Premio Internazionale Ivo Chiesa: ecco i vincitori della quarta edizione

Glauco Mauri, Cristina Parku, Serena Sinigaglia, Leo Muscato, Peeping Tom, Es Devlin, Tommaso Le Pera, Siro Ferrone, Carla Signoris, Davide Iodice. Sono questi i vincitori della quarta edizione del “Premio Internazionale Ivo Chiesa – Una vita per il teatro”, a cui si aggiungono il Premio speciale del Presidente di Giuria, che Gad Lerner ha assegnato alla memoria dell’attore palestinese Abraham Saidam, rimasto vittima dei bombardamenti a Gaza, e il Premio Speciale del Presidente del Teatro Nazionale di Genova, consegnato da Alessandro Giglio ad Angelo Pastore, che ha diretto il Teatro Nazionale di Genova dal 2015 al 2019.

Nato su impulso dell’attuale direttore del Teatro Nazionale di Genova Davide Livermore per ricordare la memoria di Ivo Chiesa, impresario, organizzatore, critico teatrale, drammaturgo, direttore del Teatro di Genova dal 1955 al 2000, unanimemente riconosciuto come uno dei padri del teatro pubblico italiano, il Premio, articolato in dieci categorie, dà riconoscimento a ogni forma di vissuto teatrale – dai registi agli impresari, dai costumisti agli scenografi, dai compositori agli studiosi, dai tecnici ai pedagoghi – abbracciando prosa, opera e danza e rimarcando la profonda adesione tra vita e teatro, tra identità privata e ruolo pubblico, tra scelte esistenziali e artistiche.

 

Guidata dal presidente Gad Lerner, coordinata dal dramaturg del Teatro Nazionale di Genova Andrea Porcheddu, la Giuria di questa quarta edizione del Premio – composta da Roberto Andò, Valerio Binasco, Umberto Fanni, Roberto Ferraresi, Alberto Mattioli, Sabina Minardi, Cristiana Morganti, Elisabetta Pozzi, Margherita Rubino, Marino Sinibaldi, Walter Zambaldi – ha assegnato i premi nel corso di un evento speciale che si è tenuto ieri sera al Teatro Duse.

 

I vincitori e le motivazioni

Premio speciale del Presidente di Giuria – All’attore palestinese Abraham Saidam (in memoria)

“Richiesto di indicare un nome per il premio del presidente l’anno scorso mi ero permesso di esondare dal teatro al cinema e avevo indicato il regista Roberto Andò per il suo film La stranezza sulla Sicilia di Luigi Pirandello. Anche quest’anno, da presidente inesperto, mi scuserete se opto per un premio “irregolare”, un nome che a differenza di Andò, a molti di voi risulterà sconosciuto: Abraham Saidam, 25 anni, premio alla memoria.

Abraham Saidam è un attore palestinese che avrebbe dovuto debuttare da protagonista, insieme alla sua compagnia, lui come Odisseo, al Teatro Delfino di Milano. Ma proprio il giorno in cui sarebbero dovuti atterrare a Milano per le prove dello spettacolo, il 15 ottobre scorso, è arrivata invece la notizia che Abraham Saidam era morto insieme a tutta la sua famiglia in seguito a un bombardamento israeliano nella striscia di Gaza. La ferocia di questa guerra, iniziata con un eccidio di civili israeliani perpetrato da Hamas e tuttora in corso perché l’esercito israeliano non cessa di colpire Gaza, incurante della sproporzione spaventosa che ha già provocato la morte di più di 17 mila palestinesi, in grande maggioranza vittime civili innocenti, è una ferocia che impasta nazionalismo e fanatismo religioso. Una guerra atavica e contemporanea com’è il teatro classico che Abraham aspirava a reinterpretare”. Gad Lerner

Premio “Maestri della scena” – A Glauco Mauri

Vi è una sapienza antica e modernissima nel teatro di un interprete immenso come Glauco Mauri. Artista dalla cifra al tempo stesso incisiva ed eterea, Mauri ha attraversato la storia del teatro italiano, dando un contributo imprescindibile all’evoluzione dei mestieri d’attore e di regista. Nella sua lunga carriera teatrale, ha affrontato classici e contemporanei, teatro di parola e teatro di regia, innovazione e tradizione, rimanendo però fedele alla sua poetica e al suo generoso sguardo sul mondo.

