Una delle più importanti avanguardie della pittura sorge intorno al 1910, ad opera del russo Wassily Kandinsky (1866 – 1944). Kandinsky nasce a Mosca, ma a soli 4 anni si trasferisce con la famiglia a Monaco di Baviera. L’anno successivo però, a seguito del divorzio dei genitori, finisce a Odessa, in Ucraina, presso una zia materna, dove riceve buona parte della formazione e le prime nozioni di disegno. Dall’età di 20 anni a 24, torna a Mosca dove si laurea in giurisprudenza nel 1889. Non farà mai l’avvocato ma non è subito pittore; in principio è musicista. Già a Odessa studia violoncello e pianoforte, ma, intorno ai trent’anni, si trasferisce nuovamente in Baviera e solo a questo punto si dedica esclusivamente alla pittura. Dopo un esordio paesaggistico ispirato all’espressionismo francese, Kandinsky abbraccia progressivamente un’arte più astratta. Egli esprime con le seguenti parole il senso delle nuove correnti e della propria scelta: “Siamo all’inizio di un percorso che porterà la pittura, con le sue sole forze, a diventare un’arte astratta e a realizzare finalmente una composizione puramente pittorica.” Composizione lo scrive in corsivo, per sottolinearne l’analogia con la musica. E ancora, così si esprime dopo aver ascoltato il Lohengrin di Wagner al Bolshoj di Mosca: “ Vidi nella mente tutti i miei colori. Li avevo davanti agli occhi”.Capisce che per realizzare dipingendo una composizione, i mezzi sono due: il colore e la forma: una sinfonia di colori e un’armonia di forme: forme però, non illustrazioni. Finisce per lui la pittura rappresentativa e nasce quella astratta, ossia tratta fuori dalla realtà, dall’oggetto riprodotto. La pittura non rap-presenta più, presenta; presenta l’emozione, l’idea, lo spirito. Non a caso Kandinsky illustra la concezione astratta dell’ arte in un saggio che intitola “Lo spirituale nell’arte”. Egli assimila la pittura alla musica, in quanto anche, anzi, soprattutto la musica presenta, evoca, induce emozioni e immagini mentali senza bisogno di illustrare nulla. I colori perdono la loro funzione illustrativa; non servono più a niente, come tutte le cose veramente belle, non sono utili, non servono, ossia non sono servi di un messaggio. Il pittore non deve lanciare messaggi. La sua arte è estranea all’utilità, alla dinamica hegeliana servo-signore. E così la pittura diventa spiritualità pura come lo è la musica, contatto immediato con l’idea, in una concezione vagamente schopenaueriana. Nel suo scritto “Sguardo al passato” del 1913, Kandinsky afferma: “Invidiavo i musicisti, i quali possono fare arte senza bisogno di raccontare qualcosa di realistico. Il colore mi pareva però altrettanto espressivo del suono.” Se l’oggetto in sé, come dato descritto, non ha posto nella musica, può non averlo anche nella pittura.
Ed è singolare che Kandinsky si sia riferito a Wagner, il quale aveva esteso la musica all’opera d’arte totale e, per certi aspetti, fondato il simbolismo come evocazione immaginifica di episodi e sensazioni reali. Un celebre direttore d’orchestra raccontò che ascoltando il preludio dell’Olandese Volante avvertiva la sensazione degli spruzzi del mare in faccia. Si noti però; il mare in tempesta è, si, un’immagine reale, ma ad essa la musica arriva, non ne parte come farebbe la pittura rappresentativa, illustrativa. Tuttavia Kandinsky va oltre. Il suo legame con la musica è ancora più intimo. Compare l’ elemento della sinestesia, un fenomeno raro per cui, in alcuni soggetti, un’esperienza sensoriale può istantaneamente e automaticamente provocarne un’altra. Il fenomeno può riguardare tutti i cinque sensi variamente composti fra loro, ma qui si considerano soprattutto la vista e l’udito. Quindi un suono evoca, anzi, fa apparire, un colore e viceversa. Per cui una sinfonia musicale può essere percepita anche e contemporaneamente come un’armonia cromatica. Esistono alcune spiegazioni neuro scientifiche a sostegno del fenomeno, sia su base genetica che fisiopatologica, ma non è il caso di indugiarvi adesso.
Ne Lo spirituale dell’arte Kandisky aggiunge: “Il colore è il tasto, l’occhio è il martelletto. L’anima è un pianoforte…” Un neuroscienziato potrebbe sostituire la parola anima con cervello, ma il senso non cambierebbe un granché e perderebbe poesia, per cui teniamoci sui binari degli artisti. Anche tecnicamente la pittura di Kandinsky si appoggia progressivamente a concetti musicali.
