Make music not war: riparte il Festival del Mediterraneo

Un vecchio slogan anni Sessanta recitava “Fate l’amore non fate la guerra”. Era l’epoca del Vietnam e alle immagini drammatiche provenienti dal fronte della guerra, i figli dei fiori opponevano balli e manifestazioni pacifiste.

In questi ultimi sessant’anni, purtroppo, l’umanità non è cambiata, le guerre non si sono mai fermate, si sono solo spostate geograficamente, investendo altri popoli, portando miseria e dolori in altri territori della nostra maltrattata terra.

Quello slogan rimane sempre tragicamente bello e illusorio.

Venerdì prenderà il via la XXXII edizione del Festival del Mediterraneo. E Davide Ferrari, direttore artistico della manifestazione e dell’Associazione organizzatrice, Echo Art ha scelto un titolo che rimanda a quello ricordato: Make Music not War. La musica come antidoto alla guerra, come una straordinaria opportunità per comunicare, per stare insieme

A rimarcare questa impostazione anche il logo scelto dal Festival, disegnato dall’artista messicano Pedro Reyes e rielaborato in 3D da Alessandro Ferrari: armi di guerra riutilizzate per costruire strumenti musicali.

La locandina del Festival

 

Durante la conferenza stampa di presentazione del Festival, questa mattina in Regione (presenti Jessica Nicolini e Barbara Grosso, in rappresentanza, rispettivamente della Regione) Davide Ferrari ha ricordato un’esperienza vissuta in prima persona subito dopo la guerra dei Balcani, quando con altri colleghi riuscì a formare un gruppo strumentale con elementi bosniaci e elementi serbi: all’inizio la tensione era palpabile, ma poi gradualmente la musica ha preso il sopravvento.

Un’esperienza analoga è stata realizzata, ed è ben nota, da Daniel Barenboim con la West-Eastern Divan Orchestra formata da musicisti provenienti dalla Palestina, da Israele e da altri Paesi arabi.

La musica, insomma, ha una potenzialità enorme: fare musica vuol dire accordarsi, mettersi insieme, unire il proprio “respiro” a quello degli altri. Musica, infine, anche come musicoterapia, un settore che Davide Ferrari coltiva da molti anni.

Il Festival del Mediterraneo è nato nel 1992 nell’ambito delle Colombiane come un’occasione di incontro fra le diverse realtà che si affacciano sul Mediterraneo e poi, nel tempo, si è allargato ad altri Paesi nell’ottica di una rete culturale e artistica sempre più ampia.

“Ad oggi – ha dichiarato – Ferrari – sono 88 i Paesi che hanno portato la loro musica e le loro tradizioni in una delle edizioni del Festival. E quest’anno ospiteremo per la prima volta artisti del Ruanda e dello Yemen”.

Una immagine dell’Elogio della caduta, lo spettacolo inaugurale (foto Fabio Zanone)

Il cartellone

Il nuovo cartellone prevede undici appuntamenti a partire da venerdì prossimo e fino al 21 ottobre.

L’inaugurazione sarà affidata (venerdì, ore 21 nel Chiostro del Museo Diocesano) allo spettacolo “Elogio della caduta” una nuova produzione di DEOS Danse Ensemble Opera Studio ed Echo Art: partendo dal presupposto che la caduta non è un’ineluttabile rovina, bensì un’occasione di crescita, lo spettacolo ideato da Nicola Bucci, Giovanni Di Cicco e Davide Ferrari si muove tra musica, danza e racconto per comunicare la preziosità del cadere e il piacere dell’arrendersi.

Il femminile sarà celebrato nei due successivi appuntamenti, pur con sfumature molto diverse. Drammatica la testimonianza di Dorothée Munyaneza che porterà in scena, sabato (ore 21, Giardini Luzzati) il dolore delle donne stuprate nelle zone di guerra.

Gioiosa, invece, la performance che domenica (piscina GoaBeach, ore 21) arriverà dal Camerun: “Azutuk” è il festoso suono dell’acqua e a proporlo sarà Loïs Zongo, accompagnata da voce e danze di Ashai Lombardo Arop e dalle percussioni di Lara Gardin, Benedetta Reuter e Veronica Sodini.

Akutuk Lois Zongo

 

Tra i due spettacoli, gli spettatori potranno lasciarsi accompagnare in un giro del mondo grazie alla “Formula + Afrolatin Connection”, domenica alle 16 a Forte Begato. La musica afrolatina del gruppo, i cui componenti arrivano da Senegal, Perù, Cile, Messico, Cuba e Italia, mescola le timbriche moderne – basso, batteria, chitarra elettrica e piano – a quelle tradizionali, ovvero marimba, cajon criollo, batá, bongo e congas, con il supporto di una sezione di voci e fiati. Contaminazione è la parola d’ordine, mentre è lo scontro-incontro fra passato e presente a sorreggere il dialogo tra Giappone e Corea, protagonista di “Crossing Borders”, in programma mercoledì 6 settembre alle 21 all’area archeologica dei Giardini Luzzati. Il produttore giapponese Shigeru Ishihara, alias Dj Scotch Egg, e la percussionista coreana Shin Hyo Jin fonderanno le loro melodie in un conflitto solo immaginario fra elettronica e ritmi antichi.

Il 7 settembre alle 20.30, nel chiostro del Museo Diocesano, il femminile torna protagonista con Ensemble Chakam: tre musiciste (Sogol Mirzaei, tàr e composizioni, Christine Zayed, ganun, voce e composizioni e a Marie-Suzanne de Loye viola da gamba), giunte da Iran, Palestina e Francia, propongono il frutto della loro unione artistica.

E’ invece dedicato ai bambini migranti lo spettacolo “Deriva mediterranea” in programma al Museo delle Culture del Mondo venerdì 15 settembre alle 18. Angela Alfieri, Leila Kerimova, Abdenbi el Gadari e Anna Giusto offrono un omaggio all’infanzia con una suite per piano, viola, guinbri e voci.

Propongono invece un viaggio in Giappone i due spettacoli ospitati dal Museo d’arte orientale E. Chiossone: venerdì 8 settembre alle 18 sarà Roberto Rossini, uno dei padri della performance italiana e artista visivo, a proporre l’azione estetico-rituale “KI”, dedicata all’energia vitale della medicina cinese. La performance, che coinvolge l’irruzione casuale del frinio di un grillo, animale di buon auspicio nelle culture orientali, si svolge in uno spazio delimitato e celebra appunto il KI, forza vitale che scorre in ogni organismo vivente. Il giorno dopo, sempre alle 18, toccherà al gruppo Kyoshindo trasmettere l’energia e la disciplina delle arti marziali nel concerto per taiko, il tamburo tradizionale giapponese.

Chiudono la rassegna due concerti speciali: sabato 16 settembre alle ore 21 al Tiqu, Teatro internazionale di quartiere, sarà protagonista la diaspora ebraico-yemenita con gli strumenti nati dai rifiuti di El Khat.

Sabato 21 ottobre, alle 20.30 al Teatro dell’Arca, all’interno del carcere di Marassi, la voce inconfondibile di Antonella Ruggiero si fonderà con le sonorità del Piazza Caricamento Ensemble in “Sconfinando”.

Antonella Ruggiero (foto Enzo Berti)