La crisi dei teatri: parlano i cantanti (prima puntata)

La pandemia da coronavirus con la conseguente obbligata chiusura di ogni attività artistica dal vivo ha messo in crisi un intero settore produttivo  e creato notevoli difficoltà a molti lavoratori dello spettacolo. Del problema il nostro giornale si è già occupato il 2 maggio scorso con un’intervista alla presidente di Assolirica, Rosanna Savoia. Data la gravità della situazione, torniamo ora sull’argomento con un servizio in due puntate, dando voce a otto cantanti lirici genovesi, ascoltati da Clarissa Leonardini e Bianca Liuzzo.

Un suo giudizio sulla situazione attuale?

Francesco Meli: troppa incertezza e molta paura per il futuro

In questo momento indubbiamente c’è un clima di forte incertezza. Molti colleghi vivono in una situazione di grande difficoltà, anche perché molti di coloro che fanno questo lavoro conducono una vita normalissima, con uno stipendio normale. Certo, chi ha carriera un po’ più importante, come posso essere io, è un po’ più al sicuro, però se si deve stare a casa un anno le cose cambiano. Al momento non ci sono linee guida, il governo e il ministero si stanno muovendo per cercare almeno di dare un sostegno ai lavoratori dello spettacolo e ora in modo particolare agli enti lirici e ai liberi professionisti del teatro d’opera. Abbiamo inoltre un’associazione di categoria, Assolirica, che sta cercando in vari modi di portare avanti le problematiche dei cantanti lirici. 

Serena Gamberoni: ripensare i contratti e i diritti di immagine   

Ritengo che in questo momento non possiamo pensare solo al nostro lavoro e voler riaprire i teatri ad ogni costo, perché la situazione è rischiosa per tutti. Certo, ci arreca un grande dolore e un grande danno, però occorre mettere da parte il nostro lato egoistico a favore di quello comunitario. Naturalmente non ci aspettavamo una situazione del genere, e il mondo della lirica ne è rimasto molto scosso, anche perché il nostro rapporto con i teatri è regolato da una normativa molto vecchia: se un evento viene cancellato per cause di forza maggiore viene annullato tutto il contratto, senza alcun tipo di tutela. Tra l’altro nel corso degli anni abbiamo firmato sempre più contratti che non prevedono alcun compenso nel caso in cui le opere venissero trasmesse via radio o televisione, al contrario di quanto avveniva precedentemente. A questo nessuno si è opposto, o coloro che si sono opposti non sono stati supportati da tutta la classe dei cantanti lirici. Per questo motivo anche se credo che sia giustissimo che si faccia uso dello streaming in questo periodo, dovrà tornare ad essere realizzato parallelamente a ciò che viene fatto in teatro e non in sostituzione, e sarà necessaria una revisione delle clausole per la tutela dell’immagine e della professionalità degli artisti. Ad ogni modo lo streaming rimane uno strumento utilissimo, e a tal proposito il team della webTV del teatro Carlo Felice, che è stato il primo teatro in Italia a dotarsi di uno streaming 10 anni fa, sta facendo un bellissimo lavoro: sono tutti volontari che lavorano all’interno del teatro (io sono una di questi), e durante la quarantena abbiamo offerto una “conduzione a distanza” delle opere, in cui sono state anche effettuate interviste al cast in videoconferenza.

Silvia Piccollo: ricordarsi che l’Italia è musica e arte

Temo che non ci fossero molte alternative. Essere a capo di uno Stato, dover prendere decisioni tenendo conto di una quantità di fattori che noi non conosciamo deve essere molto difficile. Mi dispiace che ci sia stata poca considerazione, almeno a livello verbale, degli artisti e dei musicisti, dei lavoratori dello spettacolo. Si sono preoccupati di far riprendere le attività che a giudizio generale vengono considerate indispensabili. Però l’Italia è basata sulla cultura, sulla musica, sull’arte. Queste non sono cose da lasciare in secondo piano. Mi dispiace e spero che si possa cambiare idea, confido che tutto questo duri un tempo limitato. Noi forse, per il lavoro che facciamo, siamo più abituati di altri mestieri a stare senza lavoro. Scegliamo questo mestiere perché siamo una branca di ottimisti. Siamo abituati a vederci saltare i lavori, a chi ha un lavoro fisso questa situazione fa mancare l’aria, per loro è molto più destabilizzante. Forse per questo abbiamo un piccolo vantaggio ma ciò non toglie che per ora siamo i più sfortunati di tutti, i più penalizzati in assoluto.