Signore della scena italiana, sublime artigiano dello spettacolo, da sempre affiancato dalla insostituibile presenza del suo grande compagno di lavoro, Roberto Sturno, con cui nel 1981 dà vita ad un sodalizio artistico davvero unico, Glauco Mauri ha debuttato poco più che sedicenne il primo dicembre 1946.

Di sé, racconta di aver scoperto il teatro per caso, nella sua Pesaro e, dopo la formazione in Accademia, di aver ascoltato Ruggero Ruggeri, di aver osservato e appreso da Renzo Ricci, di aver affiancato Memo Benassi. Ma Glauco Mauri ha prestato la sua arte ai maggiori registi italiani, ha dato corpo e voce a infiniti personaggi, ha attraversato il cinema e la televisione senza mai tradire il “suo” teatro. In oltre settanta anni, non ha mai smesso di calcare i palcoscenici italiani e internazionali, emozionandosi – parola a lui cara – sempre.

Racconta spesso: «Il teatro è un grande dono che mi è stato dato dalla vita e che io ho sempre cercato di difendere», perché, come ama ripetere citando Bertolt Brecht: Il Teatro, come tutte le arti, contribuisce all’arte più grande di tutte: quella di vivere.

Premio “Futuro della scena” – A Cristina Parku

Giovanissima e determinata, Cristina Parku, calabrese-ghanese, classe 1996, si è diplomata prima alla scuola Fondamenta di Roma, poi alla Scuola del Teatro Stabile di Torino. Da subito attiva in scena e davanti la macchina da presa, Parku inzia il suo viaggio d’attrice appena ventenne, con vari lavori, ma è il 2021 l’anno di svolta: si fa notare alla scuola torinese da Valerio Binasco che la vuole in Amleto; lavora poi con Fausto Paravidino e in Risveglio di Primavera di Gabriele Vacis. Sempre nel 2021, al Teatro Nazionale di Genova, è diretta da Giorgina Pi nell’intenso Sherpa scritto da Roland Schimmelpfenning per il ventennale del G8 genovese. Ed è anche in scena con Serena Sinigaglia per Le allegre comari di Windsor. In Tv è nella seconda serie del fortunato Petra e al cinema affianca Beppe Fiorello in L’afide e la Formica, come protagonista femminile. Nel 2023 è di nuovo con Binasco, per una intensa interpretazione di Dulan-La sposa, e ancora con Giorgina Pi per due progetti: La tecnologia del silenzio e Pilade, di Pier Paolo Pasolini. Ma è anche nella compagnia di Clitennestra, con la regia di Roberto Andò, e di nuovo, con successo, nella tv nazionale. Il suo è un percorso articolato e promettente, che non tralascia militanza e impegno socio-politico, foriero dunque di ulteriore crescita, che Parku affronta con sguardo candido e carattere d’acciaio.

 Premio “Regista di prosa” – A Serena Sinigaglia

 

Allieva della scuola “Paolo Grassi” di Milano, si impone giovanissima nel panorama teatrale italiano, con memorabili testi classici quali Baccanti e una fresca, letterale e inusuale allo stesso tempo, riedizione di Giulietta e Romeo. Ma Serena Sinigaglia si misura immediatamente anche con testi contemporanei, e si impegna ben presto in attività al massimo livello come fondare, a soli ventitré anni, la compagnia ATIR, dalla quale emergono alcuni dei più interessanti attori della sua stessa generazione, come i pluripremiati Fausto Russo Alesi, Arianna Scommegna e molti altri. La vocazione registica in Sinigaglia affianca da sempre quella di docente e formatrice in vari master e seminari. Oltre alla bella stagione condotta in passato al vivacissimo “Teatro di ringhiera” a Milano, da pochi anni gestisce con Lella Costa il Teatro Carcano di Milano, immediatamente riportato a nuova vita grazie a produzioni e regie quali i recenti Le supplici da Euripide, Le nostre anime di notte di Kent Haruf oltre a un intenso Giovanna d’Arco, ritratto inedito dell’eroina francese. Regista innovativa, sempre alla ricerca di soluzioni diverse, guardata per questo con ammirazione ma anche con molta attenzione, il fenomeno Sinigaglia identifica una artista che ha saputo imporsi grazie solo alla propria dinamica e dirompente personalità, al proprio impegno e alla militanza, tra le più vive e originali voci registiche di oggi.

