Stravinskij, genio del Novecento

Il 6 aprile 1971 si spegneva Igor Stravinskij uno dei più importanti musicisti del Novecento, protagonista indiscusso, con Schoenberg e Bartok (e non solo con loro) della rivoluzione che nei primi decenni del XX secolo  cambiò il corso della storia della musica occidentale.

La prima fase rivoluzionaria

Nato nel 1882 vicino a Pietroburgo, figlio di un famoso cantante, Fedor, Stravinskij a 23 anni iniziò lo studio con Rimskij-Korsakov e nel 1908, anno scrisse la sua prima partitura importante, Feu d’artifice (Fuochi d’artificio). Nello stesso periodo conobbe Diaghilev che gli commissionò la strumentazione di due pezzi di Chopin per il balletto Les Sylphides, allestito nella prima stagione dei Balletti Russi a Parigi (1909).

Il successo arriso allo spettacolo convinse Diaghilev ad affidare all’artista russo la composizione di un intero balletto, L’oiseau de feu (L’uccello di fuoco) presentato a Parigi nel 1910 cui seguì l’anno successivo Petrouchka, coreografia di Fokine, scene di Alexandre Benois. Stravinskij fece largo uso di fonti popolari russe, piegando però le citazioni ad un gusto totalmente personale e originale. Rese il clima festoso di un carnevale russo attraverso un pulsare ritmico irruente, trascinante, un quadro di vita incalzante. Abbandonò la tonalità a favore di scale modali, costruì ampie strutture basando il proprio metodo elaborativo non sul tradizionale procedimento dello sviluppo classico-romantico, ma sul principio della ripetizione: brevi incisi tematici venivano cioè iterati, più in alto o più in basso, sovrapposti o isolati dando origine anche ad un libero impiego della dissonanza.

Se il Pierrot di Schönberg suscitò al suo apparire dissensi e clamori, per la prima esecuzione della Sagra della primavera si può parlare di un vero e proprio scandalo. Si legga a questo proposito l’articolo pubblicato su questo giornale a firma Francesca Camponero.

La Primavera stravinskijana non aveva nulla della eleganza, della dolcezza delle tante primavere artisticamente interpretate nel passato.  Il musicista volle creare una serie di “Quadri della Russia pagana” celebrando l’avvento della primavera secondo i riti antichi culminanti nel sacrificio di una vergine.

Questo programma lo portò a concepire un balletto ampiamente articolato, un’ampia Suite in tredici movimenti,  animata da musica selvaggia, aggressiva, apparentemente caotica come caotico era l’universo dominato dalle forze primigenie che si scatenano in danze dal ritmo incontenibile.

Stravinskij portò a compimento il percorso avviato con Petrouchka. Non c’è, però, l’ironia, nel ricorso a melodie popolari (il fagotto apre da solo l’opera con un tema lituano che sembra provenire da un mondo lontanissimo e costringe lo strumento in tessiture inusuali), nell’utilizzo di scale modali, nell’ossessiva ripetizione di elementi motivici, nello straordinario scatenarsi di forze ritmiche incontrollabili attraverso un geniale utilizzo  di pause (momento di accumulo di energia, di esasperata attesa) e di fragorosi, assordanti accordi a tutta orchestra (momento di scaricamento).

Una caricatura di Stravinskij

Stravinskij e Walt Disney

Una curiosità. Nel 1939 Le sacre du printemps fu inserito da Walt Disney nel celebre film Fantasia. Stravinskij ebbe con il cinema un rapporto alquanto conflittuale, fu amico di attori, ma contrario alla musica per film. Dell’esperienza di Disney lasciò una testimonianza assai negativa: «Vidi poi quel film con George Balanchine in uno studio di Hollywood durante il periodo natalizio del 1939. Ricordo che qualcuno voleva  darmi una partitura e quando dissi che avevo già la mia, quel qualcuno mi disse “Ma è tutto cambiato”. Lo era proprio. La strumentazione era stata migliorata da bravate tali come il far suonare i glissandi dei corni a un’ottava superiore nella Danse de la terre. Anche l’ordine di successione dei pezzi era stato scompigliato e i più difficili erano stati eliminati (ma neanche questo riuscì a salvare l’esecuzione musicale che era esecrabile). Non dirò nulla del commento visivo perché non voglio mettermi a criticare una sequela incessante di imbecillità…».

