Meraviglioso Paganini è il titolo dello spettacolo che ieri sera nel Salone di Rappresentanza di Palazzo Tursi (totalmente esaurito con spettatori in piedi) ha chiuso la prima parte della rassegna Gems à la Paganini organizzata dagli “Amici di Paganini”.
Protagonisti della serata l’attore Andrea Nicolini, autore anche del testo e l’Ensemble Phonodrama (Valerio Giannarelli, violino, Fabrizio Giudice, chitarra, Gianluca Nicolini, flauto) che ha eseguito trascrizioni di musiche paganiniane intercalandosi alla prosa o commentandola in sottofondo.
Nicolini, attore brillante con una comunicativa immediata, ha già in passato realizzato con successo performance con questa formula (recitazione e gruppo strumentale) e in particolare ha già affrontato la complessa personalità di Paganini. Il nuovo testo parte dall’Epistolario del compositore genovese (con particolare e forse esclusivo riguardo alla prima parte dell’Epistolario, fino al 1831) per offrirne un ritratto umano e artistico attraverso le sue stesse parole o le testimonianze di chi lo ha conosciuto e visto all’opera. Gli inizi dunque genovesi, la casa che non c’è più (con una simpatica frecciata ai genovesi che con le case dei cittadini illustri non si sono del resto comportati mai bene), le lunghe tournée, gli amori disseminati per l’Italia e l’Europa, il demonismo, … soprattutto le palanche. Nicolini mette l’accento sulla sete di guadagno dell’artista citando episodi divertenti (e reali) quali ad esempio l’abitudine di Paganini di stare lui stesso alla cassa nei teatri per evitare cassieri disonesti e spettatori inadempienti.
E’ un lungo, articolato, ironico e brillante monologo che diverte il pubblico e che Nicolini padroneggia con abilità giocando anche con toni di voci differenti e con imitazioni di accenti (dal genovese di Paganini al tedesco di Heine, dal francese di Lafont all’inglese di Watson). Accanto a lui l’ineccepibile Trio propone una serie di eleganti interpretazioni paganiniane tratte o dal repertorio violino e orchestra o da quello cameristico.
Successo pieno, insomma. Se un appunto si può fare riguarda la visione complessiva di Paganini che Nicolini restituisce con un certo “isterismo” in una inesausta corsa alla palanca e alla conquista sessuale, ovvero secondo un filone ampiamente battuto anche in passato a cominciare da quel pessimo film che aveva firmato e interpretato anni fa Klaus Kinsky (niente a che vedere, sia chiaro, con l’eleganza di Nicolini).
Forse, aprire qua e là, ad altri aspetti della sua personalità avrebbe reso il personaggio più completo e avrebbe anche fatto capire perché tante donne si innamoravano di lui: un uomo anche sensibile, che, pur legato ai soldi, teneva concerti benefici, che si prendeva cura della famiglia, che sognava di tornare a Genova, che adorava il figlio al quale scriveva parole dolcissime e che nell’ultima lettera scritta (12 maggio 1840) aveva toni malinconici e sofferti: “La vita è corta”, scriveva nella consapevolezza che ormai stava per andarsene. Sarebbe morto quindici giorni dopo.