Premio “Regista d’opera” – A Leo Muscato

 Leo Muscato nasce come attore, affiancando agli studi all’Università “La Sapienza” di Roma e alla Scuola “Paolo Grassi” di Milano anche una sua attività sul campo, iniziata dalla frequentazione della compagnia De Filippo.  Spinto da una fisiologica e irrefrenabile voglia di teatro, Muscato fa centro molto presto ed è già nell’albo d’oro dei critici italiani nel 2007 come miglior regista di prosa, destinato poi a vincere il biglietto d’oro Agis per un memorabile Casa di bambola l’anno successivo. Accanto alla tragedia, a Euripide e Shakespeare e a Cechov, frequenta la commedia, ottenendo grandi successi con Tutto su mia madre, versione teatrale del celebre film di Pedro Almodovar, supportato da una straordinaria Elisabetta Pozzi. Fa di nuovo centro, grazie ad una impegnativa coproduzione del Teatro di Genova, con Il nome della rosa, ospite praticamente in tutti i teatri italiani. Negli anni della vittoria dei primi premi per la prosa, inizia una attività complementare, che poi diventa quasi prevalente, come regista d’opera, puntando subito su produzioni intellettualmente complesse come una rara Africana di Meyerbeer, un prezioso Masnadieri per Parma, i ricorrenti Nabucco e Bohème ripresi quasi annualmente e quasi sempre con allestimenti diversi tra Italia e Grecia. All’opera di Malmö, in Svezia, conduce Ballo in maschera con l’originale impianto alla corte di Svezia. Connotato da una eccezionale affidabilità registica, ha un tocco d’oro anche nell’opera, tra deviazioni improvvise, quali il finale rovesciato in Carmen nella sua produzione del Maggio Fiorentino, dove è Don Josè a venire pugnalato, come segnale forte contro la violenza sulle donne. In procinto di dar vita ad una Manon Lescaut al Teatro di Bologna, Leo Muscato ha al suo attivo 25 opere liriche.

Premio “Coreografia” – A Peeping Tom

Servono coordinate precise, latitudine e longitudine – come è nel titolo della loro ultima creazione – per non perdersi nel fantastico, destabilizzante, ironico, tragico mondo di Peeping Tom. Compagnia belga nata dall’incontro di Gabriela Carrizo e Franck Chartier, esattamente a cavallo tra la fine del Novecento e i primi anni del nuovo Secolo, Peeping Tom sta riscrivendo i codici del teatro danza grazie a un linguaggio esplosivo e innovativo, aguzzo e spiazzante, che li ha velocemente imposti nel panorama della scena contemporanea mondiale. Le creazioni prendono spesso vita in un contesto solo apparentemente realistico, riconoscibile, concreto: ma lo spazio, poi, tende a dilatarsi, a mutarsi radicalmente – a volte a distruggersi – così come mutano le presenze sceniche di interpreti sempre straordinari, capaci di sovvertire le stesse leggi della gravità e della fisica conosciuta. Carrizo e Chartier, con lo straordinario staff di collaboratori, sono artefici di una ricerca dal tratto unico, che ha saputo coniugare danza, teatro, letteratura, architettura, musica, arrivando a territori inesplorati, che sono ben oltre il realismo e la quieta armonia del balletto classico, fino a coinvolgere lo spettatore in un gioco inquietante, al tempo stesso angoscioso e divertente – che potrebbe piacere ad Alfred Hitchcock o David Lynch, e che sicuramente affascina le platee di tutto il mondo.

 Premio “Visioni della scena” – A Es Devlin

 Geniale e innovativa artista, capace di rinnovare i codici della scenografia, dell’illuminotecnica, del video e del costume design, così come di percorrere le impervie vie dei grandi concerti rock o degli allestimenti classici, di affrontare Shakespeare e il rap, istallazioni concettuali o videoproiezioni, Es Devlin è senza dubbio tra le più interessanti protagoniste della nuova scena mondiale.

