Nel rincorrersi di notizie date e smentite, di concessioni e limitazioni (ristoranti sì, ristoranti no, piste sciistiche sì, piste sciistiche no, grandi magazzini sì, grandi magazzini no, libera circolazione sì, libera circolazione no), un punto è rimasto fermo senza neanche un accenno di discussione: la chiusura dei teatri.
Se è innegabile che in questo momento un cedimento verso una maggiore libertà potrebbe essere fatale e se è quindi assolutamente condivisibile la scelta di chiedere a tutti (e da tutti pretendere) un rispetto delle norme, continua a rimanere un mistero l’impossibilità data ai Teatri di proporre, ad esempio alle 18 di sera, uno spettacolo (prosa o concerto) in presenza e in assoluta sicurezza. Aumenta il traffico cittadino? Neanche per sogno, basta guardare le folle nei negozi dove il rischio contagio è ben più alto rispetto a quello che ci sarebbe stando seduti (con mascherina) al proprio posto in una platea dove è rigorosamente controllata la distanza.
Misteri. In attesa di capirne qualcosa di più, ci si rifugia nella rete e per il Carlo Felice il prossimo appuntamento è fissato per il 9 quando sarà messo in rete un nuovo concerto sinfonico affidato alla bacchetta del ventisettenne Michele Spotti al suo debutto a Genova.
Il programma prevede pagine di Rossini, Cajkiovskij e Schumann.
“Un bel programma – spiega il giovane direttore – Si partirà con la Sinfonia dalla Semiramide di Rossini; far le ouvertures del grande compositore di Pesaro è la più articolata e per certi aspetti la più complessa, un gioiello che amo particolarmente. Poi renderemo omaggio a Cajkovskij con una Polacca tratta dalla sua opera Egenio Onegin: una pagina brevissima ma di grande energia. E infine, clou del concerto, la Sinfonia n.4 di Schumann, una vetta assoluta. Il compositore tedesco la riprese dopo dieci anni dalla prima stesura e vi si trova tutta la sua esperienza di vita drammatica. Trovo stupefacente ad esempio il modo con cui in ogni movimento, Schumann si riallaccia agli altri tempi con brevi citazioni che danno tuttavia il senso di una magistrale compattezza”.
Michele Spotti è tra i più brillanti direttori d’orchestra della sua generazione, sia nel repertorio sinfonico che in quello operistico.
Dopo essersi diplomato a pieni voti prima in violino e successivamente in direzione d’orchestra sotto la guida di Daniele Agiman al Conservatorio di Milano, ha frequentato vari master in Italia e in Svizzera, tra gli altri con Gianluigi Gelmetti, Gianandrea Noseda, Neeme Järvi e Gennady Rozhdestvensky. Nel 2017 ha vinto il secondo premio ex-aequo (primo premio non assegnato) al Primo Concorso internazionale per direttori d’orchestra d’opera dell’Opéra Royale de Wallonie-Liège.
Ha debuttato a soli venti anni al Teatro Mancinelli di Orvieto dirigendo Le nozze di Figaro in occasione del Laboratorio Spazio Musica.
“Il momento più bello della mia carriera come direttore d’opera – ricorda – è stato nel 2017 il debutto a Pesaro nel “Viaggio a Reims”, un’esperienza straordinaria che mi fa naturalmente ricordare anche il grande direttore Zedda, fu lui a scegliermi pochi mesi prima della sua scomparsa. In campo sinfonico (per me i due settori si equivalgono) debbo invece ricordare la direzione della Nona Sinfonia di Beethoven ad Hannover nel Capodanno 2020”.
Come tutti i giovani artisti, anche Spotti ha naturalmente un sogno nel cassetto: “I sogni sono due. Vorrei dirigere Falstaff e in campo sinfonico La sagra della primavera. Due colossi terribili, me ne rendo conto, ma straordinari. E del resto se si tratta di un sogno è giusto puntare in alto”.