Eutopia Ensemble, le belle sorprese del contemporaneo

Il Teatro dell’Arca, nel carcere di Marassi, ha ospitato ieri sera, l’ultimo appuntamento della stagione di concerti organizzata da Matteo Manzitti con l’Eutopia Ensemble. Un finale all’insegna della ricerca estrema con una scelta di autori e di brani decisamente originale. Prima parte dedicata a lavori solistici, seconda a opere per gruppo.

Ad aprire For Aaron Copland scritto nel 1981 da Morton Feldman: un violinismo essenziale in una scrittura costruita su un procedere “melodico” per salti accentuati con cambi di tempo ad ogni battuta. Sebastiano Menardi ne ha assicurato una lettura puntuale.

Di Christophe Bertrand, compositore francese morto suicida nel 2010 ad appena 29 anni, Valentina Messa ha presentato Haos per pianoforte solo. Un brano di forte tensione che da pochi suoni isolati gradualmente si infittisce insistendo sempre più verso gli acuti che diventano l’ossessivo martellare della sezione conclusiva. Lavoro molto complesso che la Messa ha restituito al meglio. La prima parte si è conclusa con Perspective d’un Escalier per fisarmonica sola che segna l’avvio di una collaborazione pluriennale fra l’Eutopia e il giovane compositore Bastien David.  Il pezzo è una ricerca attenta e originale sulle potenzialità timbrica della fisarmonica, strumento che gode di crescente attenzione da parte dei compositori più giovani. Ineccepibile l’esecuzione di Carlo Sampaolesi.

Poi i ”gruppi”.  Love story di Francesco Filidei impegna sette esecutori (nel concerto di ieri ridotti a sei), ognuno con un microfono e un rotolo di carta igienica. Niente provocazione, ha dichiarato illustrando il concerto Manzitti, ma solo una ricerca innovativa sul piano del “suono”: e i sei rotoli vengono o strappati, foglio a foglio, oppure percossi, o ancora si trasformano in potenziali strumenti a fiato. Una costruzione curiosa, organizzata rigorosamente sul piano formale e strutturale.

A una formazione più tradizionale (violino, fisarmonica, pianoforte e clarinetto) si è affidato invece  Vincenzo Parisi per il suo Surf’s down, esplorazione delle atmosfere siciliane popolari, con il pianoforte intento a cadenzare percussivamente in un contesto che tende ad abbracciare climi sonori differenziati.

Infine, ancora di Bastien David, Piece pour piano et 60 doigts: qui i sei esecutori (Matteo Manzitti, Stefano Guarnieri, Valentina Messa, Sebastiano Menardi, Edoardo Lega e Carlo Sampaolesi) circondano il pianoforte opportunamente “preparato” nella tastiera come nella cordiera con vari materiali tesi a modificarne sensibilmente il timbro e lo “aggrediscono” da più parti alcuni suonando i tasti (che solo nella tessitura centrale rispondono in maniera tradizionale), altri intorno alla coda, battendo con bacchette sul legno dello strumento o sulle corde, oppure sollecitando direttamente la cordiera con archetti o fili di naylon avvolgenti le singole corde. Un apparato di meccanismi decisamente originale e interessante per una composizione forse un po’ troppo dilatata.

Applausi calorosi e meritati per tutti.