Sempre attenta alla reazione del pubblico, di ogni singolo spettatore e della visione che ciascuno può avere di un evento scenico, Devlin, inglese, classe 1971, si è fatta conoscere, giovanissima, grazie al Linbury Prize nel 1995. Da quel momento, firmando il set design per Tradimenti di Pinter al National Theatre (molto apprezzato anche dal Premio Nobel) e al lavoro nel piccolo ma vivacissimo Bush Theatre di Londra, Devlin ha rapidamente maturato una propria personalissima visione del set, che integra artigianato, manipolazione dei materiali e nuovissime tecnologie. Ha portato la sua creatività in spettacoli memorabili, come i concerti di star del calibro di Kanye West o Beyoncé, Pet Shop Boys o Adele, Rolling Stones o Lady Gaga, ma ha anche elaborato la rutilante e travolgente cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Londra, ha firmato la scenografia del bellissimo, memorabile Amleto al Barbican o di Lehman Trilogy del National Theatre. Sempre più coinvolta dal mondo del Teatro d’Opera, Es Devlin ha creato le scene del Boris Godunov scaligero nel 2022, ma ha lavorato anche per altre celebri istituzioni, come il “Metropolitan” di New York, la “Royal Opera House” di Londra, il “Bregenz Festival” e molte altre.

Premio “Mestieri della scena” (dedicato a Sandro Sussi) – Tommaso Le Pera

 Una passione travolgente e inattesa, un mestiere ereditato in parte dal padre fotografo e proiezionista, e in parte frutto di una personale, instancabile, curiosità.

Tommaso Le Pera è da tempo considerato il maggior fotografo di scena italiano. A lui, al suo lavoro artigianale e artistico, metodico e poetico si deve gran parte della storicizzazione della vita teatrale contemporanea. Giunto nella capitale dalla natia Calabria, proprio per fare quel mestiere sognato e sconosciuto di “fotografo di scena”, Le Pera segue con interesse la stagione delle “cantine romane”, il teatro di ricerca dei vari Memè Perlini, Giancarlo Nanni, Mario Ricci, Giuliano Vasilicò: apprende e perfeziona la sua tecnica di “rubare” qualche immagine di un teatro vivo, in movimento con una “fotografia dinamica” che superava l’antica prassi della “posa”. Da quel momento, Tommaso Le Pera ha prestato il suo sguardo al racconto, alla testimonianza, allo svelamento della vita teatrale nazionale. Pur seguendo, come naturale, l’evoluzione tecnica della fotografia, Le Pera è rimasto però fedele al suo gusto e alla sua raffinata capacità di cogliere il teatro nel suo divenire – e dunque nel suo svanire. Testimone discreto e appassionato non solo del grande teatro di tradizione, ma anche di quello marginale e sperimentale, Le Pera si è imposto, negli anni, come punto di riferimento imprescindibile di una scrittura, quella per immagini, che sa raccontare molto di più di quel che mostra. Una ricerca che trova sempre più la sua giusta formalizzazione in elegantissimi libri, concretizzazione e documento di memoria e amore dell’arte teatrale.

Premio “Museo Biblioteca dell’Attore” – Siro Ferrone

Siro Ferrone è uomo di idee, ma anche uomo del fare, che riunisce in sé un’approfondita conoscenza del teatro e un’attitudine di organizzatore culturale. Professore Emerito dell’Ateneo di Firenze, dal 1974 al 1982 è stato critico teatrale sulle pagine de “l’Unità”, autore di testi fondamentali sulla drammaturgia, da Goldoni a Verga, e sul teatro in generale, con particolare attenzione agli attori e alle tecniche della recitazione dalla Commedia dell’arte a oggi. Siro Ferrone non è solo uno studioso di fama internazionale, ma anche drammaturgo. Suo Il sogno di Oblomov (1986), adattamento dal romanzo di Gonçarov, regìa di Beppe Navello, con Paolo Bonacelli e Gianni Galavotti; suo il libretto de Il Re Bello (2004), dal racconto di Palazzeschi, musiche e regìa di Roberto De Simone. Autore di diversi altri testi, ha collaborato con Luca Ronconi per lo spettacolo Amor nello specchio (1996) di Giovan Battista Andreini. Tra i fondatori del DAMS fiorentino, dal 1981 al 1989 ha prima ideato e poi diretto il Centro Internazionale di Drammaturgia del Teatro Romano di Fiesole. Dal 1993 dirige la Collana “Storia dello spettacolo. Fonti, manuali e saggi” della casa editrice Le Lettere. Dal 1994 dirige la rivista “Drammaturgia”, da lui creata, sia nella versione cartacea, sia online. Dal 2001 è direttore del progetto AMAtI (Archivio Multimediale degli Attori Italiani).

