Mercoledì 21 giugno, festa europea della musica, Massimiliano Damerini festeggerà l’evento pubblicando su Spotify l’ottavo e ultimo volume dell’integrale delle Sonate di Beethoven,contenente le ultime tre l’op. 109, l’op. 110 e l’op. 111.
Un lavoro decisamente impegnativo: “Sono passati – spiega il pianista genovese – esattamente 40 mesi dalla prima uscita. Il volume I è stato pubblicato infatti il 21 febbraio del 2020”.
L’opera è incisa con l’etichetta “The library classics”, tecnico del suono è il figlio Luca.
Per Damerini si tratta di un’impresa particolarmente importante che vede la luce al termine di un periodo segnato da un delicato problema di salute: “Sono grato – dice – all’IST per l’assistenza che mi è stata assicurata in questa fase non facile della mia vita”.
Le 32 Sonate di Beethoven costituiscono un monumento fondamentale della letteratura pianistica. Damerini l’ha affrontate dopo aver inciso l’integrale di Schubert: “Era da anni che nutrivo questo desiderio. Ma volevo fare una mia versione nel momento in cui mi fossi sentito sufficientemente maturo. Le Sonate di Beethoven sono un passaggio obbligato per qualsiasi pianista. Mi ci sono avvicinato da adolescente, le ho studiate tutte, ma ne ho eseguito circa la metà in pubblico. Però le ho insegnate tutte e questo mi ha certamente aiutato ad approfondirle. E poi registrarle è diverso che eseguirle in concerto. La incisione è la fotografia di un momento. Fissa una data interpretazione. Ma come sappiamo il bello del nostro lavoro è che ogni volta che affrontiamo un brano ci si trova qualcosa di nuovo. Le paragono a Dante per un letterato. A ogni lettura scopri un aspetto, un dettaglio che ti apre un altro mondo interpretativo. Anche adesso che ho finito di incidere, se dovessi riprendere le Sonate probabilmente farei qualcosa di diverso. E’ naturale”.
-Come si è accostato a Beethoven?
“Beethoven è stato un grande rivoluzionario. A lui non interessavano i bei temi, puntava sullo sconvolgimento della forma. I suoi temi a volte sono basati su elementi molto semplici, a tratti quasi banali…. Però poi la genialità emerge nel trattamento dei temi stessi…. E tutto questo pone non poche insidie a livello interpretativo. Mi ha aiutato molto lo studio dei grandi contemporanei. Quando non hai punti di riferimento (temi, impianto armonico ecc.) devi cercare qualcosa a cui attaccarti. E per Beethoven ho usato lo stesso atteggiamento, senza dimenticare, naturalmente la grande tradizione, da Schnabel a Backhaus allo stesso Pollini. Ma insomma lavorando in questo modo credo di aver dato una mia idea delle Sonate beethoveniane”.
L’ascolto delle interpretazioni di Damerini è in effetti estremamente interessante. Damerini entra nella scrittura beethoveniana con un acuto senso critico, controlla con lucidità il fraseggio, lavora con puntigliosità sulle dinamiche e sul suono. Una lettura asciutta, senza fronzoli.
-La Sonata prediletta?
“Senza dubbio l’op. 111. L’Arietta per me è paragonabile al 33° Canto del Paradiso, la preghiera di San Bernardo. E’ uno dei capolavori assoluti…
-E quella più ostica, più problematica…
“Per me l’op. 81a Les adieux: non a caso non l’ho mai suonata in concerto né la suonerò mai. Amo il secondo movimento, ma il primo e il terzo mi hanno sempre preoccupato”.