La fabbrica degli stronzi: di chi è la colpa?

L’incontro fra Maniaci d’Amore e Kronoteatro, due fra le giovani compagnie teatrali del panorama italiano di maggior rilievo, dà vita a La fabbrica degli stronzi, andato in scena ieri sera alla Sala Mercato del Teatro dell’Archivolto con la coproduzione del Teatro Nazionale di Genova all’interno del progetto teatrale Factory, voluto da Davide Livermore.

Lo spettacolo – che si ispira a due lavori letterari, Critica della vittima di Daniele Giglioli e La scomparsa dei riti dello scrittore sudcoreano Byung-chul Han – si apre su una scena minimalista a cura di Francesca Marsella con i tre fratelli Tom (Tommaso Bianco), Lucy (Luciana Maniaci) e Fra (Francesco d’Amore) che in piedi, uno a fianco all’altro, rievocano i ricordi della loro infanzia.

Fin da subito emergono la conflittualità emotiva e la discrepanza nella memoria di ciascuno dei personaggi da ricondurre alla figura materna rievocata e appena defunta.

Ed ecco così entrare in scena la salma della madre, interpretata da Maurizio Sguotti, che – attraverso i continui giochi di luci a cura di Alex Nesti – riprende vita nei ricordi e nelle meditazioni dei tre figli, aprendo un dialogo e un’indagine introspettiva in cui Tom, Lucy e Fra si delineano come i protagonisti di una vita infelice a causa altrui.

Di chi è la colpa?

I tre fratelli, impegnati in una surreale preparazione della salma per il funerale, raccontano uno ad uno le loro frustrazioni e le loro lotte interiori attraverso dialoghi taglienti e livido umorismo, domandandosi costantemente la causa dei loro mali.

Di chi è la colpa?

Una scena dello spettacolo

Schiacciati da una figura materna “troppo alta” e presente a cui fa da contraltare un padre evanescente e “piccolo” che porta i tacchi per sentirsi “all’altezza”, Tom, Lucy e Fra vivono una vita di perenne insicurezza che li porta a figurarsi come vittime inette della società odierna.

In particolare, Tom – il figlio maggiore – conteso fra l’amore materno e paterno, incolpa la madre che trascurando il suo aspetto fisico ha fatto sì che il padre, unica figura positiva e di riferimento per lui, li abbandonasse, e nega gli insegnamenti della madre che lo hanno portato a fare il falegname. Identificandosi nella statura del padre e divorato dalla sfiducia, incolpa poi la fidanzata di non essere seria, scappando così dal futuro di coppia e dalla possibilità di una vita felice.

Fra, invece, alternando sentimenti di tenerezza e rabbia nei confronti della madre, la incolpa di non avergli mai permesso di dormire serenamente e di averlo costretto a intraprendere sport maschili e aggressivi. Non riconosce la sua “diversità” e si maschera dietro una finta apparenza.

Lucy, infine, è tormentata dal dubbio che la madre non l’abbia mai amata e la accusa di essere stata troppo dura con lei e nei confronti dei suoi sogni di cantante. Della stessa colpa accusa i commissari del provino canoro e la società, non riuscendo a riconoscere la propria responsabilità del suo fallimento

Drammaticità e sarcasmo si alternano in un continuo scambio di personaggi, dialoghi, battute irriverenti, e monologhi assordanti, in una scena che rimbalza tra ricordi, realtà e Io psicologico fino ad arrivare al finale: la sepoltura.

Tom ha costruito con molta perizia la bara con l’entusiasmo dei suoi fratelli, peccato che sia minuscola!!! Si spengono così lentamente le luci sulla scena: la madre con la sega in mano, i figli immobili a guardarla e il rumore del taglio del suo corpo.

Di chi è la colpa?

Impeccabili le prove degli attori che hanno dato vita e credibilità a personaggi a metà, vittime dei genitori, della società, degli altri e mai responsabili.