Tosse: il mito di Prometeo e il disagio odierno

Prometeo, colui che amò l’umanità a tal punto da ribellarsi a Zeus, rubando il fuoco per riportarlo agli uomini. Prometeo che ha simpatia per le nostre debolezze, le nostre fragilità e sfrutta la sua condizione divina non per punire o per opprimere, ma per condividere, per aiutare, per rendere la nostra umanità un po’ più divina. Prometeo incatenato alla roccia e divorato dall’aquila, in un rito che si rinnova quotidianamente, in una sofferenza eterna e immutabile.

Lo spettacolo Da Prometeo: indomabile è la notte andato in scena ieri alla Sala Dino Campana, produzione che coinvolge Teatro Metastasio di Prato, Arca azzurra produzioni, la Corte Ospitale con il sostegno alla creazione di Fondazione Luzzati- Teatro della Tosse, prende spunto da questo personaggio per affrontare il tema della società di oggi e di come il digitale e la tecnologia, soprattutto quella dei social, condizioni le nostre esistenze. Una trasposizione del mito in chiave moderna.

Un momento dello spettacolo (Foro De Burberi)

 

Prometeo è in realtà Tea, una ragazza in crisi, che all’inizio dello spettacolo è in procinto di suicidarsi, lasciandosi cadere nel vuoto, per scoprirne poi le ragioni lungo tutto lo spettacolo, come una sorta di flashback. Suo fratello Epi, nel mito Epimeteo, è un ragazzo come tanti, attivo sui social e che proprio attraverso internet conosce Pandora, una ragazza misteriosa, difficile da decifrare, a tratti malinconica, come se portasse su di sé il peso di una vita che non le appartiene. Infine l’Aquila Aetòs, che osserva in modo cinico la scena e sembra tenere Pandora sotto la sua influenza, imponendole la missione di connettersi con Epi, senza però lasciarsi influenzare dai sentimenti.

I personaggi interagiscono tra loro portando in scena la propria visione del mondo, i propri stati d’animo e le proprie scelte.

L’idea di affrontare il tema della tecnologia, con tutto ciò che essa comprende, come nuovo fuoco della nostra società, elemento senza il quale sembra che non sappiamo più vivere, comunicare, esprimerci e relazionarci, era di per sé interessante e promettente. La tecnologia è in effetti quasi un faro per la nostra vita al punto che senza cellulare, televisione o computer rischiamo di sentirci persi, soli e invisibili. Quello che il novello Prometeo ha voluto donare al mondo moderno, si sta rivelando quasi più una piaga sociale, che non uno strumento atto a farci progredire.

Tanti sarebbero stati i modi per reinterpretare il mito in questa chiave, quindi non si può affermare che ce ne sia uno giusto o uno sbagliato, ma nello spettacolo specifico, ci è sembrato mancare una vera e propria attinenza tra il soggetto mitologico e lo svolgimento sulla scena.

Lo spettacolo parla del disagio della nostra società e della generazione più giovane, di come internet possa rivelarsi una trappola, perché ci illudiamo di conoscere chi sta dall’altra parte e fidandoci, finiamo per entrare in una spirale dalla quale è difficile uscire. Tea vuole togliersi la vita proprio a causa di alcuni video intimi girati insieme al suo compagno, che ha provveduto a condividerli in rete, esponendola all’umiliazione e alla morbosità di chi sta dietro lo schermo. Scopre inoltre di essere incinta e questo la sprofonda ancora di più nella disperazione. Tea è sì un personaggio che si ribella, ma quasi più per un senso di frustrazione, incomprensione, che vive in uno stato di incomunicabilità opprimente. Da un lato vorrebbe essere ascoltata e dall’altro è lei stessa a non ascoltare gli altri, ad aggredire e ad offendere. Vive nella propria solitudine, cercando attenzioni e per questo commette errori ingenui, ma dalle conseguenze molto pesanti. Il mondo per lei dovrebbe esplodere, perché il mondo la opprime e la fa sentire in gabbia.

Dice Oscar De Summa, autore, regista e interprete: “Per noi Prometeo è colui che alla notte si arrende, nella notte si ritrova e nella notte incontra l’Altro”.

Per noi invece Prometeo è esattamente l’opposto, perché Prometeo non si arrende di fronte a nulla, dato che la paura non trova spazio nel suo cuore, di conseguenza non ha bisogno di ritrovarsi, in quanto Prometeo non si perde, perché rimane sempre fedele e presente a sé stesso, e non incontra l’Altro, ma anzi per l’Altro, cioè noi esseri umani, si sacrifica, pagando per la sua scelta.

Per quanto riguarda gli altri personaggi, l’attinenza al mito si fa ancora più sbiadita, lasciando spazio più ad un’interpretazione molto personalizzata di cosa debbano rappresentare e simboleggiare, rispetto a quello che simboleggiano nella tradizione.

In conclusione lo spettacolo è stato godibile e interessante, a tratti anche ironico e spensierato, per nulla semplice nella sua esecuzione, seppur essenziale nella rappresentazione, e magistralmente interpretato da Marina Occhionero, nei panni di Tea, e da tutti gli attori in scena, Luca Carbone (Epi), Rebecca Rossetti (Pandora), Oscar De Summa (Aquila), senonché il riferimento al mito non ci è sembrato molto a fuoco, dando troppe cose per scontate a partire dalla conoscenza più approfondita del mito stesso, che non tutti necessariamente conoscono e che fa sì che i nomi perdano la loro capacità evocativa e risultino a quel punto superflui.

Lo spettacolo, insomma, avrebbe potuto funzionare lo stesso anche senza scomodare Prometeo.