“La nuova vita delle Alpi”, quando la passeggiata è sia musicale sia letteraria

Una passeggiata tra le righe e tra il pentagramma, metaforica sì, ma in un luogo ricco di fascino e di storia come Maison Farinet, By, Ollomont. Succede il 6 agosto alle 16 in Valle d’Aosta per “La nuova vita delle Alpi”, produzione originale del Festival CHAMOISic 2019 inserita nel cartellone della kermesse ideata e promossa da genovesi Combin en Musique (prenotazioni al sito www.combinenmusique.com o al numero 3474909926).

La Conca di By si trova ad una altitudine media di circa 2000 mt . Un magnifico anfiteatro di pascoli verdeggianti circondato da maestose montagne tra le quali spicca il Grand Combin (4314 mt). Famosa per gli alpeggi tra i più belli della Valle d’Aosta mostra,  al centro della Conca che balza subito all’occhio,  i resti del Villaggio di By, dove tra le mura abbandonate delle case, delle stalle e della piccola cappella si percepisce il pulsare della vita contadina di un tempo.  Sul balcone panoramico affacciato sulla Valle di Ollomont spicca la Maison Farinet. Importante casa storica legata alle vicende di Ollomont e sede ogni anno di eventi culturali.

Qui si innesterà un evento condotto attraverso le parole dello scrittore, narratore e alpinista Enrico Camanni in unione con le suggestioni musicali del corno (Martin Mayes) e delle percussioni (Gigi Biolcati).

Nella vena creativa e divulgativa del famoso scrittore si riversano decenni di lavoro, decenni di esperienza. “Le Alpi hanno cambiato colore con l’avanzata della foresta e la ritirata della neve -testimonia Camanni- Cinquant’anni fa l’industria dello sci era una promessa di divertimento e benessere per tutti, adesso lo sci è spesso uno sport elitario e contro natura, le piste di discesa s’imbiancano a colpi di cannone e i poveri pagano la neve finta dei ricchi. Cinquant’anni fa il turismo portava la città in montagna, adesso i proprietari dei monolocali li ridarebbero indietro perché quasi nessuno vuole più svegliarsi in un guscio di cemento. Cinquant’anni fa la Val Maira e la Valpelline erano le cenerentole delle Alpi occidentali, adesso i turisti esigenti prenotano l’emozione del silenzio in Val Maira e in Valpelline. Cinquant’anni fa una gita in montagna era un viaggio incerto, adesso si parte sapendo che tempo fa e che maltempo farà. Possiamo chiamare l’elicottero in ogni momento: ‘Sono stanco, venitemi a prendere’. Si muore come prima ma incolpando la montagna assassina, perché il patinato mondo della safety and security non prevede zone d’ombra. L’unica avventura prevista è quella sicura, un controsenso”…

E’ l’evoluzione della storia, a volte anche la regressione. “L’imperativo del ‘tutto e subito’ ha fatto breccia nella millenaria prudenza dei montanari -continua Camanni- nella religione dell’alpe lenta e austera che verso la fine dell’Ottocento ispirava le parole dell’abbé Amé Gorret, prete ribelle della Valle d’Aosta: ‘il vero viaggiatore si distingue dalla sobrietà delle sue parole, dalle ridotte dimensioni dello zaino, dalla regolarità del passo e dal calcolo riflessivo e coraggioso dei rischi di un’escursione o di una scalata. Il turista novellino, invece, si fa notare per il numero e il volume dei suoi bauli, per il clamore dei suoi programmi e dei preparativi per la partenza, per le osservazioni scientifiche fuori misura, per il panico o la vanitosa imprudenza davanti al pericolo’. Gorret anticipava il tema del Novecento alpino: la propagazione della nuova cultura smaniosa e imprevidente, completamente inadatta all’ambiente montano, in grado di erodere in pochi decenni il tessuto della civiltà preesistente”.

Cosa resta dunque? Nelle parole di Camanni “La montagna non è la città e il gioco non regge. Gli ultimi decenni del Novecento dimostrano ampiamente che non si può portare la città in montagna, e nemmeno fare della montagna un museo. Serve una terza via, incarnata dalla Convenzione delle Alpi. La montagna dev’essere altro, ma nel cuore della nuova Europa. Ricordate il grido romantico della natura alpina contro il conformismo delle pianure? E se fosse ancora il senso della montagna? Se rimanesse quello il messaggio? Sono cambiati i tempi, i linguaggi e le generazioni, abbiamo riempito molti vuoti e dissipato troppa bellezza, ma ci restano quelle creste profilate come domande nel cielo. Ostinatamente provocanti, disobbedienti anche al nostro disincanto. Ne avremo sempre più bisogno”.

ATTENZIONE per frana l’evento è confermato, ma si terrà a Rey, area maneggio, sempre il 6 agosto alle ore 16.