Due Des Grieux per una bellissima Manon

Spettacolo meraviglioso l’opera lirica dove anche il meccanismo più collaudato e solido deve fare i conti con la fragilità umana.

Se ne è avuta una ennesima prova, ieri sera, al Carlo Felice.

Des Grieux, si sa, è un giovane del secondo Settecento dove ci si muove in carrozza e l’aria è limpida. Catapultato a fine Ottocento, in una società industrializzata, l’arrivo di un treno lo destabilizza e gli fa dimenticare persino la tenera Manon….

Al di là di ogni ironia, ieri sera il tenore Marcelo Alvarez ha abbandonato la scena nel primo atto di Manon Lescaut adducendo come causa l’eccessivo fumo prodotto dalla locomotiva. Un po’ di fumo, in effetti, c’era, ma, va detto, il celebre cantante si era mostrato in difficoltà già prima dell’arrivo del treno, concludendo in maniera approssimativa l’arietta “Fra voi belle bionde e brune”.

Calato repentinamente il sipario, per fortuna in teatro c’era il secondo tenore del cast, Riccardo Massi, che ha avuto pochi minuti per vestirsi e gettarsi nell’arena, certamente con un po’ di giustificato timore, ma anche con la consapevolezza di essere salutato come “salvatore” della serata. Così è stato e la sua prova è andata in crescendo fra applausi prima di stima e poi di convinta approvazione.

Una vecchia pagina di giornale che ricorda la Tebaldi in “Manon Lescaut” a Genova

 

Tutto bene, dunque, e lo spettacolo (coprodotto dal Teatro genovese con il San Carlo di Napoli, il Liceu di Barcellona e il Palau des les Arts di Valencia e dedicato alla memoria di Renata Tebaldi nel centenario della nascita) è risultato assai bello sul piano musicale e visivo.

Sul podio c’era Donato Renzetti, direttore di grande esperienza che conosce a fondo le insidie delle partiture pucciniane: una passionalità che può diventare eccessiva, un’orchestrazione esuberante che va tenuta a bada per non compromettere l’eleganza lirica del canto. La lettura di Renzetti è parsa impeccabile con un perfetto equilibrio fra buca e palcoscenico, con un’orchestra viva e reattiva e voci in bella evidenza. Splendida l’interpretazione dell’Intermezzo che resta fra le pagine più geniali di Puccini.

Il lavoro di Renzetti è stato favorito dalla buona prova dell’orchestra, del coro (preparato con la consueta bravura da Francesco Aliberti) e di tutto il cast.

Di Riccardo Massi si è detto: una prova lodevole in un contesto tutt’altro che semplice con momenti davvero belli specialmente nel terzo e quarto atto.

Una scena dell’opera con l’arrivo del treno

 

Maria Josè Siri è una Manon di grande classe, vocalmente sicura, capace di notevole duttilità espressiva, qualità fondamentale per rendere appieno un personaggio variegato e mutevole come quello pucciniano. Al suo fianco, Massimo Cavalletti ha vestito con autorevolezza i panni di Lescaut, Matteo Peirone è stato un Geronte sicuro, Giuseppe Infantino ha risolto felicemente la parte di Edmondo.

Bene la parte musicale, dunque, e bene anche l’aspetto visivo. La regia di Davide Livermore è stata qui ripresa da Alessandra Premoli. L’idea di base, assai originale, è stata quella di spostare il luogo della morte di Manon dall’inesistente deserto del Louisiana alla reale Ellis Island, l’isolotto che aperto nel 1892, fino al 1954 è stato il luogo di raccolta degli emigrati dall’Europa in entrata in America. L’azione è stata trasferita dunque dal secondo Settecento al 1892 e l’opera è preceduta da un brevissimo prologo in cui il vecchio Des Grieux (l’attore Roberto Alinghieri, perfettamente calato nella parte) torna a Ellis Island che sta per chiudere definitivamente e rivive la sua storia d’amore con Manon. In una sorta di flashback lo spazio di Ellis Island (immaginato da Livermore con Giò Forma) si trasforma via via negli ambienti che fanno da sfondo alla vicenda di Manon nell’arco dei quattro atti. E Livermore, spostandosi in avanti di circa un secolo deve concedersi qualche “licenza poetica”, ad esempio sostituendo la carrozza della ragazza con un treno a vapore (di lì il fumo denunciato da Alvarez). Spostamenti che non infastidiscono, anzi consentono una visione diversa della storia e regalano anche qualche momento di particolare suggestione: è il caso dell’Intermezzo durante il quale scorrono in video immagini di emigrati o nel finale quando calando il sipario il vecchio Des Grieux attacca la foto di Manon a un grande pannello in cui sono ricordati tanti altri protagonisti dei drammatici viaggi oltreoceano. Unica nota a nostro parere “stonata” è il secondo atto ambientato non in casa di Geonte, ma in una casa di piacere con la soppressione del. minuetto (non in partitura, naturalmente, ma nell’azione scenica) sostituita da un contesto narrativo alquanto discutibile.