Nella recente ristrutturazione del Teatro Ivo Chiesa è stato scelto di tappezzare il foyer e la stessa sala con foto in bianco e nero, della sua gloriosa storia. Proprio nel fondo della sala campeggia l’immagine di Ivo Chiesa con gli allora giovani Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga, i tre protagonisti di una lunga stagione del nostro teatro.
Ieri sera all’inizio della rappresentazione dello spettacolo per gli 80 anni della Liberazione “D’oro, il sesto senso partigiano” quando Davide Livermore è salito sul palcoscenico per esaltare l’importanza del 25 aprile e della lotta partigiana al nazifascismo, alle spalle aveva un sipario a specchio che rifletteva il pubblico. Ed è stato emozionante vedere la folla incredibile che riempiva la sala e che in qualche modo diventava “protagonista” della serata e in alto i tre artefici della grandezza di questo teatro. Una serata “magica” che, grazie anche alla presenza in mattinata del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ha restituito al teatro la sua centralità nella società. Una centralità che, appunto, lo Stabile ha sempre avuto sin da quando, decenni fa, affrontò con “Il processo di Savona” un momento cruciale della nostra storia o, più recentemente, quando, su intuizione dello stesso Livermore, ha affrontato il tema ancora scottante e attuale del G8.
E se da ambienti “governativi” si raccomandava un festeggiamento all’insegna della sobrietà, la risposta che Genova ha dato è stata straordinaria proprio per il valore etico e sociale oltre che artistico.

“D’oro, il sesto senso partigiano” nasce da un’idea dei giornalisti Laura Gnocchi e Gad Lerner che a partire dal 2019 hanno iniziato a raccogliere testimonianze in video di partigiani sparsi in tutta Italia. Sono arrivati all’incredibile numero di un migliaio. Con la direzione artistica di Davide Livermore si è dunque pensato di tradurre parte di questa documentazione in uno spettacolo teatrale, restituendo anche in questo caso al teatro la sua antica funzione che risale addirittura alla tragedia greca: rendere diretto, comunicativo un racconto trasportandolo su un palcoscenico. Giorgina Pi ha fatto uno straordinario lavoro individuando fra tutte le testimonianze quelle di nove fra partigiane e partigiani: Mirella Alloisio, Mario Ghiglione, Aldo Tortorella, Gianna Radiconcini, Mario Condotto, Ivonne Trebbi, Luciana Romoli, Paolo Orlandini e Gustavo Ottolenghi, quest’ultimo presente in sala e accolto da un applauso interminabile.

Prima dell’inizio dello spettacolo vero e proprio, altro momento di forte suggestione, in platea si sono alzati i giovani attori della Scuola dello Stabile e in coro hanno scandito con veemenza i principi fondamentali della Costituzione, i primi 12 articoli. All’11° (“L’Italia ripudia la guerra”) l’ovazione è stata incontenibile.
Giorgina Pi, dunque, aiutata dalla verve e dall’entusiasmo dei suoi bravissimi attori (Monica Demuru, Valentino Mannias, Francesco Patanè e Aurora Peres, affiancati dai giovanissimi Silvia Filza, Pietro Muzzini, Mouhamed Ndiaye, Khadija Seye) ha costruito uno spettacolo di grande forza comunicativa, un racconto toccante nella sua semplicità e “autentico” nei suoi contenuti storici. Gli attori hanno dato voce ai sentimenti di ragazzi e ragazze che all’epoca avevano dai 14 ai 20 anni e che avevano capito la necessità di ribellarsi, di fare qualcosa per cambiare, anche a costo della vita. Una lezione che oggi più che mai deve far riflettere e soprattutto non deve essere dimenticata. Una serata da incorniciare.