Tre domande alla regista di Eros, Elli Papakonstantinou, per l’evento teatrale del 14 e 15 novembre alle 20.30 presso il Teatro Gustavo Modena di Genova nell’ambito del Festival dell’Eccellenza al Femminile diretto da Consuelo Barilari.
“Eros” è stato progettato nelle settimane successive all’invasione russa in Ucraina.
Lo spettacolo dà spazio a testimonianze personali documentate dal team ucraino che segue i primi momenti dell’invasione, mentre a livello di drammaturgia il progetto si propone di rivisitare il “Simposio” platonico. Il progetto vede la collaborazione tra ODC Ensemble, compagnia internazionale fondata e diretta dalla regista greca Elli Papakostantinou, con Nova Opera, gruppo di giovani artisti ucraini, nato con l’obiettivo di esplorare nuovi modi di sviluppare il teatro musicale.
La parte musicale, che utilizza metodi compositivi algoritmici è stato composto da Serhii Vilka di Nova Opera e da Katerina Fotinaki, cantante e polistrumentista, pluripremiata interprete della musica tradizionale greca.
Nel Simposio Platone parla dell’amore. Parliamo di guerra oggi?
E.P. “Parleremmo di una comprensione materialistica del mondo, dove l’individuo è disconnesso dal resto del cosmo e dal misticismo. In Platone, la forza di Eros è intesa come una forza divina che trascende tutta la materia. Ai nostri giorni ci riferiamo ad Eros come amore e anche sesso, ma in Platone è anche la forza che lega i pianeti e crea armonia nel grande Kosmos, Eros è un poeta, Eros trascende le molecole del corpo; porta gli elementi nocivi nel corpo in dialogo con gli elementi sani. Eros è la forza che fa lavorare insieme gli opposti in un flusso. L’eros è musica poiché la musica è creata dagli opposti. Quindi, l’opposizione non è un problema di per sé. C’è un altro modo di pensare agli elementi opposti in un flusso… ma ovviamente, dobbiamo contemplare la perdita, accettare che la nostra prospettiva egocentrica sia distruttiva per il pianeta e per gli altri. Il pezzo è un invito a riflettere diversamente”.
Come affrontiamo la metafora della migrazione e della guerra in Eros?
E.P. “Dal punto di vista delle tante storie e dei flussi di persone, oltre che della speranza che possiamo riconoscervi la migrazione e la guerra sono collegate. Ma l’umanità è una e il pezzo porta la prospettiva di un viaggio mistico attraverso la vita, in cui l’umanità è traumatizzata”.
In questo lavoro ci sono testimonianze reali sull’Ucraina o vengono evocati?
E.P. “Nello spettacolo non menzioniamo alcun dettaglio; lo evitiamo esplicitamente. Ma la presenza del cast ucraino è di per sé una testimonianza. Ci sono più modi per collegare la testimonianza personale, la politica, con la nozione di amore e di Eros, l’alta politica e la personale con la comprensione mistica del mondo. Attraverso la musica, suoni di boulet di immagini di guerra sempre in relazione con immagini poetiche di una camera d’albergo. C’è una sirena di guerra che cantano con le loro voci: proviamo a creare una narrazione complessa in cui evitiamo l’esplicito e accendiamo a una direzione di interconnettività. Tutte le nostre storie sono interconnesse. Storie di perdita e fallimento nel mondo personale e politico, nel mondo mistico”.