Vivere della propria musica dagli otto anni in poi non era scontato, tanto più per una donna. Nell’epoca barocca compositori e interpreti erano integrati nelle corti o nelle istituzioni religiose: Elisabeth Jacquet de La Guerre rappresenta un’eccezione anche in questo caso. Instancabilmente fu dedita ad attività compositive, editoriali, con un modello di management di se stessa che all’epoca non aveva forse uguali.
Certo, si sposò, riuscendo ad ottenere un minimo di tranquillità, ma per tutti restava la bambina prodigio apprezzata dal Re Sole mentre suonava, cantando, il clavicembalo. Già così giovane riusciva ad eseguire spartiti complicatissimi e, secondo fonti storiche, nel 1677, era in grado di comporre magistralmente ed eseguirli in tutti i toni che le venivano proposti.
L’attività compositiva la assorbì in modo assoluto dal 1680, tra i pezzi più conosciuti basti ricordare il balletto Les Jeux à l’Honneur de la victoire (in omaggio alla conquista francese di Mons) o le sonate in trio e due per violino e basso o ancora il secondo libro di pezzi per clavicembalo del 1707 ripartito in due suite e in sei sonate per violino e clavicembalo. Di riguardo anche anche le tre Cantate profane con strumenti, dedicate a Massimiliano II Emanuele .
La compositrice, clavicembalista ed organista Elisabeth Jacquet de La Guerre rimase sempre indipendente, fino all’ultimo, morì il 27 giugno 1729 a Parigi.
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