Petruzzelli e le luci del cielo

Da molti anni Lunaria Teatro diretto da Daniela Ardini anima le serate di piazza San Matteo con il suo “Festival in una notte d’estate”. Un appuntamento ormai abituale per i genovesi che ne apprezzano l’offerta culturale e sono affascinati dalla suggestione della piazza. Ieri sera  il tempo incerto ha consigliato lo spostamento dalla piazza al Chiostro retrostante: luogo altrettanto suggestivo, riparato, ideale comunque per lo spettacolo proposto dall’attore e autore Pino Petruzzelli. Le luci del cielo, questo il titolo, è una produzione di Teatro Ipotesi che Lunaria ha ospitato nell’ambito di un cartellone il cui sottotitolo è “Percorsi: l’architettura della parola tra città e cielo”.

Era il 1966 quando Celentano cantava Il ragazzo della via Gluck.  E sei anni dopo un altro cantautore milanese, Giorgio Gaber, scriveva Com’è bella la città. Due canzoni-denuncia sull’abbandono della campagna a favore di una città alienante e distruttiva. Da lì è dunque partito ieri sera Petruzzelli per il suo monologo dedicato alla città, alla natura, al territorio. Una serie di riflessioni che l’attore propone traendo ispirazione da incontri ed esperienze personali: i viaggi in Israele fra palestinesi ed ebrei, ma anche in Bulgaria fra i rom; e poi il degrado in altri luoghi d’Italia. Oppure (ed ecco il riferimento alle canzoni citate) l’abbandono dell’entroterra, della campagna inseguendo un sogno di ricchezza che in realtà spesso è un impoverimento della propria umanità.

Il racconto si mescola a video (le due canzoni citate, ma anche un filmato della Fondazione Ansaldo, sulla costruzione dell’Italsider a Taranto realizzata distruggendo un territorio naturale straordinario) e a letture di poesie. Petruzzelli parte da Sanguineti  la cui Viva la città è una celebrazione ironica e grottesca della “diversità” dei contrasti di una città per poi passare  a Caproni che alla natura della Val Trebbia ha dedicato pagine straordinarie e attraverso Kavafis, Ortese ed altri, arrivare a Mario Rigoni Stern, autore amatissimo dal nostro attore che invita a spegnere le luci della città per accendere le luci del cielo.

La città, dunque, come comunità che spesso si trasforma in uno spazio di contraddizioni, di diversità, di emarginazione. I muri sono a volte reali, a volte immaginari, ma pesano tutti.

Petruzzelli esorta allora a pensare, a riflettere e a dare ascolto alla natura, alla saggezza degli alberi: “Attraverso la solitudine – scrive l’attore in un suo recente libro – ho imparato ad amare l’ascolto”.

Petruzzelli, artefice in questi mesi estivi di una nuova, bella edizione di Liguria delle arti in giro per la nostra regione, si rivela ancora una volta un narratore piacevole e un lettore puntuale, abile nel coinvolgere il pubblico con naturalezza e semplicità.

Al termine gli spettatori lo hanno meritatamente applaudito con calore.