La Tosse celebra Calvino

Il mondo fantastico, ironico e anche malinconico di Calvino con i suoi personaggi straordinari carichi di umanità e di significati etici, è al centro della nuova produzione del Teatro della Tosse, in scena da ieri sera. Un’operazione ambiziosa e coinvolgente, quella di proporre I nostri antenati, trittico liberamente ispirato ai tre romanzi, Il Barone rampante, Il Cavaliere inesistente e Il Visconte dimezzato.

Sviluppato da un’idea di Laura Sicignano, il progetto, nel centenario della nascita dello scrittore, testimonia un legame profondo con un autore i cui testi hanno offerto molteplici suggestioni al  lavoro della Tosse anche in passato, a partire dal fecondo rapporto, artistico e personale, con Emanuele Luzzati, fino alla realizzazione de il Mistero dei Tarocchi di Tonino Conte,  che fu ispirato  da Il castello dei destini incrociati e La taverna dei destini incrociati.

Due gli aspetti interessanti e originali da evidenziare. Innanzitutto la scelta di affidare ognuno dei tre testi a un regista differente; e poi, l’idea di sfruttare i propri palcoscenici, ambientando ogni titolo in uno spazio diverso e creando dunque un “itinerario” teatrale.

Il Visconte dimezzato

Il pubblico, diviso in due scaglioni (con inizio rispettivamente alle 19,30 e alle 20,30), è stato accolto nella Sala Agorà/Claque dal bravissimo Enrico Campanati che, vestito da antico arciere, ha recitato un prologo (testo di Emanuele Conte); lì gli spettatori hanno assistito a Mal Visconte mezzo gaudio, testo e regia di Conte (autore anche con Luigi Ferrando di tutte le belle ed efficaci scene dell’intero spettacolo), ispirato al Visconte dimezzato e interpretato egregiamente da Pietro Fabbri, Antonella Loliva e Matteo Traverso.

Il cavaliere inesistente

 

Poi gli spettatori sono stati guidati nel “Luzzati Lab” dove Valentina Picello ha interpretato Pagina liberamente ispirato al Cavaliere inesistente, regia e drammaturgia di Giovanni Ortoleva autore con Riccardo Baudino anche dell’adattamento del testo. Infine, nella sala Trionfo “rovesciata” (pubblico sul palcoscenico, attore in una struttura lignea sospesa a rappresentare la foresta di Cosimo), Il Barone, regia e adattamento di Laura Sicignano con Alessio Zirulia.

Il barone rampante

Tre registi, dunque, tre modi di fare teatro: se Emanuele Conte ha sia pure sinteticamente ripercorso la vicenda del Visconte, in uno spazio scenico ben giocato con il pubblico posizionato in mezzo a due postazioni, Ortoleva ha estrapolato dal Cavaliere inesistente un momento di particolare suggestione creativa nel quale Calvino indugia sulla “scrittura” (e la scena era una grande pagina bianca aperta) e, infine, Laura Sicignano ha posto l’accento su alcuni momenti essenziali del Barone autocondannatosi a vivere sugli alberi con particolare attenzione al drammatico epilogo. Dunque, tre tipologie drammaturgiche: un racconto a tre attori con l’aiuto di proiezioni e di materiali di scena, un monologo tutto interiore (bravissima Valentina Picello) giocato sulla parola, ma anche su una gestualità rigorosamente misurata e un altro monologo, invece, più dinamico, in un rapporto stretto con l’ambiente circostante, dagli alberi all’altalena fino alla mongolfiera che appare su in cima alla sala (altrettanto bravo Alessio Zirulia). Uno spettacolo di forte comunicativa, in un libero rapporto con i testi originali. L’unico appunto è il mancato collegamento fra un evento e il successivo: il pubblico esce da una sala e nello spostamento si rischia di perdere il senso dello spettacolo nella sua unitarietà.  Forse per creare davvero un gioco immersivo nelle atmosfere di Calvino, sarebbe stato utile, così come si è pensato al prologo, immaginare dei “passaggi” recitati fra un atto e l’altro, per costringere gli spettatori a rimanere psicologicamente dentro il gioco teatrale.

Bravissimi tutti gli attori calorosamente applauditi al termine delle pieces. Repliche fino al 26 novembre.