Beethoven fra parole e musica

Il Festival paganiniano di Carro ha ospitato ieri sera nel suo interessante calendario un concerto dedicato a Beethoven. L’evento si è tenuto in collaborazione con il 3° Festival Musicale Varesino in occasione del 250° della nascita del compositore tedesco.
Svoltosi nella cornice di Varese ligure, nel Salone della Compagnia con doppio turno (alle 19 e alle 21), ha coinvolto Fabio De Rosa e Luca Arrigo, al flauto, Emanuele Delucchi, al pianoforte e Francesca Manfrin alle letture e ha visto la partecipazione di un caloroso pubblico. Intitolato An die unsterbliche geliebte (All’immortale amata), la serata ha alternato la musica di Beethoven con la lettura di estratti di lettere del compositore indirizzate alla misteriosa fanciulla di cui era innamorato e di cui ancor oggi non si conosce l’identità.

Ad aprire il concerto è stato il duetto WoO 26 in sol maggiore per due flauti che Beethoven ha dedicato all’amico J. M. Degenhardt nel 1792, un’opera giovanile dal carattere spiccatamente contrappuntistico reso chiaramente dal dialogo dei due flauti. A seguire la Sonata op. 30 n. 1, la prima delle 3 Sonate op. 30 per violino e pianoforte composte dal compositore tedesco nel 1802 ad Heiligenstadt, nei pressi di Vienna, parallelamente alla Seconda Sinfonia e ad altre importanti composizioni strumentali. Nonostante Beethoven vivesse in quel momento un periodo di profonda prostrazione interiore e di continui sbalzi d’umore dovuti alla scoperta della malattia e all’imminente sordità – com’è documentato nel Testamento di Heiligenstadt– nel carattere espressivo del trittico op. 30 non vi è traccia evidente del dramma esistenziale. In particolare la Prima Sonata in la maggiore è caratterizzata da un lirismo intenso e delicato, che richiama in qualche modo le atmosfere bucoliche della Pastorale.

L’esecuzione per flauto e pianoforte nella trascrizione di Louis Drouet, però, accentua le differenze di potenzialità sonora tra i due strumenti che a volte risultano poco equilibrati fra loro, complice anche un’acustica non ottimale.
Il programma è poi proseguito con la Patetica, Sonata n. 8 op. 13 per pianoforte composta tra il 1798 e il 1799 e dedicata al principe Lichnowsky. Nella tonalità di Do minore, qui Beethoven forza e supera i limiti tecnici ed espressivi naturali dello strumento, esternando magistralmente i turbinii tragici del suo animo in una partitura carica di pathos e drammaticità. L’esecuzione di Emanuele Delucchi ha reso brillantemente le note beethoveniane con il caloroso riscontro del pubblico.

A chiudere il concerto il duetto op. 82, nella trascrizione per due flauti e pianoforte di Delucchi, preceduto dalla lettura dei versi originali di Metastasio.

Giovedì Emanuele Delucchi tornerà ad esibirsi nella stessa sala, questa volta in duo con la pianista Valentina Messa, ancora per i due Festival  e ancora nel nome di Beethoven.