Il mito del tenore: Jonas Kaufmann

Il mito del tenore nasce con il passaggio storico dall’opera del periodo classico all’opera romantica e post-romantica: propiziato, tale mito, da autori che vanno da Bellini a Donizetti, da Verdi a Puccini, ma anche da Wagner ai propugnatori italiani del wagnerismo che trionfarono sotto l’etichetta di “giovine scuola italiana”. E datosi che il repertorio mondiale dell’opera – tra la fine Ottocento e tutto il Novecento – era dominato soprattutto dall’operismo romantico e post-romantico italiano e dai suoi interpreti, fu proprio il repertorio consolidato a trascinare con sé il mito del tenore, anzi del tenore italiano o di scuola italiana. Si potrebbe dire di più: il tenore italiano costituì (costituisce anche tutt’oggi) lo zoccolo duro della vocalità amata dal pubblico popolare: da Rubini a Tamagno, da Caruso a Gigli, da Del Monaco a Di Stefano, da Barioni a Bergonzi, l’elenco dei grandi potrebbe continuare… tanto che il mito del tenore italiano è rimasto predominante fino a Luciano Pavarotti.

Anche eccelsi tenori nati in altri paesi europei furono tenori all’italiana: basti citare fra tutti gli spagnoli Alfredo Kraus e Miguel Fleta, o il polacco Jean De Retszke, o l’irlandese John McCormack, o l’austriaco Richard Tauber, o lo svedese Jussi Björling. Ma il predominio della popolarità rimase appannaggio del tenore italiano.

Con la scomparsa di Pavarotti si affievolisce notevolmente il mito del tenore italiano e come conseguenza (essendo il mito del tenore tuttora imperante nei gusti del pubblico popolare) prende quota il mito del tenore straniero ma che sa cantare all’italiana. E la vocalità, il modo di porgere, il protagonismo di questa tipica figura di cantante, continuano a essere accolti trionfalmente in tutto il mondo. Anche in Italia.

Ne sia testimonianza l’Arena di Verona che da diversi anni ha lanciato e perpetua un “Gran gala Placido Domingo”; e quest’anno – per la prima volta – anche un “Gran gala Jonas Kaufmann“. Spettacoli che hanno richiamato un pubblico numeroso, da tutto esaurito. Ciò è importante per il botteghino del teatro all’aperto più grande del mondo, ma segna anche il passaggio di testimone (irreversibile?) dal mito del tenore italiano al mito del tenore straniero che sappia cantare all’italiana.

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Scontato che Domingo è passato al registro baritonale forse definitivamente (finché la sua forte tempra glielo consentirà) e che quando smetterà di cantare continuerà come direttore d’orchestra, non c’è dubbio che il mito imperante del tenore sia oggi universalmente quello di Jonas Kaufmann, un tenore “all’italiana” che ha saputo trasporre con efficacia e successo la sua stupefacente vocalità anche nella prassi dell’helden-tenor di impostazione wagneriana. Oggi Kaufmann può cantare il repertorio italiano e quello austro-tedesco (e pure quello francese) con efficacia in ogni caso, perché unisce al miracoloso dono di natura di cui è dotato, anche l’intelligenza musicale che lo caratterizza.

Dunque il debutto di Kaufmann in Arena (che equivale a dire la sua definitiva consacrazione presso le folle popolari) ha avuto successo perché, come vuole la tradizione, sa “cantare d’amore” sia che adoperi tutti i colori e le tecniche della mezzavoce, del canto morbido e suadente o dell’acuto disperato o veemente, sia che si impegni nei passaggi di registro più impervi, che lui sa risolvere con musicalità, intonazione e tecnica ineccepibili. Del resto la voce del tenore (e di Kaufmann in particolare) in quanto la più acuta fra i registri maschili dell’opera, ha degli aspetti di voluttà e di languidezza che non possono essere ascritte al baritono o al basso; e per questo è diventato il personaggio amoroso per eccellenza: ciò ha fatto colpo (e continua a fare colpo) sul pubblico femminile che è l’altra metà del mondo (almeno in occidente); e di converso questa vocalità rappresenta, per il pubblico maschile, la massima espressione enfatica dell’eroismo o del furore: fremiti – questi – di ogni moto insurrezionale o di conflitto civile (quindi il non plus-ultra della mascolinità o, se vogliamo, del maschilismo dominante).

Ritornando al personaggio, all’artista Jonas Kaufmann, nato a Monaco di Baviera in Germania il 10 luglio 1969, annotiamo che la sua biografia racconta che egli debuttò come tenore belcantista (Tamino nel Flauto magico di Mozart) cominciando la sua carriera allo Staatstheater di Saarbrücken nel 1994, all’età di 25 anni; venne poi immediatamente invitato per altri debutti in importanti teatri tedeschi, tra cui il teatro dell’opera di Stoccarda e l’Opera di Amburgo.

In Italia ha cantato per la prima volta nel 1997 al Piccolo Teatro di Milano per l’ultima, geniale produzione di Giorgio Strehler: il Così fan tutte, sempre di Mozart.

Ma la consacrazione italiana è molto più tardiva, risale al 2009, quando il Teatro alla Scala lo chiama per interpretare un eccellente Don José nella Carmen di Bizet, a cui seguiranno – sempre alla Scala – un Cavaradossi della Tosca di Puccini (2011) e  un Lohengrin di Wagner nel ruolo eponimo, all’inaugurazione scaligera del 2012. In seguito (nel 2020) si è fatto avanti anche il Teatro di San Carlo di Napoli, impegnandolo nel ruolo di  Radames dell’Aida di Verdi, autore quest’ultimo che Kaufmann ha interpretato diverse volte in Italia e nel mondo come tenore della Messa da requiem.

Importanti per la sua popolarità e la sua carriera italiana anche i recital e i concerti effettuati, che hanno toccato città italiane come Milano, Roma, Bologna e – ultimamente – Verona.

Dal punto di vista dell’evoluzione stilistica, abbiamo in Kaufmann un esempio di come, partendo all’età di 25 anni con una vocalità specificamente mozartiana o comunque adatta all’opera del periodo classico (Mozart, Rossini, Beethoven) sia gradualmente poi passato ad autori romantici e tardoromantici per approdare nel contempo anche a Wagner e ai veristi italiani della “giovine scuola”, fino a far diventare l’ostico Andrea Chénier di Umberto Giordano uno dei suoi cavalli di battaglia. Il 21 febbraio 2017 Kaufmann è stato eletto nuovo Accademico Onorario di Santa Cecilia in Roma.

Poche le notizie sulla sua vita privata: è di dominio pubblico che Kaufmann è stato sposato con il mezzosoprano Margarete Joswig fino al 2014; e dal 2018 è sposato con la regista d’opera Christiane Lutz; ha avuto tre figli dalla prima unione e uno dalla seconda.

All’Arena di Verona, durante il “Gran gala Jonas Kaufmann” di martedì 17 agosto 2021, insieme al soprano austriaco Martina Serafin e sotto la guida del suo direttore ormai storico e ovviamente fedelissimo, Jochen Rieder, ha ottenuto un successo di pubblico che lui ha saputo apprezzare e compensare con la concessione di una cinquina di bis fuori programma. Tanto per consolidare l’intramontabile mito del tenore.