Il Teatro Nazionale festeggia 70 anni d’attività

Il Teatro Nazionale festeggia il ritorno all’attività non solo riaprendo il sipario su una stagione  di dieci spettacoli fino a giugno, ma anche annunciando una serie di importanti e coinvolgenti iniziative per celebrare il suo settantesimo compleanno. Un Teatro che riapre e celebra giustamente se stesso è motivo di soddisfazione non solo per il teatro in sé, ma anche per la comunità che intorno a quel palcoscenico ruota. Purtroppo due fra i maggiori protagonisti di questa splendida storia teatrale, Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga, ci hanno prematuramente lasciato da poco: loro presenti, la festa sarebbe stata ancora più bella.

Un po’ di storia

Ivo Chiesa fra Carlo Repetti e Marco Sciaccaluga al momento del passaggio di consegne

 

E’ il 1951 quando a Genova nasce il teatro Stabile il secondo in Italia dopo il Piccolo di Milano. Il suo primo direttore è Nino Furia, ma  è con Ivo Chiesa, alla guida dal 1955 al 2000 (affiancato dal 1963 al 1976 da Luigi Squarzina), che il Teatro genovese si impone sempre più a livello non solo nazionale. Uomo di teatro lungimirante ed esperto, Chiesa non solo fa grande lo Stabile ma acquisisce un tale prestigio personale da riuscire (operazione quasi impensabile nel nostro Paese!) persino a individuare lui stesso i suoi eredi, ad allevarseli e a passare le consegne. Re Ivo sceglie così Carlo Repetti (direttore) e Marco Sciaccaluga (già regista enfant prodige) condirettore. La coppia regge le sorti dello Stabile dal 2000 al 2014, anno in cui Repetti lascia la direzione ad Angelo Pastore e Marco Sciaccaluga diventa consulente artistico e regista stabile. Siamo alla cronaca più recente. Nel 2018 lo Stabile si unisce al Teatro dell’Archivolto e nel marzo dello stesso anno riceve la qualifica di teatro Nazionale.

In sette decenni il Teatro ha prodotto oltre 500 spettacoli, ospitato migliaia di titoli, formato attraverso la sua eccellente scuola decine e decine di giovani attori e registi.

Le celebrazioni

Davide Livermore, artista poliedrico, la cui passione per il teatro (tutto da quello di prosa a quello della lirica)  è contagiosa, ha assunto una pesante eredità dimostrando sin da  subito una piena coscienza del valore storico, etico e culturale che questo Teatro possiede.

Davide Livermore

«Celebriamo 70 anni di storia dalla fondazione del Teatro Stabile di Genova – ha dichiarato lo stesso Livermore – È una data importante perché 70 anni fa la sua nascita ha dato il via a un processo che ha portato alla creazione di altri Teatri Stabili sul territorio nazionale, Teatri che sono stati luogo di riflessione e di crescita di tutta la società italiana, favorendo la partecipazione delle persone alle attività culturali. Festeggiamo questo prestigioso traguardo con un progetto speciale che in un momento storico come questo possa fare sentire ancora di più l’importanza del nostro teatro a livello nazionale ma anche come porta verso una dimensione internazionale. Un progetto che porterà il mondo a Genova e Genova nel mondo, non solo per celebrare la memoria dei 70 anni ma anche per proiettare il nostro teatro e la nostra città nel futuro».

La congiura del Fiesco

Il primo grande evento del progetto celebrativo sarà la messa in scena di un’opera che ha Genova per protagonista, La congiura del Fiesco di Friedrich Schiller, allestita dal 17 giugno al 4 luglio 2021 in una straordinaria versione site specific in uno dei luoghi simbolo del centro storico di Genova con la regia di Carlo Sciaccaluga e le scene e i costumi di Anna Varaldo.

Carlo Sciaccaluga firmerà la regia della tragedia di Schiller

 

«Genova  – ha spiegato Carlo Sciaccaluga – è l’unica grande città d’Europa, insieme a Venezia, ad essere rimasta indipendente dal Medioevo fino alla fine del Settecento, resistendo a re e imperatori. E proprio negli ultimi anni di vita della Repubblica, nel 1783, uno dei più grandi drammaturghi di tutti i tempi, un tedesco, Friedrich Schiller, scriveva per il teatro la storia della congiura di Gianluigi Fieschi contro Andrea Doria. È importante raccontare una storia che parla di oggi, di ieri, di domani. Di come la nostra sfera privata ed emotiva venga travolta dai grandi eventi collettivi. Degli scontri feroci di una comunità in nome del bene comune. Del rapporto tra l’individuo e la società in cui vive. La Congiura del Fiesco è lo specchio della nostra città, della sua grandezza silenziosa, del divampare nascosto dei suoi sentimenti». Un dramma antico, insomma, che ci parla anche della Genova di oggi perché, come  ha ricordato lo stesso Sciaccaluga in una nota critica al testo, «le grandi storie del passato, i grandi classici ci parlano dal futuro»

Ricordare il G8

Un momento drammatico degli scontri al G8 del 2001

 

Tra gli avvenimenti che in tempi più recenti hanno segnato in modo indelebile Genova non si può non pensare al drammatico G8 del 2001. A vent’anni di distanza, il Teatro Nazionale di Genova propone nella cornice del progetto celebrativo un ampio e diversificato Focus G8 della Cultura per riflettere sui grandi temi della convivenza civile, delle relazioni internazionali e della politica culturale come fondamento della vita sociale. Otto drammaturghi tra i più interessanti della scena mondiale, provenienti dai paesi che hanno preso parte al G8 genovese, sono stati invitati a raccontare, attraverso gli strumenti del Teatro, il presente e il futuro del nostro pianeta. I testi su cui sono al lavoro in questo momento Roland Schimmelpfennig (in rappresentanza della Germania), Fausto Paravidino (Italia), Fabrice Murgia (Unione Europea), Joris Lacoste (Francia), Guillermo Verdecchia (Canada), Sabrina Mahfouz (Uk), Toshiro Suzue (Giappone) e Wendy MacLeod(USA) inaugureranno la stagione 2021/22.

