L’eterno dilemma tra immaginazione e realtà al “Festival in una notte d’estate” della Lunaria

Ci sono due temi di grande interesse nello spettacolo in scena in questi giorni nel Chiostro di San Matteo, ospite del Festival della Lunaria: la psicoanalisi e la letteratura romantica. Un connubio vincente!
Gradiva (ovvero colei che risplende nel camminare) è la figura femminile di un bassorilievo pompeiano esposto ai Musei Vaticani, che sfiora appena il suolo con la punta di un piede. La sua grazia attrae irresistibilmente il giovane archeologo Norbert Hanold al punto di portarlo fino a Pompei, nel folle tentativo di evocare lo spirito della ragazza. Un sogno rivelatore, infatti, lo ha persuaso che Gradiva fosse una giovane Pompeiana morta nell’eruzione del Vesuvio. Con il passare dei giorni, progressivamente, lo stato mentale di Norbert va verso il delirio, ossessionato da sogni e fantasie, da mosche e dai tic, che gli confondono la percezione del reale, sino al punto di incontrare una fanciulla che gli pare l’incarnazione della giovane ritratta nel bassorilievo. Sarà questa ragazza, che in realtà si chiama Zoe, a riportare l’archeologo alla realtà, non facendogli rimpiangere il sogno e regalando allo spettatore un inaspettato lieto fine.

“Gradiva”: un momento dello spettacolo

 

L’adattamento di Daniela Ardini aggiunge un nuovo spunto d’interesse a questa novella dello scrittore tedesco Wilhelm Jensen, vissuto a cavallo tra XIX e XX secolo, che egli stesso definì “una fantasia pompeiana”: perché il delirio ossessivo di Norbert, sempre in bilico tra realtà e sogno, è commentato dalla voce fuori campo di Sigmund Freud.

Il racconto delle vicende amorose di Norbert e Zoe-Gradiva è famoso, infatti, perché divenne soggetto della prima analisi di Freud applicata a materiali letterari. Come disse Cesare Musatti, Freud assunse la storia della Gradiva come qualcosa di reale e rimase preso dal gioco di questa finzione.

Il padre della psicanalisi esaminò il racconto sotto l’aspetto clinico: «Sogno e delirio provengono dalla stessa fonte, dal rimosso» scrisse nel saggio dedicato al testo di Jensen; e il rimosso, nel caso di Norbert, è il rifiuto della realtà per inseguire l’ideale. Questo saggio segnò l’inizio della critica psicanalitica applicata a letteratura ed arte.

La Ardini aveva già messo in scena questo testo con la straordinaria coppia formata da Fabrizio Matteini e Marina Remi. I due giovani interpreti di questo nuovo adattamento, il talentuoso Francesco Patanè, fresco di candidatura al Nastro d’Argento come miglior attore non protagonista per il film Il cattivo poeta e appena candidato come “Talento di Genova” alle prossime celebrazioni colombiane,  e Sara Mennella si dimostrano capaci di raccogliere il testimone, mixando la giusta dose di leggerezza e ironia, che trapelano dal testo, alla complessità del tema di fondo.

Un momento dello spettacolo

La voce di Freud è affidata a un incisivo Paolo Drago, mentre la sceneggiatura semplice, ma come sempre efficace, di Giorgio Panni e Giacomo Rigalza – che sfruttano delle semplici assi di legno per permettere a Gradiva di spiccare e volteggiare con leggiadria avvolgendo lo sguardo incantato del pubblico – si inserisce splendidamente nella suggestiva cornice del Chiostro di San Matteo.