L’incontro con Schoenberg
Nel gennaio del 1911 ascolta un concerto di Schoenberg e il 18 gennaio scrive al musicista:
“Egregio Professore… ho appena ascoltato il Suo concerto: è stata per me un’autentica gioia…Nelle Sue opere Lei ha realizzato ciò che io, in forma naturalmente indeterminata desideravo trovare nella musica. Il cammino autonomo lungo le vie del proprio destino, la vita intrinseca di ogni singola voce nelle Sue composizioni sono esattamente ciò che io tento di esprimere in forma pittorica. in questo momento vi è nella pittura una forte tendenza a cercare per una via costruttiva la “nuova” armonia per cui l’elemento ritmico viene montato in forma pressochè geometrica. Sia per la mia sensibilità che per il mio impegno concordo solo in parte con questa via. La costruzione è ciò che manca, quasi senza speranza alla pittura degli ultimi anni. E’ giusto ricercarla. Solo che il mio modo di concepire questa costruzione è diverso. Penso infatti che l’armonia del nostro tempo non debba essere ricercata attraverso una via “geometrica” ma al contrario attraverso una via rigorosamente antigeometrica, antilogica. Questa via è quella delle “dissonanze nell’arte” quindi tanto nella pittura quanto nella musica. E la dissonanza pittorica e musicale di oggi non è altro che la consonanza di domani….”.
Il quadro Impressione 3 (Konzert) è probabilmente stato ispirato a Kandinskij proprio dall’ascolto del concerto del 1911 di cui parla nella lettera a Schoenberg. La grande macchia nera ricorda un pianoforte a coda, ossia lo strumento dominante nei tre Klavierstucke op. 11.

Suoni e colori
Da quel momento la sua arte si articolerà secondo tre titoli: 1) Impressioni, legate a un’esperienza diretta della natura esteriore. 2) Improvvisazioni, dipinti scaturiti da un evento di natura interiore. 3) Composizioni, frutto di ricerche e riflessioni che richiedono un lavoro lento, con studi preliminari e abbozzi.
Come si può vedere due di questi tre titoli sono mutuati dalla musica.
Kandinsky era inoltre rimasto molto impressionato da una tavola di Aleksandr Skrjabin (autore del poema Prometeo in cui aveva inserito una “claviere a lumieres” per proiettare fasci di luce in concomitanza con precisi accordi) sulla corrispondenza fra note e colori in cui, per esempio, il do era rosso, il sol arancio, il la verde il re-bemolle violetto eccetera. Egli cominciò quindi a tradurre addirittura alcuni strumenti in colori. Riporto una sua nota – “… [assimilai ] Il verde al timbro del violino nel registro grave, l’azzurro al flauto nel registro acuto e all’organo o al contrabbasso nel grave, il giallo alla tromba, il rosso agli ottoni e in particolare alla tuba, l’arancione alla viola o alla voce di contralto, il violetto al corno inglese o al fagotto.”
A ciò Kandinsky aggiunge una ulteriore tavola comparativa fra colori, umori, stati d’animo e equivalente strumentale. Per esempio al verde associa apatia, pace e calma e come strumento il violino nel registro medio. Al blu, pace, tristezza non umana, e contrabbasso in forma profonda, o solenne come l’organo, eccetera.
Si possono ricordare sulla questione del rapporto suono-colore due lavori più o meno contemporanei di Kandinsky e di Schoenberg: il primo è autore del Suono giallo su musiche di Thomas von Hartmann, il secondo dell’opera teatrale Die glugkliche Hand nella quale una partitura di luci era affiancata alla partitura musicale.
E’ abbastanza difficile e forse nemmeno necessario dare una veste scientifica alle sensazioni, alle osservazioni o alle teorie di un artista. Allo stesso modo può apparire riduttivo o angusto costringere il concetto di anima o di spiritualità in circuiti nervosi. Quantomeno è poco poetico. Tuttavia cercando riscontri alle osservazioni sinestesiche di Kandinsky su studi di alcuni rinomati neuro scienziati (V.S.Ramachandran, E.Kandell) o neurologi (O. Sachs), o anche da sintomi e postumi di alcune patologie come ictus o epilessie, ho trovato solide conferme al fenomeno. Sono emerse però discordanze disordinate fra associazioni di colori e suoni. Senza dubbio esistono corrispondenze, ma sempre e soltanto nell’ambito di una assoluta individualità. Improbabile invece, o semplicemente ascrivibile ad associazioni emotive, la corrispondenza fra colori e strumenti musicali. Anche perché ogni strumento può suonare tutte le note e in maniera differente. Ciò tuttavia nulla toglie al fascino delle visioni sinestesiche e al fatto che alcuni artisti, come Kandinsky, ne abbiano tratto ispirazione per proporre evoluzioni grandiose nell’arte sia figurativa che musicale.