Carlo Felice, ritorna il pubblico

Nel giorno in cui si rincorrono voci sul possibile prolungamento dello stato di emergenza fino al 31 dicembre, il Carlo Felice, finalmente, ha riaperto i propri battenti al pubblico. Un evento che si aspettava da mesi e che è diventato realtà ieri sera, dopo che  nei giorni scorsi il Teatro aveva ricevuto la certificazione rilasciata da Rina, attestante l’adozione di una serie di norme atte a garantire la piena sicurezza al pubblico e ai dipendenti.

Un piccolo manipolo di spettatori (era consentito l’accesso a 200 persone) si è dunque sottoposti all’entrata al controllo della temperatura, ha compilato un modulo con le proprie generalità ed è entrato nella platea che pareva ancora più immensa e più bella del solito. Tutti indossavano rigorosamente le mascherine e hanno preso posto in poltrone opportunamente distanziate l’una dall’altra come prevede il decreto sulla sicurezza.

Il piacere di esserci, di vivere una sorta di pseudo ritorno alla normalità ha fatto passare persino in secondo piano il programma che pure era bello (le Serenate, splendide, di Elgar e di Cajkovskij)  e la buona volontà degli interpreti, la sezione archi dell’Orchestra genovese, guidata dal primo violino Elisabetta Garetti.

L’importante era ribadire la volontà di una ripartenza in un momento in cui il futuro è tutt’altro che sereno.

E ci si interroga anche sulle contraddizioni di questa fase (2? 3?). Rigore massimo (e doveroso) in Teatro e sembra assurdo che una platea di 2000 posti debba essere limitata ad appena 200 persone. Una prudenza esagerata che si accetterebbe volentieri come espressione di grande rigore se però non ci si imbattesse per strada in bus pieni all’inverosimile e per televisione non si vedessero spiagge affollate, per non dire dei tifosi abbracciati per i goal dei propri beniamini in braghe di tela. Insomma, come sempre in Italia si viaggia a due velocità: però in questo caso a rischiare siamo tutti perché se effettivamente l’emergenza si protrarrà fino a dicembre saranno molte le realtà del mondo dello spettacolo (per limitarci al nostro settore) che rischieranno di non riprendersi.

Tornando alla festa, sul palcoscenico come si è detto, gli archi del Teatro: violini e viole in piedi, ognuno con il proprio leggio. Mascherine sistemate accanto agli spartiti e poi con l’attacco del primo violino Elisabetta Garetti,  le due citate Serenate.

Un programma non facile anche perché la partitura del grande compositore russo è particolarmente conosciuta e amata dai musicofili. E qualche insidia certamente la nasconde, soprattutto se la lettura prescinde dalla figura del direttore.

L’esito alla fine è stato complessivamente piacevole, l’orchestra ha ricevuto calorosi applausi, il primo violino anche un bellissimo mazzo di fiori consegnato dall’emozionato sovrintendente Claudio Orazi.

Ora l’attenzione si sposta sull’inaugurazione di nervi, venerdì prossimo, attendendo le nuove disposizioni sulla sicurezza.

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