Euripide: la guerra di Troia vista dalle sconfitte

Lascia ch’io pianga/ mia cruda sorte,

e che sospiri/la libertà.

Sono i primi versi di una stupenda aria-lamento di Haendel, inserita nella sua opera Rinaldo.

La pagina haendeliana, struggente nella sua semplicità espressiva apre e chiude Troiane, la tragedia di Euripide da ieri sera in scena al Teatro Duse.

Prodotta dal Centro Teatrale Bresciano, nell’adattamento e nella traduzione di Angela Demattè, con la regia di Andrea Chiodi, Troiane è una grande tragedia nella quale Euripide rilegge la guerra di Troia dall’ottica dei vinti, mettendo in scena quattro donne condannate ad essere trattate come bottino per i vincitori: Ecuba , Andromaca, Cassandra, Elena. Travolte dal destino, ma fiere e coraggiose nell’andare incontro alla loro sorte. Un forte contrasto con la viltà dei greci vincitori che non mostrano alcuna umanità, arrivando a strappare ad Andromaca il figlio avuto da Ettore e a ucciderlo per troncare la dinastia dell’eroe scomparso. Per gli ateniesi che videro le prime rappresentazioni di Troiane le parole coraggiose e austere delle donne vinte suonavano anche come forte critica a quel che pochi mesi prima il loro stesso esercito aveva fatto con gli abitanti dell’isola di Melo, assoggettata, perseguitata con episodi di barbarie non dissimili da quelle dei cosiddetti eroi greci della guerra di Troia.

E l’antimilitarismo di Euripide, del resto, appare ancora oggi tremendamente attuale, ancor più in questi giorni di tensione e di attesa per quel che succederà in Ukraina.

Questo senso di attualità si ritrova appieno nello spettacolo che Chiodi ha ambientato nella contemporaneità, con una scenografia minimale, puntando tutto (e del resto il testo di Euripide non implica particolari azioni, è essenzialmente statico, interamente giocato sulla parola e sulle reazioni emotive delle donne cui spettano, una dopo l’altra, intensi monologhi) sulla caratterizzazione dei singoli personaggi.

Bella l’idea di far scorrere sul fondale, di tanto in tanto, una parte di testo che narra la presa di Troia e che coinvolge una coralità di voci recitanti. E bella l’idea di proiettare sul fondale i volti delle donne, in particolare il monologo di Elena, la bella, la causa della guerra e di tanta tragedia

Ottimo il cast. In primo piano Elisabetta Pozzi, Ecuba, attrice di grande esperienza, abile nel restituire una donna dalle diverse sfumature, vinta ma non domata, travolta dal dolore, ma ancora capace di reagire. Una interpretazione intensa interamente giocata sulla duttilità della voce, del ritmo narrativo.

Al suo fianco bene anche Graziano Piazza (Taltibio), Federica Fracassi (Cassandra), Francesca Porrini (Andromaca), Alessia Spinelli (Elena).

Teatro affollatissimo e applausi interminabili con una sorpresa finale per la Pozzi che proprio ieri festeggiava il suo compleanno: gli allievi della Scuola di recitazione (della quale è direttrice artistica) si sono radunati sotto il palco per offrirle un bel mazzo di fiori e una torta (dall’aspetto davvero invitante) con una grande candelina accesa.