Città di Genova (dedicato a Carlo Repetti) – A Carla Signoris

 

Bizzarra e profonda, delicata e folle: il percorso di un’attrice come Carla Signoris si distingue per curiosità e coerenza, levità e anticonformismo. Un percorso che prende le mosse negli anni avventurosi e appassionati del Teatro dell’Archivolto dove, insieme ai suoi fraterni compagni di strada, ha esplorato drammaturgie inedite e sorprendenti, giocando seriamente con le parole di Italo Calvino, Stefano Benni o Carlo Goldoni. Passa poi alle mitiche esperienze televisive con il travolgente ensemble che nel 1989 si battezzò “Broncoviz”, esperienze innovative e surreali, ma sempre basate su un rigoroso metodo e una allegra follia creativa. Carla ha così saputo costruire un suo personale viaggio negli stili e nei linguaggi del teatro, del cinema e della televisione sempre intessuto di intelligente leggerezza e tagliente (auto)ironia, arricchendolo e completandolo di scelte, non solo professionali ma anche umane, sempre attente e mai banali, eticamente e socialmente significative. In tutto questo il legame intenso, indissolubile con la città natale non è mai venuto meno, considerando Genova come osservatorio e trampolino per costruire una donna e un’artista forte, originale, rigorosa e giocosa, aperta al mondo e contemporaneamente forte delle proprie radici. A una donna e a un’artista simile, la comunità teatrale, il pubblico e l’intera città devono molto.

Premio “La Scuola” (dedicato a Marco Sciaccaluga) – A Davide Iodice

 Arte, teatro, vita e pedagogia sono raramente così fuse come nel percorso artistico di Davide Iodice. Napoletano, Iodice si è diplomato all’Accademia “Silvio d’Amico” di Roma e ha intrapreso subito il percorso di regista, dapprima collaborando, a vario titolo, con maestri della scena quali Carmelo Bene, Leo de Berardinis, Carlo Cecchi, Roberto De Simone, poi avviando una propria ricerca con lo storico gruppo “Liberamente”. Punto di riferimento imprescindibile per tutta la ricerca teatrale italiana degli anni Novanta, Iodice ha iniziato presto ad interessarsi ai luoghi del disagio umano e urbano: dall’Ospedale di Santa Maria della Pietà di Roma alle carceri di Volterra, di Venezia o di Nola, dall’imponente Dormitorio Pubblico di Napoli all’OPG di Secondigliano. In questi territori segnati dalla malattia, dalla marginalità, dalla povertà, Iodice ha sviluppato la propria attitudine pedagogica, con garbo e con amore, fino alla creazione, nel 2013, della “Scuola Elementare del Teatro-Conservatorio popolare per le arti della scena”, straordinario progetto di pedagogia sociale attraverso le tecniche teatrali, particolarmente attento alle fasce sociali svantaggiate. Spazio di ricerca e formazione permanente, che prende vita nell’Ex Asilo Filangieri di Napoli, capace non solo di creare comunità ma anche di aprirsi in potenti e struggenti momenti spettacolari.

Premio speciale del Presidente del Teatro Nazionale di Genova  – Ad Angelo Pastore

Uomo di teatro a tutto campo, diretto collaboratore tra gli altri di Luca Ronconi e Gabriele Lavia, Angelo Pastore ha svolto a Torino e nei circuiti piemontesi molta attività dei suoi primi anni di carriera. Nel primo decennio del Duemila collabora come direttore organizzativo con il Teatro Franco Parenti di Milano ed è commissario straordinario della Fondazione Circuito Teatrale Piemontese. Approdando in seguito alla direzione del Centro Teatrale Bresciano, Pastore nel giro di poche stagioni rinnova completamente il teatro bresciano che vede un forte aumento dei propri abbonati. Dal gennaio 2015 diventa Direttore del Teatro Stabile di Genova, che guida fino a dicembre del 2019. Sotto la sua direzione avviene la fusione con il teatro dell’Archivolto e, anche grazie a scelte artistiche e gestionali vincenti, come la produzione del pluripremiato spettacolo La cucina di Arnold Wesker, il Teatro entra a far parte della categoria dei Teatri Nazionali, dove tuttora permane. Organizzatore appassionato, erede di una tradizione e di una scuola manageriale verificata, con successo, sul campo, Pastore è tra i protagonisti della vita teatrale italiana, capace di fare tesoro della lezione del Novecento e aprirsi alle esigenze del nuovo secolo.