Quando Stravinskij e Diaghilev crearono Le sacre

Il 6 aprile 1971, nella sua casa di New York,  si spegneva Igor Stravinskij. Nato in Russia, emigrato in Francia per poi rientrare trionfalmente in patria negli anni 60, Igor Stravinskij è stato un grande innovatore, una deIle pietre miliari della musica classica. Dal punto di vista della scrittura, Stravinskij esplorò gran parte dei linguaggi che nascevano nel 900, per questo piacque da subito al suo amico nonchè compagno di corso di composizione al Conservatorio di Pietroburgo, Sergei Diaghilev.

Diaghilev, senza essere musicista, nè coreografo, nè scenografo fu colui che si incaricò di porre le premesse per la nascita del balletto moderno. Questo straordinario uomo aveva un incredibile fiuto per il talento altrui e una grande passione per l’arte che gli permisero di tracciare nuove strade, rimaste attuali fino ad oggi. Questo suo fiuto si dimostrò anche quando nel 1890 conobbe Igor Stravinskij. Tra i due non si instaurò solo un rapporto professionale, ma anche uno stretto legame di stima e affetto che durò fino alla fine.Tra le loro collaborazioni più importanti si ricordano Petrushka, L’uccello di fuoco e La sagra della primavera, ed è proprio quest’ultima grande creazione che vogliamo ricordare in quanto il suo debutto fu molto particolare e controverso.

LE SACRE DU PRINTEMPS – Choregraphie de Vaslav NIJINSKI 
BALLET DU THEATRE MARIINSKY – Photo : Vincent PONTET – WikiSpectacle

Quando la sera del 29 maggio 1913 il primo fagotto del Théâtre des Champs-Elysées intonò la malinconica melodia lituana che apre Le Sacre du Printemps la sala, gremita, si raccolse in religioso silenzio. Per esplodere circa due minuti e mezzo dopo. La prima de Le Sacre du Printemps – impropriamente tradotto come «La Sagra della Primavera» – fu un’omerica baruffa, uno strepitoso succès de scandale. L’apprensione era molta, sia per l’effettiva peculiarità della musica, sia per l’allestimento e le insolite coreografie messe a punto da Nijinskij che attingevano direttamente dall’iconografia tradizionale russa. Vicino al compositore aveva preso posto l’ormai anziano Camille Saint-Saëns, e con lui fra il pubblico vi era anche Alfredo Casella che nella sua  autobiografia  riporta un gustoso aneddoto: “(…) all’inizio del preludio, Saint-Saëns mi domandò a che strumento appartenesse quella stranissima voce. Quando gli risposi che si trattava di un fagotto, Saint-Saëns si infuriò a tal punto da uscire dalla sala sbattendo la porta”.

Stravinskij, a quel punto, amareggiato dall’accoglienza riservata al proprio lavoro, decise di assistere al resto della rappresentazione da dietro le quinte, dove il povero Nijinskij gridava a gran voce i numeri delle battute per coordinare i ballerini. Premura inutile visto che, come raccontano Stravinskij e Casella, il pubblico rumoreggiava in modo tale che era impossibile sentire qualcosa. Terminato lo spettacolo (che comunque dura circa mezz’ora), la sommossa uscì dal Teatro e si estese all’area circostante, tanto che per sedarla fu necessario l’intervento della polizia. Ma attenzione alla fine di tutta la vicenda nè Stravinskij nè Diaghilev erano depressi, anzi! “Dopo lo spettacolo eravamo tutti eccitati, arrabbiati, disgustati e… felici”raccontò il compositore, mentre il commento di Diaghilev fu: “Esattamente quello che volevo”.

Inutile ricordare il successo che invece ebbe in seguito questo straordinario balletto, soprattutto quando fu coreografato da Maurice Bejart nel 1959 e da Pina Bausch nel 1975.