Elena Belfiore: abbandonati dalle istituzioni

L’abbandono nei nostri confronti da parte delle Istituzioni è  il segno che durante questo periodo il nostro cantare da casa, far sentire la nostra voce in ogni modo e con gli unici mezzi a disposizione in questo momento, ossia i social e i media, sia controproducente, non stia portando a far capire perfettamente l’importanza della nostra categoria. Quello che il pubblico vede quando si apre il sipario è il risultato del lavoro di professionisti che abbracciano una quantità indescrivibile di settori lavorativi. Una produzione teatrale innesca l’attività di un elenco straordinario di professionisti: impiegati, operai, attrezzisti, scenografi, falegnami, disegnatori, elettricisti, fabbri, trasportatori ecc… fino ad entrare nello specifico dei lavoratori dello spettacolo: registi, direttori di scena, mimi, truccatori, comparse, attori, maestri d’armi, stuntman, danzatori, artisti del coro e altre centinaia di discipline. Il “silenzio” a tempo indefinito a cui siamo costretti causa inesorabilmente la nostra rovina personale dal punto di vista artistico ed economico, annulla la dignità e il rispetto per la nostra disciplina, ma provoca inevitabilmente il crollo di una macchina produttiva di vitale importanza per il nostro Paese. Il nostro silenzio quindi non porta solamente una carenza vitale all’animo dell’umanità e al settore della cultura ma si concretizza nella mancanza di un traino fondamentale per l’economia del paese.

Francesca Benitez: per noi da sempre mancanza di tutele

Questa è una situazione limite a cui non potevamo essere pronti, una situazione di emergenza nel vero senso della parola. C’è da dire che la mia categoria non era tutelata già prima di tutto questo. Noi artisti non ci preoccupavamo delle falle dei nostri contratti, del nostro sistema. Questo lockdown ci ha dato la possibilità di riflettere. In Italia, quando vieni assunto per una recita, non percepisci niente per il periodo delle prove e devi anticipare tutto quello che riguarda la vita, l’alloggio e i trasporti. Questo momento ha portato alla luce tutti questi problemi che già esistevano ma a cui non davamo importanza fintanto che si lavorava. Io in questo periodo mi sono associata ad Assolirica, un’associazione nazionale volta a riunire e tutelare l’attività professionale degli artisti lirici. Spero che, anche attraverso questo canale, si riesca a sistemare le falle dei nostri contratti e a riscriverli, in modo che contengano un minimo di cautele soprattutto per quanto riguarda calamità naturali e pandemie. Bisognerebbe che anche i teatri si adeguassero a questa situazione di emergenza, i 600 euro per i lavoratori autonomi sono un aiuto, per chi ha la fortuna di rientrare nei requisiti, ma la nostra categoria non può pensare di andare avanti così dato che non si sa quando i teatri potranno riaprire.

Fabio Armiliato: viviamo  in un mondo aleatorio

Questa è una delle situazioni più difficili in cui ci siamo mai trovati, che mette in ginocchio un
mondo già in crisi per mancanza di liquidità e di sostegno da parte dello Stato. Anche nella fase di
ripresa ci troveremo davanti a problemi di sopravvivenza, considerando che già abbiamo ritardi
nei pagamenti che arrivavano anche a 2-3 anni. Se non ci sono fondi e l’economia rimane
completamente ferma arriveremo di nuovo a tagli all’educazione, alla cultura e alla sanità, che
sono i pilastri fondamentali dello stato. Molti di noi fanno fatica ad arrivare alla fine di questo
periodo perché non siamo aiutati, gli artisti non sono presi in considerazione dai provvedimenti. Io
dovevo fare una produzione in America di “Pagliacci” che è stata cancellata a causa
dell’emergenza e mi sono arrivati subito i soldi che un sindacato americano garantisce in caso di
eventi cancellati per cause di forza maggiore. Qui in Italia invece non arrivano neanche i soldi
promessi per le Partite Iva. Soprattutto sono i giovani cantanti che fanno fatica ovviamente,
magari chi ha fatto una bella carriera è in una situazione economica migliore, ma il nostro è
comunque un mondo aleatorio, può andarti bene per alcuni anni e poi no, anche a seconda dello
stato di salute. Le problematiche che abbiamo di fronte sono di difficile soluzione. E definire la
situazione “drammatica” è riduttivo.

