L’Anfossi: da Caproni a Dante

“Genova è una città che mi ha stregato. Nemmeno ora che vivo a Roma riesco a levarmela di dentro. […] Me la sogno di notte, la sospiro di giorno. Per dirla alla francese, Je suis malade de Gênes… Ma ragioni sentimentali a parte, forse fu in primo luogo la sua verticalità ad esaltarmi, fin dal primo impatto. Con le sue salite, le sue rampe, le sue scalinate, i suoi ascensori pubblici, le sue funicolari e le sue strade disposte una sull’altra, Genova è, infatti, una città tutta verticale. Verticale e quindi, almeno per me, lirica, se non addirittura onirica. Una città che direi, urbanisticamente, tra le più irrazionali, se non sapessi come invece, tale apparente irrazionalità, altro non sia che il frutto d’un ponderato calcolo….”

E’ un passo tratto da un ritratto genovese scritto da Giorgio Caproni nel 1977. Di Caproni ricorre quest’anno il trentesimo anniversario della scomparsa e l’Associazione Anfossi, il prossimo lunedì 28 settembre (Palazzo Ducale, Salone del Maggior Consiglio) aprirà la propria stagione appunto con un concerto intitolato “Il ponte di Genova di ferro ed aria” (da un verso di Litania dedicato appunto a lui e al nuovo ponte sul Polcevera.

Caproni non è genovese, come tutti sanno, ma è stato profondamente legato a Genova una città ricca di contraddizioni, di bellezze e di brutture, di luoghi sublimi e di angoli sgradevoli. La Genova portuale (come Livorno, sua terra d’origine) e la Genova abbarbicata sulle colline. Il suo aprirsi agli orizzonti marini e il suo richiudersi in se stessa, ritrosa e gelosa dei propri tesori. La Genova, infine, poetica e musicale.

Caproni fu colpito dalla “verticalità” della città. E la verticalità è una delle direzioni nelle quali si svolge il discorso musicale; la meno immediata per orecchie ineducate che ricercano subito lo sviluppo in orizzontale, la melodia, il tema. Da catturare, da memorizzare, per orientarsi e per capire.

Per Caproni la verticalità è, invece, quella che rivela i tessuti sonori più profondi e misteriosi. Poeta finissimo, fu musicista più che dilettante. Pochi anni dopo il suo approdo con la famiglia a Genova (avvenuto nel 1922) Caproni si iscrisse all’Istituto musicale Verdi, una delle tante scuole musicali private che fra Ottocento e Novecento affiancarono il Liceo «Paganini», successivamente divenuto Conservatorio statale.

L’insegnante di violino Armando Fossa prestò al giovane Caproni un bello strumento, opera di Cesare Candi, uno dei principali esponenti della fiorente scuola di liuteria genovese.

Su quel violino l’apprendista musicista si esercitava e provava nuovi spartiti nei suoi incontri pomeridiani con gli amici. Suonava duetti e leggeva poeti. E la poesia si fondeva naturalmente con la musica, le leggi di quest’ultima finivano per regolare le scansioni ritmiche della prima.

Nei Sonetti dell’anniversario a tale proposito, si avverte, come è stato scritto, “un tentativo di far musica nuova diatonicamente slargando o comprimendo i classici accordi di tonica, quarta e dominante con ampio uso, a fine verso, della settima diminuita”.

L’accordo di settima diminuita costruito sovrapponendo tre terze minori è caratterizzato da un senso di irrequietezza insito nella varietà delle possibilità risolutive. Un accordo usato spesso proprio per queste sue potenzialità tanto che si può ricordare un celebre scritto di Verdi indirizzato ai giovani allievi di composizione con la raccomandazione di non abusarne.

L’accordo  di settima diminuita compare non a caso nei versi intitolati Cadenza: “Tonica, terza, quinta,/settima diminuita/Rimane così irrisolto/l’accordo della mia vita?”

Il concerto proposto dall’Anfossi coinvolgerà una nutrita schiera di esecutori: l’Acrhome Ensemble (Marco Sorge clarinetto, Matilde Pesenti violoncello, Gabriele Rota pianoforte), il soprano Sabina Macculi, l’attore Roberto Alinghieri e il Quartetto formato da Andrea Cardinale e Elena Aiello (violin9;, Giuseppe Francese (viola) e Giovanni Ricciardi (violoncello).

Variegato il programma con due opere nuove di Carla Magnan (Quartetto …e lentamente prende forma…, dedicato al nuovo ponte di Genova e ispirato al lavoro del pittore e musicista Adalberto Borioli) e Sonia Bo (Come un’allegoria, per soprano, clarinetto, violoncello e pianoforte su testo di Caproni), canti dalla Val Trebbia (amata dal poeta che a Montebruno visse e operò come maestro), pagine classiche fra le quali spicca il Quartetto in la min. op. 132 di Beethoven che Caproni amava particolarmente: “A tutto preferisco il Quartetto in la minore op. 132 di Beethoven – disse una volta –  quello è il pensiero puro senza la parola, ed è proprio quel che vorrei raggiungere io. Non vedo perchè non si dovrebbe pensare in musica”Il programma dell’Anfossi prevede altri nove incontri fino ai primi di gennaio con una particolare attenzione per il Novecento affrontato da varie angolazioni e con la collaborazione di altre associazioni quali ad esempio “Le strade del suono” (da segnalare la serata in data ancora da definire dedicata a Bruno Maderna o la performance di Ljuba Bergamelli il 2 dicembre per voce sola e danzatore con pagine di Cage, Solbiati. Berio, Berberian e altri) o “La Rive-Guache”.

In chiusura, il viaggio nella voce e nella poesia approderà a Dante del quale si celebrano nel 2021 i 700 anni della nascita. Il 23 gennaio (Chiesa del Gesù) tre pianisti Marco Rapetti Daniela De Santis e Giampaolo Nuti proporranno una serie di pagine ottocentesche ispirate al grande poeta che, come è noto, ha lasciato molti riferimenti alla musica.

Nel secondo canto del Purgatorio, ad esempio, il Poeta ritrova il musico e amico Pietro Casella che, per molto tempo, fu erro­neamente considerato il primo madrigalista italiano.

Dante incontra Casella

Nel Paradiso si possono invece trovare allusioni a strutture musicali precise.  Nel canto VIII (vv.16-18) all’organum melismatico: “E come in fiamma favilla si vede,/e come in voce voce si discerne/ quand’una è ferma e l’altra va e riede”. Nel canto XXVIII (vv.115-120), invece, al mottetto a tre voci: “L’altro ternaro, che così germoglia/In questa primavera sempiterna/ Che notturno Ariete non dispoglia,/ perpetuamente osanna isberna/ con tre melode, che suonano in tree/ ordini di letizia onde s’interna”. Un crescendo di emozioni sonore che ha il suo culmine nell’Ave Maria intonata dall’arcangelo Gabriele con il coro della “beata corte” (Canto XXXII, vv. 94-99).