Richard Strauss dedicò, come è noto, la parte iniziale della propria carriera compositiva al poema sinfonico che ebbe in lui, dopo Franz Liszt (inventore della forma), il più geniale cultore.
L’articolazione in un solo movimento lasciava al compositore una estrema libertà sul piano della architettura formale. E Strauss ne approfittò variando di volta in volta e passando dalla struttura a rondò alla forma-sonata al tema e variazioni. Quest’ultima soluzione si ritrova in Don Quixote che ieri sera al Carlo Felice ha costituito la parte principale del concerto inserito nella sinfonica e affidato a Riccardo Minasi.
Strauss, magnifico orchestratore, ha raccontato la affascinante creatura di Cervantes in un’ampia partitura suddivisa in una introduzione, tema e variazioni (le peripezie del cavaliere errante) e finale. E ha creato due immaginari personaggi affidando a un violoncello solista la parte di Don Chisciotte e a una viola quella, secondaria, di Sancho Panza.
Pagina magnifica ricca di brio e vivacità, ma anche di un lirismo toccante con il quale il compositore tedesco rende l’anima sognante del protagonista, un cavaliere d’altri tempi.
A dare voce ai due protagonisti Riccardo Agosti, primo violoncello dell’Orchestra genovese e l’ottimo Antonio Bossone, viola. Tecnica ineccepibile, intonazione perfetta, Agosti ha regalato una lettura di forte intensità grazie a un suono sempre controllato ed elegante, con slanci lirici di profonda suggestione.
Minasi, sul podio dell’Orchestra, ha diretto con vigore, ben seguito da tutta l’orchestra impegnata in una partitura certamente ostica.
Applausi calorosissimi per tutti.
Meno interessante, a nostro parere, la prima parte del concerto, aperto dalla Sinfonia n.60 di Haydn, Il distratto. Un lavoro anomalo: ideato come musiche di scena per una commedia, è articolato infatti in sei movimenti invece che nei tradizionali quattro. Non è fra i capolavori del grande compositore, tuttavia ha momenti godibili, fra i quali si evidenzia l’Adagio di notevole raffinatezza. La lettura di Minasi è parsa a tratti un po’ irruente e precipitata: “Fiato alle trombe, Turchetti”, diceva anni fa un celebre presentatore in TV e Minasi ha a nostro parere un po’ calcato qua e là sui fiati. Una gag in apertura dell’ultimo tempo (il direttore che ferma i primi violini volutamente scordati e poi riprende l’esecuzione) è stata realizzata in maniera così frettolosa da disorientare il pubblico che non ha neppure capito cosa stesse accadendo. A seguire in prima nazionale “Sound and foury” della compositrice Anna Clyne, un lavoro che risale a pochi anni fa e che trae alcuni materiali sonori proprio dalla sinfonia haydniana. Il titolo deriva invece da alcuni versi shakespeariani dal Macbeth che sono echeggiati in sala durante la parte conclusiva del lavoro. Una partitura nel complesso scorrevole, fortemente ancorata alla tradizione, forse un po’ ripetitiva nel suo sviluppo.