Gianni Mongiardino – Ingiusto il trattamento riservato al mondo della cultura

Io credo che noi cantanti siamo persone fortunate perché facciamo il lavoro che ci piace ma trovo ingiusto il trattamento che lo Stato ha riservato al mondo della cultura. Centinaia di artisti sono rimasti a casa, artisti con famiglie, che non solo non sono stati tutelati ma neanche presi in considerazione. Il disinteresse dell’opinione pubblica è stata la cosa che ha fatto più male, il non essere considerati, come se non esistessimo, come se tutto lo studio e i sacrifici non importassero a nessuno. C’è gente che dà la vita per questo mestiere, che ha voglia di donare sempre un’emozione in più. Io ho avuto paura di perdere tutto, essendo che il virus attacca a livello polmonare, ho pensato che avrei dovuto rinunciare alla cosa che più amo fare, perché la lirica è la mia vita. Per me, che sono un privilegiato, questo periodo è stato anche un momento di riposo, un momento per ritornare ad assaporare dei valori perduti, come il rispetto reciproco o il valore di un sacrificio per il bene comune. Sono sicuro che da tutto questo usciremo migliorati e rinforzati. Ora spero che, dopo tutto questo, anche tra colleghi ci sarà un sorriso in più, maggiore condivisione, maggiore voglia di dare qualcosa in più… È dura stare senza poter fare quello che ami.. però penso che la musica lirica possa guadagnare qualcosa da questo periodo di pausa. Questo periodo ha portato tanta energia positiva, voglia di rinascita, di ripresa, di riprenderci quello che ci è stato tolto: l’amore per questo mestiere e per le persone che vengono ad ascoltare. 

Lilia Gamberini: impossibile accedere persino al bonus

La situazione che si è creata è tragica ovviamente per tutti e in particolar modo per chi ha perso i propri cari, e li ha persi anche in modo terribile, senza poterli salutare ed assistere. Per quanto riguarda la questione legata agli artisti e allo spettacolo dal vivo la situazione è altrettanto drammatica, perché è venuta a mancare la fonte del nostro sostentamento. Tanti di noi si sono trovati ad essere in prova durante la pandemia, e una volta interrotte le prove senza arrivare agli spettacoli sono tornati a casa senza nulla di fatto. Questo perché il cantante lirico viene pagato a recita, e se per qualunque motivo, anche per cause di forza maggiore, le recite non vengono effettuate, non percepisce alcun compenso, al contrario di quanto succede all’estero. Nella drammaticità della situazione abbiamo la difficoltà di non avere alcun appiglio contrattuale o di natura sociale. Se si può trovare un lato positivo in questa vicenda, ritengo che sia il fatto che finalmente queste problematiche sono uscite fuori. E siamo in tanti ad averle nel mondo dello spettacolo, perché oltre a chi si vede in prima linea (cantanti, attori, ballerini, ecc.) c’è uno sterminato esercito di professionisti che concorrono a realizzare uno spettacolo dal vivo.

Esiste da 5 anni anche un’associazione, Assolirica, che è la prima e unica associazione di categoria riconosciuta da Ministero dello Sviluppo Economico. Ma siamo così poco considerati che non abbiamo nemmeno potuto usufruire del bonus da 600€ in quanto sono stati istituiti parametri che per molti di noi non sono applicabili. E bisogna anche tenere presente che nel nostro mestiere bisogna spendere molti soldi per mantenersi sul posto di lavoro prima che arrivi il cachet, quindi molti sono andati in perdita. Vorrei ricordare poi che abbiamo avuto anche ricadute per quanto riguarda l’insegnamento, i conservatori sono chiusi e ancora non si sa quando si potrà riaprire. Una parte delle lezioni può essere svolta online, ma per alcune materie questa strada è difficilmente praticabile, come nel caso del canto, in cui ci vuole un’appropriata percezione del suono che non è possibile a distanza.