In un teatro gremito in ogni ordine di posti il sipario si apre con una tempesta. In una grotta isolata un uomo stremato apre la porta cercando un rifugio per la notte ed entra non scorgendo anima viva. È Sigmund (Klaus Florian Vogt), figlio del dio Wotan (Michael Volle) che si butta per terra sfinito. Poco dopo da una porta interna giunge Sieglinde (Elza van der Heeven) che lo fissa e gli si fa appresso chiedendogli se ha bisogno di aiuto. Tirata su la testa il giovane le chiede acqua e lei prontamente gliela porge dentro un corno. Dopo aver bevuto e ringraziato la giovane donna, le chiede asilo per la notte perché sfinito dalla fatica. L’atmosfera è fatta di mistero e violini e bassi dipingono un momento di attesa e di tensione. Gli sguardi dei due sembrano studiarsi e cercare se dietro le loro sembianze c’è un antico legame. Così si apre la Walkiria alla Scala sotto la travolgente e al tempo stesso minuziosa bacchetta di Simone Young, sessantenne australiana con grande esperienza wagneriana. Senza alcun divismo o leziosità ha un gesto sicuro, determinato e coinvolgente che armonizza le sezioni orchestrali dagli ottoni agli archi , legni e percussioni con una naturalezza e precisione sbalorditive. Il prosieguo del primo atto oltre il riconoscimento che i due primi cantanti sono fratello e sorella protagonisti di un amore incestuoso che si sono ritrovati c’è l’arrivo di Hunding (Gunther Groossbock) che Sieglinde è stata costretta a sposare e che vuole uccidere il fuggiasco Sigmund. Nel secondo atto il dio Wotan ordina alla walkiria prediletta Brunilde di proteggere Sigmund da Hunding .
Ma giunge la moglie di Wotan Fricka che rappresenta la coscienza del marito e gli rimprovera di accettare il rapporto incestuoso di fratello e sorella che tra l’altro sono i suoi figli. E quindi impone a Wotan di lasciare uccidere Sigmund da Hunding. Ma Brunilde non approva. Si scatena un vero e proprio urlo orchestrale generato da 4 tromboni, 5 corni, 4 tube wagneriane ed archi mentre interviene Wotan che spezza la spada magica Notung di Sigmund e viene trafitto a morte dalla spada di Hindung. Quando quest’ultimo crede di aver trionfato viene colpito dalla maledizione di Wotan , stramazzando a terra. Il boato generato dalle percussioni è agghiacciante. Il terzo atto si apre con la cavalcata delle walkirie. Le otto creature divine attendono la loro sorella Brunilde che giunge a cavallo portando la povera Sieglinde che deve sopravvivere perché porta in grembo il frutto dell’amore tra lei e il fratello morto, il futuro Sigfrido. A questo punto ha luogo lo scenario forse più commovente dell’opera: Giunge il dio Wotan padre di Brunilde che in un primo momento d’ira vuole punire la figlia perché ha trasgredito i suoi ordini. Infatti la figlia aveva concesso a Sigmund di non separarsi dalla sposa/sorella . Infuriato Il dio Wotan fa perdere la natura divina a Brunilde e la riduce a una mortale che qualunque uomo potrà sposare ed ella dovrà accudirlo in ogni sua esigenza. Ma Brunilde non ci sta. Grida supplica il padre almeno di addormentarla e di disegnare attorno a lei un cerchio di fuoco che renda difficile la sua conquista.
Il dio, Wotan che sta subendo un processo di umanizzazione, preso da lacerazioni tra la punizione da una parte e l’amore grande per la figlia prediletta, soggiogato da affetto profondo abbraccia Brunilde con un tale trasporto che dà la stura allo scatenarsi fragoroso degli ottoni (4 tromboni 3 trombe, 6 corni, 4 tube wagneriane e percussioni timpani gran cassa triangolo etc, con stuolo di archi e legni che lascia l’Auditorium a bocca aperta. Applausi fragorosi per tutto il cast.