“La musica dipinge i sentimenti umani in maniera sovrumana… parla un linguaggio che noi non conosciamo nel quotidiano, che non sappiamo dove lo abbiamo appreso, che si può riconoscere solo come il linguaggio degli angeli”. Lo sosteneva Wacknroder, uno dei padri del romanticismo. La musica è un linguaggio misterioso, sfugge a ogni razionalità, la sua asemanticità era vista con perplessità dagli Illuministi, ma al contrario era considerata una sorta di “benedizione” per i romantici portati a dare la priorità ai sentimenti sulla ragione. La musica, dunque, linguaggio che va oltre l’umano e che per questo supera ogni barriera linguistica, sociale, culturale, religiosa.
Ieri al Carlo Felice, venti componenti del Coro Popolare Nazionale di Kiev dalla galleria del Teatro, hanno intonato un canto di liberazione della loro tradizione e poi il loro inno nazionale. E, pur non capendo una parola del testo, la musica ha commosso i presenti e il messaggio è arrivato, forte, chiaro, diretto. Momento di forte emozione che il pubblico ha accolto con un interminabile applauso.
Un avvio desueto per il concerto del giorno commemorativo della Liberazione e mai avremmo pensato che la festa del 25 aprile e un canto popolare inneggiante alla libertà di un popolo, potessero essere così tragicamente attuali.
Il concerto era affidato alla solida bacchetta di Fabio Luisi, ripresosi dal covid che lo aveva bloccato proprio durante le prove del concerto dedicato a Bruckner fissato al Carlo Felice per il 15 aprile scorso e rinviato a data da destinarsi.
Luisi ha presentato due partiture di estremo interesse. Rendering è stata composta da Luciano Berio una trentina d’anni fa e si basa su una sorta di commistione fra appunti lasciati da Schubert per una sinfonia mai composta e elementi originali dello stesso Berio. Compositore estroso e culturalmente curioso, Berio ha sempre guardato con interesse al passato attingendo a esperienze differenti e usando materiali storici. In questo caso oltre a recuperare elementi schubertiani sembra appropriarsi della tecnica fiamminga della parodia, consistente nella libera elaborazione di materiali preesistenti polifonici. E lo fa da magnifico orchestratore, costruendo un elegante e raffinato discorso che porta l’ascoltatore ad esplorare ambiti sonori diversissimi eppure magicamente conseguenti. Eccellente la direzione di Luisi che ha poi proposto la complessa Sinfonia n. 4 la cui architettura, apparentemente articolata nei canonici quattro movimenti, propone tuttavia un discorso fortemente compatto che si alimenta dello stesso materiale dall’inizio alla fine e che offre alcuni momenti di forte intensità espressiva: si pensi all’avvio dell’ultimo tempo con quel crescendo in orchestra che Schumann ha reso magistralmente e Luisi ha saputo trasmettere con estrema cura. Slancio, lirismo, tensione in una lettura davvero coinvolgente. Pubblico calorosissimo.