Anche gli dei si arrendono alla pandemia

Per quanti amino i drammi in musica di Richard Wagner, il 25 luglio è sempre una data speciale, poiché segna da tempo l’inizio del Festival di Bayreuth, la celebre ed ambita rassegna esclusivamente dedicata alle creazioni del genio di Lipsia. A causa della pandemia, analogamente a quanto avvenuto per tutte le manifestazioni culturali, ne è stato decretato l’annullamento.
Quest’anno, dunque, non risuoneranno sulla “verde collina” le fanfare di ottoni che annunciano l’inizio delle sacre rappresentazioni e i wagnerofili di ogni nazione non potranno accorrere per adempiere al dovuto pellegrinaggio. Né vedremo, durante i lunghi intervalli che separano gli atti, parenti e amici portare, secondo una tradizione ormai consolidata, generi di conforto – panini, torte e calici di prosecco – agli spossati spettatori, spaparanzati sui prati adiacenti al teatro.
La costruzione del “Festspielhaus” era stata per Wagner un sogno perseguito attraverso 40 anni di incredibile ostinazione. Non ebbe mai semplicemente l’intenzione di istituire un teatro, bensì quella di innalzare una “Casa per rappresentazioni sceniche”, ove radunare ogni anno (e dapprima voleva che ciò avvenisse gratuitamente) gli spiriti fedeli dell’arte tedesca.

Foto gentilmente concesse dall’ufficio Stampa del Bayreuther Festspiele
Foto gentilmente concesse dall’ufficio Stampa del Bayreuther Festspiele

Inaugurato nell´estate del 1876, il “Bayreuther Festspiele” aveva certo conosciuto sin da subito insormontabili difficoltà finanziarie, tali da impedirne una regolare programmazione. Problemi non mancarono naturalmente anche nel periodo bellico e nel difficilissimo dopoguerra. Il teatro si salvò per puro caso dalle bombe (risparmiato, secondo una leggenda, dai piloti anglo-americani perché troppo simile nella sua architettura alle fabbriche di birra, bene indispensabile per le future truppe di occupazione), ma gli allestimenti originali erano andati perduti.
Nei giorni terribili che caratterizzarono la fine del conflitto, in quella cupa atmosfera da Crepuscolo degli Dei in cui si spensero gli ultimi macabri bagliori del Reich millenario, il “Festspielhaus” era stato letteralmente spogliato dagli abitanti di Bayreuth. Affamati ed infreddoliti, si ricordarono che là c’era legna da bruciare sotto forma di spezzati e praticabili, c’erano stoffe per coprirsi sotto forma di costumi. Così tutto fu saccheggiato e, come racconta Teodoro Celli (Il dio Wagner ed altri dei della musica, Rusconi, 1980), si poterono vedere i bayreuthiani andare in giro vestiti con l´abito di Isotta, con i ricchi panni di Eva Pogner, con i mantelli di festa dei Maestri Cantori o perfino con le pelli di animali che avevano ricoperto gli eroi del Ring.

Foto gentilmente concesse dall’ufficio Stampa del Bayreuther Festspiele
Foto gentilmente concesse dall’ufficio Stampa del Bayreuther Festspiele

Dopo il periodo di “denazificazione”, il progetto del festival, nuovamente riaffidato agli eredi del compositore, si rimise in moto. Si trattava di ricominciare da zero e la situazione finanziaria era disastrosa, ma Wieland e Wolfgang, nipoti del Maestro, seppero, come si suole dire, fare di necessità virtù … ecco dunque i celebri allestimenti con scene costituite in massima parte da Giochi di luce … di luce è fatto il bosco, di luci il tempio del Graal, di luci il giardino di Klingsor. Era l’epoca di Karl Böhm, di Birgit Nilsson, di Wolfgang Windgassen e di tanti altri celebri interpreti cari agli audiofili. Poi l’austero simbolismo lasciò progressivamente spazio ad una più vigorosa sostanzialità, sia pur tra frequenti polemiche. Si pensi al tanto discusso Ring del centenario, realizzato da Patrice Chéreau nel 1976 o a quello recente di Frank Castorf.
Ancor oggi l’imponente teatro è là, vigoroso, sulla verde collina … e nonostante le recenti defezioni del pubblico, dovute al dilagare di certe discutibili regie, ogni estate migliaia di persone si riversano nella cittadina dell’Alta Franconia, subissando i suoi settantamila abitanti, riempiendo alberghi e case private, nel nome di Wagner, della poesia e della musica … amen, verrebbe da dire, se non fosse che in questo caso, in tempi di distanziamento sociale, ben poco il possente dio della musica abbia potuto.