Durante la prima guerra mondiale

Il teatro assorbì in pratica tutte le energie di Stravinskij durante il periodo bellico. Un teatro da camera dalle connotazioni fortemente originali, in un ripiegamento fonico particolarmente rilevante e con un atteggiamento sensibilmente antiwagneriano.

Nel 1917 il musicista scrisse il balletto Les noces (Le nozze) orchestrato successivamente e rappresentato nel 1923. Articolato in quattro quadri  il lavoro impegna quattro pianoforti e un gruppo di percussioni mentre le parti vocali sono affidate a quattro solisti o a un coro senza alcuna identificazione fra “voci” e “personaggi”.

Nello stesso 1917 Stravinskij compose anche Renard (La volpe) balletto burlesco su testo di Ramuz, eseguito nel 1922. La dissociazione avvertita in Noces dove veniva a mancare il rapporto personaggio-interprete, si accentua ulteriormente: i quattro cantanti solisti stanno infatti nella buca dell’orchestra, mentre sul palcoscenico agiscono mimi. Momento culminante del periodo, L’histoire du soldat (1918),  ancora su testo di Ramuz ispirato  alle Fiabe russe di Afanasiev. Il lavoro nacque dalla esigenza di creare uno spettacolo facilmente trasportabile da portare in giro nelle piazze della Svizzera. Per questo l’organico fu ridotto all’essenziale. Un’orchestra in miniatura con tutte le famiglie rappresentate da due strumenti, acuto e grave (violino e contrabbasso, clarinetto e fagotto, cornetta e trombone, batteria); le voci degli attori sono solo recitanti, la musica interviene con intento illustrativo quando l’azione è proposta sulla scena mimicamente.

Gli anni Venti e il neoclassicismo

Il periodo postbellico segnò per Stravinskij un momento di riflessione che si tradusse in una nuova fase creativa, nell’approdo ad un “sistema” personale destinato a stemperare le punte più avanzate e rivoluzionarie del periodo precedente. Con il balletto Pulcinella e l’opera buffa Mavra  Stravinskij approdò al cosiddetto neoclassicismo che ebbe il suo momento culminante nella straordinaria opera-oratorio Oedipus rex (1927) per la quale il compositore collaborò con Cocteau che aveva riletto la tragedia di Sofocle con esiti originali.

1960: Stravinskij dirige nel vecchio Carlo Felice di Genova

 

Dal periodo bellico al secondo dopoguerra

Lo scoppio della seconda guerra mondiale vide Stravinskij oltreoceano: fra le composizioni di spicco si ricordano Circus polka per un balletto di elefanti del Circo Barnum (1942), Ebony Concerto per l’orchestra jazz di Woody Herman (1945), la Sonata per due pianoforti (1945).

Nel 1951 (l’anno della morte di Schönberg) Stravinskij metteva in scena a Venezia The rake’s progress (La carriera di un libertino) su libretto di Wystan Hugh Auden e Chester Kallman ispirato alla omonima serie pittorica di Hogarth (lo stesso artista che aveva influenzato Il matrimonio segreto cimarosiano). La carriera di un libertino è uno straordinario capolavoro in cui, in pieno clima neoclassico, Stravinskij rivisitò con garbata ironia l’opera settecentesca, attingendo a stili, forme, generi, tipologia di personaggi appartenenti ad una secolare tradizione.

L’attenzione per la tradizione e per le forme ormai “storicizzate” condusse coerentemente Stravinskij ad esplorare negli ultimi anni anche la dodecafonia. Scomparso Schönberg, ormai entrata nel linguaggio “classico” la tecnica seriale venne assunta dal compositore come uno dei possibili mezzi espressivi.  Si possono ricordare due fondamentali pagine sacre come Canticum sacrum ad honorem Sancti Marci nominis per la Basilica di San Marco di Venezia (1956) e Threni: id est lamentationes Jeremiae prophetae (1958). Quest’ultima partitura (per soli, coro misto e orchestra) rappresenta forse il contributo più profondo e sentito di Stravinskij alla musica religiosa.

Due pensieri di Stravinskij

Ironico e sarcastico, Stravinskij aveva la battuta pungente. Si ricordi la definizione data di Vivaldi: “Vivaldi è quel compositore che ha scritto per seicento volte lo stesso concerto”. E a un suo agente che gli scriveva d’oltreoceano  dopo la prima esecuzione di un suo lavoro: “Successo strepitoso, si chiede autorizzazione a qualche taglio”, rispondeva più o meno così “Lasciate tutto com’è, mi accontento del successo strepitoso”.