Tosse: Familie Flöz, l’eleganza poetica delle maschere

Nel cast sono solo in tre. Ma in scena i personaggi si moltiplicano con un effetto straordinario. Ieri sera la Tosse ha ospitato la Familie Flöz che il pubblico genovese ha già applaudito in varie altre occasioni negli anni scorsi. E ancora una volta lo spettacolo presentato (Festa in prima italiana) si è rivelato straordinario per la sua organizzazione drammaturgica e per il livello esecutivo. Da non perdere.

In Feste  la storia prende spunto dai preparativi per un ricevimento nuziale di cui si percepirà l’eco dal cortile (luogo dove si svolge tutta l’azione scenica) della casa. E nel cortile accadono le piccole, grandi cose che coinvolgono i diversi personaggi in un susseguirsi di gags comiche, ma anche di spunti drammatici.

I Flöz  sono tre straordinari attori che vestono maschere impenetrabili, tristi alle quali sanno conferire una vitalità e una duttilità di espressione incredibili. Usano la loro fisicità con freschezza e abilità, dosano sapientemente le pause, sono abilissimi nel passare da un personaggio a un altro cambiando in pochi secondi non solo l’abito, ma anche il carattere e la personalità.

Così sfilano sul palcoscenico la sposa, lo sposo, i camerieri, il portinaio, il cuoco, il maestro di ballo, la domestica, alcuni invitati, lo staff organizzativo del matrimonio, una povera donna incinta accolta con generosità nella “famiglia”. Tutti portano alla storia il loro contributo fatto di momenti ironici, ma anche di improvvise parentesi malinconiche e sognanti. E tutto è cadenzato dalla musica: quella dal vivo, più intimista, eseguita egregiamente da due giovani musiciste (violoncello e tastiera) che agiscono in perfetto sincrono con gli attori (si veda il momento in cui la donnina incinta suona un carillon e la tastiera ne propone la melodia accelerando sulla base dell’accelerazione della carica da parte dell’attrice) e quella più chiassosa, registrata, che ci ricorda che ai piani alti della casa si sta svolgendo una festa.

Applausi finali interminabili: i cinque protagonisti salutano con un’ultima performance collettiva, una melodia suonata su una improvvisata glassharmonica.