8 marzo: Isadora Duncan la rivoluzione nella danza

L’8 marzo 1917 a San Pietroburgo le donne scendono in massa in piazza per reclamare la fine della guerra. È la prima di una serie di proteste che porterà alla fine dello zarismo.  Non è certo ma è probabile che fra queste donne ci fosse anche la madre della danza libera, Isadora Duncan.

Uno degli aggettivi più appropriati per descrivere la ballerina americana infatti è rivoluzionaria, tant’è che svariati articoli o libri a lei dedicati presentano nel titolo la parola rivoluzione. Revolution contiene il lemma evoluzione ed il binomio rivoluzione – evoluzione è centrale nella sua poetica.

Analizzando questo personaggio, infatti, non si deve trascurare la fitta rete di rapporti con artisti, intellettuali di grande valore e tantissime altre figure di spicco della sua epoca, tutti ”rivoluzionari”. Gli stimoli che lei ricevette da queste personalità hanno sicuramente contribuito a plasmare la sua complessità e poliedricità artistica. Ne scaturiscono idee innovative in diversi campi: dalla posizione sociale della donna, al concetto di corpo.

La Duncan è l’iniziatrice della rivolta antiaccademica, ed il suo nome è legato ad una nuova forma di danza lontana dal virtuosismo del balletto classico di fine Ottocento e che cercava nuove strade. Con lei nasce la danza moderna in cui il corpo si muove rispettando nuovi canoni tecnici e espressivi, spinto dalla volontà di trovare un nuovo rapporto con lo spazio e con il tempo.

Una plastica figura di Isadora

 

Per Isadora la danzatrice del futuro sarebbe stata quella in cui corpo e anima armonicamente avrebbero espresso il loro linguaggio nel movimento corporeo, mostrando la forma ideale della donna. Tutto ciò dietro ad un’adeguata educazione che oltre a quella fisica comprendeva anche quella spirituale. Isadora sposava il pensiero del filosofo Jean-Jacques Rousseau. A piedi nudi, vestita di una semplice tunichetta di tipo greco, Isadora si atteggiava in movenze che aveva studiato osservando i bassorilievi dell’arte ellenica. Col suo nuovo tipo di danza  intendeva  proclamare una libertà di espressione lontana dagli artifici del balletto classico. Con questo suo nuovo modo di porsi si presentò come solista nei più importanti teatri del mondo.

E se l’America la accolse tiepidamente durante le tournées del 1909, 1911 e 1917, il vecchio continente le aprì invece le porte. Lenin in persona la volle a Mosca per realizzare un progetto artistico che fosse strutturale agli ideali della Rivoluzione d’Ottobre. Nella capitale Isadora si esibì instancabilmente e gratuitamente per il popolo russo impartendo lezioni di danza ai figli degli operai. Fondò anche una scuola di danza e nel  1922 divenne cittadina sovietica sposando il giovane poeta russo Sergéj Esénin.

Forse nessun altro nome nel panorama della danza moderna rappresenta così tanto, avendo lasciato in eredità così poco. Infatti non esiste alcuna sua coreografia. Non c’è traccia di una tecnica che si possa codificare ed insegnare.Di lei resta un ricordo romantico e affascinante: se n’è andata all’imbrunire del 14 settembre del 1927 quando, sulla Promenade des Anglais a Nizza, Benoît Falchetto, un pilota automobilistico italo-francese, suo amante del momento, le offrì il posto del passeggero sulla sua Bugatti. Il resto è noto a tutti. Prima di salire in macchina pronunciò queste parole profetiche “Adieu, mes amis. Je vais à la gloire!”(Addio, amici miei, vado verso la gloria!). E gloria fu.

Sicuramente questo modello dirompente di artista merita una dedica per la Giornata della Donna dell’8 marzo.