da ragazzina ero timida, scrivevo sempre, mai avrei pensato di diventare un’attrice. Il palco, però, aiuta perché è un luogo dove si proietta la realtà. Sei giustificata da una maschera, non sei davvero tu. Il testo di Pirandello era perfetto per comprenderlo, perché sviscera la mille sfaccettature che sono dentro ognuno di noi».

 Qual è tra i tuoi spettacoli quello a cui sei più affezionata?

«Il primo. Torno prima o poi. Un monologo dove raccontavo un po’ la mia vita. Debuttai il 18 marzo del 2010 al Teatro dell’Archivolto. Era tutto esaurito. Prima di salire in scena avevo quasi un senso di inadeguatezza. Mi dicevo: “Ma sarò all’altezza di un monologo, una sorta di one man show? Alle persone interesserà? E invece è stato un successo».

 Tu insegni anche teatro nelle scuole?

«Sì e mi dà grandi soddisfazioni. Tra i miei ricordi più belli c’è uno spettacolo con gli allievi della scuola geometri Firpo-Buonarroti. Si intitolava Dipende e parlava delle varie dipendenze. Ogni ragazzo ha regalato spaccati della propria vita: c’era quello che dipendeva dalla sua immagine riflessa allo specchio, la ragazza con la DUB, avevamo studiato questo acronimo per la dipendenza da uomini bastardi, le gemelle che dipendevano una dall’altra. È stato sorprendente il coraggio con cui questi ragazzi hanno raccontato le loro fragilità. I giovani con la loro onestà sanno davvero stupire».

 Tu hai fondato a Genova nel 2003 Impronte, la prima scuola di Improvvisazione Teatrale?

«Anche quello è stato un successo che è andato oltre le aspettative. Sono ancora presidente di Impronte, ma ho un po’ abbandonato il progetto perché amo cambiare. Ma il Teatro di Improvvisazione a Genova prosegue a gonfie vele e oltre alla mia associazione ne sono nate altre».

Progetti per il futuro?

«Appena era iniziata la pandemia, avevo affrontato bene lo stop forzato. Anzi il fatto di non dovere andare sempre in trasferta, potermi fermare e dedicare alla scrittura, riprendere fiato, mi aveva aiutato molto. Adesso sono un po’ bloccata. Fatico a lavorare a dei progetti se non sento che sono immediatamente realizzabili. Ho bisogno di scadenze, di concretezza e quindi inizio a patire un po’ questa fase di incertezza».

Scommetto, però, che qualcosa frulla nella tua testa?

«In effetti le mie 10 ragazze potrebbero vivere una nuova pagina. Quando le metto in scena si capiscono le mie simpatie per l’una o per l’altra. Adesso sarebbe interessante un’evoluzione di questi personaggi. Stavo pensando di concentrarmi sui due lati di ogni persona: luci e ombre. Vorrei provare a lavorarci sopra, perché è importante imparare a fare pace con tutte le parti che vivono dentro di noi. Pirandello docet».