La chiusura dei Teatri: se possono abbracciarsi solo i calciatori

Il nuovo DPCM, drammaticamente necessario, a fronte di una situazione pandemica sempre più preoccupante, ha messo tragicamente a nudo (oltre all’endemica litigiosità del nostro mondo politico) la fragilità del nostro Paese, incapace di modernizzarsi davvero in alcuni settori fondamentali per la società.

Non è questa la sede per approfondimenti politici che non ci competono, ma da semplici cittadini ci si domanda perché le varie Regioni non abbiano approfittato dell’estate per consolidare le loro strutture sanitarie rivelatisi così deboli al primo urto autunnale. Se invece di dare retta a tuttologi urlanti della televisione per i quali il virus era ormai morto ci si fosse affidati ai consigli dei medici dei pronto soccorsi, degli anestesisti e degli infermieri che per mesi hanno lottato  contro il Covid e che da tempo lanciavano l’allarme sul ritorno della pandemia, forse oggi staremmo un po’ meglio.

E, sempre da semplici cittadini, se da anni si fosse messo mano al settore del trasporto pubblico trasformando i bus da carri bestiame a effettivi mezzi civili, forse oggi non ci domanderemmo come evitare i pericolosi assembramenti.

E così a farne le spese siamo tutti, con il rischio sempre più reale che molte aziende, piccole o grandi, abbassino le serrande per sempre.

In particolare, I Teatri sono obbligati alla chiusura e le scuole a lasciare i ragazzi più grandicelli in casa a sorbirsi la didattica online. Che va benissimo, per carità, ma non potrà mai sostituire il rapporto diretto, umano e dialettico che garantisce la didattica in presenza.

In realtà, i Teatri si sono dimostrati luoghi assolutamente sicuri: la distanza è garantita, tutti hanno le mascherine e questa sicurezza è testimonianza dalla ampia affluenza registrata in tutti i nostri palcoscenici cittadini in questo pur breve scorcio di stagione. Il pubblico ha bisogno di cultura, di un contatto diretto con il palcoscenico e lo si è pienamente avvertito.

Anche la scuola ha però dimostrato di essere luogo sicuro. A detta della combattiva ministra Azzolina la percentuale di focolai nelle scuole è bassissima e se i ragazzi sono costretti alla quarantena ciò avviene per i loro spostamenti o per contagi in ambiti familiari.

E qui torniamo al problema dei trasporti. Il ministro Franceschini, strenuo difensore dei teatri, glielo si deve riconoscere, ha dovuto cedere proprio per la questione degli assembramenti negli spostamenti. Questo può anche essere vero in altre città, certamente non a Genova dove di autobus a una certa ora se ne vedono davvero pochi e la metropolitana addirittura chiude.

Ma chiudere i teatri è facile, bloccare altri settori molto più complicato.

Così si può proibire a Violetta di abbracciare Alfredo in scena, ma nessuno osa impedire  a tre, quattro, cinque giocatori di calcio di gettarsi l’uno sugli altri dopo una rete.

Un gran brutto esempio, di questi tempi.