Negli stessi giorni il Teatro Nazionale, in collaborazione con il Comune di Genova, la Regione Liguria e i maggiori Teatri Nazionali, promuoverà anche un convegno internazionale che intende porsi come un simbolico G8 del Teatro e della cultura. Quale ruolo ha il Teatro nel tratteggiare una nuova convivenza civile e una riconquistata relazione di contatto umano e superamento della pandemia e della paura? Rivolgendo questa domanda a personalità eminenti del mondo culturale internazionale, l’appuntamento mira a individuare nuovi scenari e politiche teatrali per l’immediato futuro.

La distanza dal G8 ad oggi corrisponde a una generazione intera, quella dei ragazzi che nel 2001 non erano ancora nati. A loro è dedicato Quel che resta del fuoco, percorso laboratoriale curato da Giorgio Scaramuzzino ed Elena Dragonetti, che proprio in queste settimane stanno svolgendo i primi incontri con alcune classi di studenti. I ragazzi del 2001 erano animati dal desiderio di costruire un mondo nuovo, frantumato dalle violenze di quei giorni. Cosa sognano i ragazzi di oggi? Cosa significa per loro lottare e qual è la loro visione di un altro mondo possibile in questo contesto di pandemia? Attraverso il confronto tra due generazioni e un’indagine sui concetti di sogno e utopia, in autunno nascerà uno spettacolo in cui 15 studenti saliranno sul palco insieme agli attori professionisti.

Faranno parte del focus sul G8 anche un’installazione d’arte e memoria ideata per l’occasione da Davide Livermore, e il workshop rivolto ad attori e drammaturghi, intitolato …Un altro mondo è possibile? e condotto da Giorgio Gallione: un percorso laboratoriale – che inizierà a settembre e avrà un momento pubblico in ottobre – incentrato su temi di grande attualità quali l’economia sostenibile, il nuovo umanesimo, l’ambiente, il presente e il futuro del nostro pianeta.

Testimoni del tempo

L’attenzione ritorna al periodo complessivo che va dal 1951 al 1921 con Testimoni del tempo, rassegna curata dal Presidente del Teatro Alessandro Giglio, che dialogherà con alcune personalità di spicco della carta stampata e del panorama televisivo. Sette incontri, ciascuno dedicato all’arco temporale di un decennio a partire dagli anni Cinquanta sino agli anni Venti del nuovo secolo, per parlare degli avvenimenti che hanno segnato la storia e la società, sul filo del ricordo e della testimonianza.

Quando viene fondato nel 1951, il Teatro di Genova si è già nutrito di alcune fertili sperimentazioni della seconda metà degli anni Quaranta ed è quindi naturale portare avanti il dialogo con i nuovi linguaggi dell’Avanguardia storica. Su questo particolare aspetto della storia del Teatro si concentra la mostra Alla scoperta del nuovo: 70 anni di ricerca teatrale, che sarà realizzata a novembre attingendo ai materiali dell’Archivio del Teatro Nazionale di Genova in collaborazione con il Museo Biblioteca dell’Attore: dalle esperienze di Aldo Trionfo alla Borsa di Arlecchino, dalla presenza a Genova di protagonisti della ricerca teatrale come Carmelo Bene, Carlo Quartucci, Leo De Berardinis, il Living Theatre al primo storico tentativo di collaborazione  tra una istituzione teatrale e la scena indipendente con lo spettacolo Zip, Lap, Lip, Vap, Mam, Crep, Scap, Plip, Trip, Scrap e la grande Mam alle prese con la società contemporanea, su testo di Giuliano Scabia e regia di Carlo Quartucci.

Factory e Premio Chiesa

I progetti dedicati ai 70 anni del Teatro di Genova riguardano anche la creazione di una Factory del Teatro. Fortemente voluta da Davide Livermore, l’iniziativa a partire da settembre trasformerà la Sala Mercato in un hub creativo, aperto alle nuove proposte della città e della regione, alla contaminazione di generi e stili, ai nuovi linguaggi, e alla creazione contemporanea. Un progetto innovativo ed articolato di Residenze destinato ad accogliere le realtà del territorio, un impegno da parte del Teatro Nazionale a sostenere e favorire la crescita e la professionalizzazione di giovani artisti e compagnie, favorendone poi, attraverso azioni mirate, l’affermazione in ambito nazionale con incontri, vetrine, progetti ad hoc.

Infine, a dicembre avrà luogo la seconda edizione del Premio Ivo Chiesa.

Massimo Mesciulam durante una lezione alla Scuola di recitazione

 

Nei prossimi giorni dovrà essere decisa la successione a Marco Sciaccaluga che aveva ancora due incarichi: quello di presidente della Giuria del citato Premio e, soprattutto, quello di direttore della Scuola di recitazione. Livermore ha promesso di dare presto notizie su entrambe le nomine. Riveste particolare importanza soprattutto quella relativa alla Scuola che è un gioiello di cui si ha tutti la piena consapevolezza. Ci piacerebbe che nell’ottica di una auspicabile continuità culturale e stilistica, la scelta potesse cadere su un docente che, cresciuto all’interno della Scuola stessa, ne è ormai da anni un punto di riferimento fondamentale, Massimo Mesciulam.