La profondità di un rapper, Mike FC, (ri)parte da 40 giorni offline: il caso, per “vivere senza forzature”

Sparire per ricominciare. Quante volte ci è passato per la testa? Poi, a seconda del grado di coraggio o di incoscienza, si può fare. Se vi si abbina il tentativo di riavvolgere quel filo diretto con la natura e se, a tergo, c’è la pandemia 4.0 allora i risultati sono a dir poco fuori dal comune.
E’ il caso del  rapper genovese Mike FC, che uscirà sul suo canale YouTube il 2 aprile, per raccontare un isolamento di 40 giorni senza alcun mezzo di comunicazione.  Una vita offline in un mondo social (tanto più per gli artisti e per tutte quelle persone che hanno un “profilo” pubblico). Allora se non a caccia di like, nella vita vera ( o pre-Facebook, pre-Instagram e chi più ne ha più ne metta), dove si trova l’autostima? Non vogliamo scomodare  le distinzioni ta realtà e apparenza o il principio soggiacente e fondante di Kant, ma unire esperienza e musica, a partire dalla bellezza dell’entroterra ligure.

La sfida può già sembrare avvincente, ma a renderla ancora più particolare c’è un altro dettaglio. Mike è partito il 3 marzo 2020 e ha sotterrato il telefono, sapeva che le scuole in Liguria avrebbero riaperto nel giro di qualche giorno e che il Covid-19 non era considerato preoccupante.

Vivendo in un rifugio raggiungibile solo a piedi e senza strumenti di comunicazione, è rimasto ignaro della situazione nel resto d’Italia, venendo a sapere solo grazie a un paio di escursionisti che  nel mondo c’era una pandemia in corso.
 Durante i quaranta giorni Mike ha filmato la vita quotidiana, ha descritto le sensazioni vissute, le scoperte e gli esperimenti, per disconnettersi da quella che per tutti oggi è la normalità. In questo periodo il rapper ha scritto 6 canzoni,  un progetto compiuto sotto un simbolo chiaro e sentito: “Messaggio”. Cerchiamo di capirne di più senza svelare troppo…
Per recuperare il rapporto con la natura è necessario azzerare la tecnologia?
M. Credo che la tecnologia moderna non sia nemica della natura, tuttavia il suo utilizzo malsano può portare gli esseri umani a vivere più distaccati dall’ambiente che li circonda. L’utilizzo dei social network, a volte, ci porta a considerare le immagini che abbiamo davanti agli occhi non come un dono, ma come un’occasione da sfruttare per condividere un post di “successo”. Credo che non sia necessario azzerare l’uso di strumenti come smartphone e computer, ma essere in grado di metterli in pausa, almeno ogni tanto, può aiutare ad apprezzare la vita e la natura nel momento presente, in modo sublime e senza distrazioni.
 
Quali sono state le esperienze e le emozioni più significative della tua riscoperta?
M.Ci sono stati diversi momenti che definirei “magici”. Uno in particolare mi ha meravigliato. Era mattina e il sole stava per sorgere, ero ancora rannicchiato nel sacco a pelo, quando ho sentito dei rumori provenire dall’esterno. Parevano tonfi sordi, come se qualcuno stesse bussando alla porta, ma con gentilezza e con qualcosa di grosso. Sono uscito a vedere e ho trovato tre cavalli, bellissimi, che gironzolavano intorno alla casa e con il suono dei loro zoccoli mi avevano svegliato. Allora ho deciso di sedermi sul prato vicino a loro, insieme abbiamo aspettato che il sole sbucasse da dietro il monte. In quel momento mi sono sentito davvero in pace, immerso nella semplicità. Certamente la riscoperta delle cose semplici e del ritmo in sincronia con la natura mi hanno arricchito molto durante questa esperienza.
Come definisci questo videoracconto? Quali scelte registiche sottolineano la narrazione?
M.Il videoracconto ha uno stile lineare, che, a eccezione della parte introduttiva, segue l’evoluzione temporale dei quaranta giorni offline. Avendo praticamente vissuto in solitaria questa esperienza, ho filmato tutto da solo e per riprendere me stesso ho utilizzato un treppiede. Dunque non sono presenti sequenze di immagini “concitate”, ma trovo che questo stile permetta di immergersi meglio nel racconto. La narrazione comprende momenti di riflessione, musica e esperimenti vari (come il tentativo del sapone fatto in casa), tutto però connesso, in maniera più o meno visibile a seconda delle parti del racconto, dalla semplice e naturale voglia di vivere senza forzature.