Carlo Felice: Speranza Scappucci fra Mendelssohn e Verdi

Speranza Scappucci è tornata ieri sera sul podio del Carlo Felice per la stagione sinfonica. Una serata, purtroppo, rattristata dalla notizia, arrivata durante l’intervallo (e comunicata dal sovrintendente Claudio Orazi al pubblico) della improvvisa morte di una componente dell’orchestra genovese, la violista Luisa Giongo alla quale è stata doverosamente dedicata la seconda parte dello spettacolo.

Programma nettamente diviso in due sezioni, non solo per la scelta di due autori alquanto lontani uno dall’altro, ma anche per l’esito certamente differente.

Ha convinto pienamente il secondo tempo del concerto con Le quattro stagioni, la musica per il balletto che Verdi dovette comporre per  I vespri siciliani, la sua prima esperienza nel grand-opera francese in cui l’inserimento di momenti di danza era obbligatorio.

Musica d’occasione, fra slanci lirici e quadri ampiamente sonori che la Scappucci ha restituito assai bene con vigore, autorevolezza, ben assecondata dall’orchestra in cui si sono messe in luce alcune prime parti (dalla clarinettista Valeria Serangeli al flautista Flavio Alziati all’oboista Guido Ghetti).

L’avvio del concerto era invece dedicato a Mendelssohn. In apertura la Sinfonia n.10 appartenente ad un gruppo di tredici sinfonie per archi che l’illustre compositore tedesco scrisse fra il 1821 e il 1823, quando aveva fra i 12 e i 14 anni. Partiture  ingenue per certi aspetti, ma stupefacenti se si pensa, appunto, all’età dell’autore che dimostra di possedere già un bagaglio tecnico di prim’ordine. La lettura è parsa piacevole e ben strutturata nel primo tempo (Adagio), un po’ troppo affrettata, forse, nel secondo (Allegro) in cui certi fraseggi sono risultati non sufficientemente scanditi e nitidi.

Poi, ancora di Mendelssohn,  l’interessante salmo 42  Wie der Hirsch schreit nach frischem Wasser per soprano, coro e orchestra. Un’opera di forte tensione che denota l’importanza attribuita alla produzione sacra da parte di Mendelssohn. Intensa la parte corale, elegantemente lirica quella del soprano, il tutto sostenuto da un’orchestra quanto mai ricca e varia di soluzioni espressive. Mendelssohn lavora con attenzione sul testo e lo illumina attraverso un equilibrato utilizzo della vocalità, corale e solistica. La Scappucci ha lavorato assai bene, cercato di mantenere un difficile equilibrio fra voci e orchestra, anche se qua e là si è avvertita qualche sfasatura soprattutto negli interventi della sezione maschile della compagine corale. Molto brava la solista, il soprano  Jodie Devos.

Applausi finali calorosi.