“Grazie dei Falstaff. Buonissimi! Molto migliori di mio”. Il biglietto a firma Giuseppe Verdi campeggia dietro il bancone delle paste, delle brioches di Klainguti, la gloriosa pasticceria genovese che ha improvvisamente chiuso i battenti. Un altro pezzo di storia di Genova che se ne va, colpito a morte dal Covid.
I proprietari, i fratelli Ubaldi sperano che, finita l’emergenza pandemica, qualcuno rilevi l’esercizio.
E c’è da sperare che questo avvenga perché Klainguti è nome troppo noto fra le botteghe storiche di una città che sta perdendo sempre più i propri legami con il passato.
Klainguti, in piazza Soziglia, c’è dal 1828 quando quattro fratelli svizzeri (i Klainguti, appunto) di passaggio da Genova per imbarcarsi per l’America, si fermarono qui, cominciarono a preparare qualche loro specialità e constatato il successo decisero saggiamente di rinunciare all’attraversata dell’oceano.
Da allora la pasticceria si è imposta come una delle più rinomate a livello cittadino celebre per la sua torta Engadina, la torta Zena, la sacripantina, le gelatine di frutta, i quaresimali. Su tutti, come si diceva i mitici “Falstaff”, una ricetta unica: i proprietari inventarono questa deliziosa brioche (con ripieno di nocciola e una delicata glassa in superficie) quando Verdi (residente all’epoca a Palazzo del Principe e assiduo frequentatore dei negozi nel centro storico) aveva regalato al mondo la sua ultima, straordinaria opera, Falstaff, appunto.
Verdi era un goloso, aveva un conto aperto anche con il vicino Romanengo per le gelatine di frutta, i confetti e i cioccolatini. E gradì davvero la brioche, stando a quel biglietto di ringraziamento che oggi troneggia in un negozio desolantemente chiuso.