Tutti in piedi, ieri sera al Carlo Felice, dopo che l’eco dell’ultima nota si era magicamente spenta, ad applaudire il pianista Andràs Schiff, protagonista di uno splendido recital.
Ospite della Giovine Orchestra Genovese, Schiff, uno dei maggiori interpreti di Bach del nostro tempo, ha proposto L’arte della fuga, ovvero lo straordinario “testamento spirituale” del grande compositore tedesco che lasciò l’opera incompiuta sull’ultimo tema avviato da quattro note (si bemolle, la, do, si naturale): tradotte nella notazione alfabetica danno il nome BACH.
Nell’Arte della fuga Bach partendo da un soggetto “semplice” ha costruito un incredibile “manuale” di contrappunto sviscerando le molteplici potenzialità cui si può sottoporre un tema sul piano contrappuntistico. Opera di una complessità notevole che richiede, come ha affermato all’inizio Schiff, un profondo impegno intellettuale e spirituale non solo all’esecutore, ma anche a chi ascolta. In effetti eseguire l’Arte in concerto è senza dubbio rischioso; richiede da parte dell’interprete una lucidità esecutiva esemplare, unita al “coraggio” di osare, di guardare a Bach con una mentalità critica, rispettandone il rigore architettonico, ma rileggendolo in una visione aperta.
Schiff ha regalato una lettura di alta classe. Il controllo della struttura contrappuntistica è totale, il che consente una perfetta sottolineatura del rilievo tematico; l’ampia gamma di dinamiche poi fa sì che l’artista passi da pianissimi a sonorità più sforzate, salvaguardando tuttavia sempre la qualità del suono, il suo colore pieno e nitido.
Il concerto si era aperto in maniera inusuale. Schiff ha letto il primo “Contrappunto” e poi si è fermato e ha illustrato l’opera bachiana, riprendendo anche severamente qualcuno del pubblico “indisciplinato” (colpi di tosse, starnuti ecc.) tanto da minacciare, pur pacatamente, di non suonare. Una “lezione” su Bach senza dubbio pregevole, ma pur nel rispetto di un grande artista qual è Schiff se invece di 30 minuti fosse durata 15 con qualche, stringato esempio alla tastiera delle tecniche usate da Bach, senza descrivere minuziosamente tutte le parti che compongono la preziosa opera, forse sarebbe stato più utile e formativo per la platea.