Lemnos, le atrocità dell’antichità e della contemporaneità

Raccontare la storia di Filottete attraverso la tragedia di Sofocle, ma per mezzo di lui riflettere sulle storie degli antifascisti greci deportati nelle isole del confino dal 1946 al 1974.

E’ questo il senso di Lemnos lo spettacolo presentato in prima assoluta ieri alla Sala Mercato del Teatro Modena in una produzione del Teatro Nazionale con la regia di Giorgina Pi.

“Lemnos è un’isola – ha raccontato la regista – L’isola del confino, dell’esclusione. Il luogo dove sopravvivere è il sogno più impossibile. Ma è anche il solo posto in cui Filottete, dal margine, legge chiaramente il passato e riconosce da dove viene. Sceglie la sua genealogia. Così come fecero e continuano a fare tante persone attraverso la politica e la poesia come atto di testimonianza. Lemnos è un viaggio sulla tragedia che abitò alcune isole di confino greche creando, anche dopo la Seconda guerra mondiale, veri campi di concentramento in Europa, nel mar Egeo, per chi non rinnegava il proprio antifascismo. Un’epica della crudeltà, di cui non si conosce nulla”.

Per raccontare il passato remoto e un passato purtroppo tristemente prossimo, Giorgina Pi ha creato uno spettacolo basato esclusivamente sulla forza della parola. Un palcoscenico spoglio con qualche seggiola e un pianoforte, il tutto calato in una semioscurità rotta dal taglio di luci laterali che illuminano di tanto in tanto un personaggio, nascondendo gli altri. Sul fondo la proiezione di un’isola greca deserta, il luogo di Filottete ma anche dei deportati, nulla di cambiato nei secoli.

In questo contesto vuoto a riempire gli spazi sono le parole sofferte di Filottete, l’onestà limpida di Neottolemo che non sa ingannare il vecchio amico di suo padre, oppure le bieche argomentazioni di Ulisse; ma soprattutto a colmare quel vuoto è il racconto, in greco, dell’attrice Alexia Sarantopoulou che svela un mondo lontano e vicino con una lucidità e un peso drammatico ineludibile.

“L’isola – ha ancora detto la Pi – è sospensione tra prima e dopo. La frattura, la vertigine di cui si sceglie di non parlare. Il nostro Neottolemo si domanda “perché siamo venuti?” “perché abbiamo combattuto?” “dove e perché torniamo?”. E sono domande che ci poniamo noi, oggi, come oppositori e oppositrici dell’orrore in cui siamo cresciute e che non smette di circondarci, dove stridono ancora armi e fascismo, e il mare incombe scuro e luttuoso, ancora con Filottete improvvisamente un vicolo una spiaggetta un secolo breve grida: non abbandonarmi”.

Un bello spettacolo diretto con intelligenza e interpretato con verve oltre che dall’attrice greca, da Gaia Insenga, Giampiero Judica, Aurora Perese e Gabriele Portoghese.