Palazzo Ducale, al Festival Internazionale di Poesia l’omaggio a Charlie Parker

Tutto esaurito in poche ore per “Saxbird – Storia e leggenda di Charlie Parker” nell’ambito del Festival Internazionale di Poesia Parole Spalancate ed era ampiamente prevedibile vista l’originalità e la pregnanza dell’iniziativa nata da un’idea del direttore della kermesse Claudio Pozzani che si è prestato anche come voce recitante. Protagonisti con lui Stefano Guazzo (sax), Fabio Vernizzi (pianoforte), Riccardo Barbera (contrabbasso) e Rodolfo Cervetto (batteria).

Un modo per narrare d’un fiato l’ascesa di Charlie “Bird” Parker, dagli esordi nelle jam session a Kansas City fino ai successi e gli eccessi a New York, nei celebri locali come il Deuces o l’Onyx, tra biografia, aneddoti, sogni e tanta, tanta musica live e in streaming per accontentare tutti quelli che non hanno trovato posto. Il sassofonista afroamericano (Kansas City 1920 – New York 1955) ha fatto epoca: fu tra i fautori del movimento be-bop e uno dei mostri sacri del jazz moderno. Anzi, creò un vero e proprio mood di suonare e portare alla massima espressione il sassofono contralto. Come capita spesso ai geni di ogni comparto la sua vita è stata una summa di studio e di eccessi, tanto da diventare una icona “maledetta” per la beat generation.

E’ stato anche mitizzato dal cinema, da uno straordinario Clint Eastwood regista proprio per “Bird” senza alcuna via di mezzo: decise anche di adoperare le registrazioni originali di Bird con l’aggiunta postuma di accompagnatori moderni, visto che lo aveva ammirato quindicenne e non ne voleva sapere di reinterpretazioni.  “Nel centenario dalla nascita abbiamo fatto i topi d’archivio tra biografie, interviste e filmati  – spiega Claudio Pozzani- per cercare di condensarne l’essenza. Lui ha cominciato le prime jam session a Kansas City, poi Harlem, la West Coast, San Francisco, New York e ovunque ha portato la sua arte”.

Tra i brani a cui Pozzani è più legato “Anthropology”, con la sua progressione di accordi nata dagli spunti offerti da “I Got Rhythm” di  George Gershwin  e dai cosiddetti “cambi di ritmo”. Pozzani e la band si sono dunque prestati, durante la serata, a proporre un percorso che ha visto alternarsi, ma anche sovrapporsi, la narrazione recitata con taglio cinematografico del poeta, che ha immerso gli spettatori nei fumi dei locali dell’epoca, tanto la voce è riuscita a trasportare le emozioni in quei luoghi solo immaginati. Merito sicuramente condiviso dalla musica dell’ensemble, che ha sapientemente ricreato alcuni passaggi tipici del be-bop, appassionando tanto gli amanti del jazz quanto gli avventori che hanno affrontato la serata armati solo della loro voglia di poesia.

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